la piscina di siloe
vieni, benedetto dal padre mio!

Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla.

Sono le parole del Salmo 22 che abbiamo fatto riecheggiare prima nella nostra mente e quindi nel nostro cuore dopo che le nostre orecchie hanno ascoltato la profezia di Ezechiele, così dice il Signore: io stesso cercherò le mie pecore.

Concludiamo l’anno liturgico facendo memoria di quanto il Signore ci ha donato, ci dona ogni giorno, gratuitamente con generosità, di quanto egli opera per noi, a nostro vantaggio: è lui che conduce al pascolo le pecore e le fa riposare; è lui che va in cerca della pecora perduta e riconduce all’ovile quella smarrita, che fascia quella ferita e cura quella malata, che ha cura della grassa e della forte.

Siamo noi chiesa, siamo noi membra della chiesa che siamo cercati, curati, sanati tutte le volte che abbiamo fatto esperienza della Misericordia del Signore, della Misericordia del fratello, della misericordia della sposa o dello sposo, del figlio o della figlia, dell’amico o dell’amica.

Siamo noi chiesa, siamo noi membra della chiesa che siamo condotti al pascolo dell’eucaristia e che ci riposiamo poggiando il nostro capo sul petto di Gesù come Giovanni nell’ultima cena.

Quanto è buono il Signore, il pastore delle pecore e quanta consolazione giunge al nostro cuore dal saperci così amati, così preziosi per il pastore. Da lui a noi viene la vita piena così come Paolo scrive ai Corinzi: Cristo è risorto dai morti ed è primizia di coloro che sono morti.

Così mentre facciamo memoria del pastore bello Il Vangelo di Matteo pone davanti ai nostri occhi l’orizzonte, il tempo escatologico, il tempo ultimo del giudizio, della misericordia, già preannunciato dal profeta Ezechiele, compiuto in Cristo Risorto ed atteso nella potenza dello Spirito donato dalla Chiesa, da ogni uomo da ogni donna.

Tutta la storia, tutta l’umanità, oggi è attraversata dal pastore e visitata da colui che siede in trono per pascere con giustizia.

Così l’Evangelista Matteo, facendoci guardare al giorno ultimo, invita tutti all’amore per gli ultimi che è l’affamato e l’assetato, il povero e lo straniero, il malato e il carcerato.

Solo l’amore autentico che ci rende prossimo del fratello ci permetterà di ascoltare oggi e nel giorno del giudizio quelle parole del re che siede in trono: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo […] perché tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me.

Alza gli occhi, fratello, sorella e guarda il trono dove il tuo Re è seduto: è la Croce alta, la Croce dell’amore dalla quale il ladrone ascoltò: oggi sarai con me in paradiso.

Alza il tuo cuore fino alla croce, porta alla croce il tuo cuore ferito, deluso, incerto e, spesso sanguinante perché colui che giudica, al dire di Sant’Ambrogio, giudica con giustizia tutto l’uomo e fa emergere in ogni uomo il bene e il male e dona morte al male e vita al bene.

Alza il tuo amore umile e bisognoso fino alla croce e ti accorgerai che colui che siede sul trono della Croce è il servo sofferente: lasciati aiutare, lasciati avvicinare, lasciati toccare, lasciati curare e mentre ti lasci aiutare aiuta il povero, mentre ti lasci avvicinare avvicina lo straniero, mentre ti lasci toccare tocca l’emarginato, mentre ti lasci curare cura l’ammalato. Ed allora farai esperienza che proprio nel povero, nello straniero, nell’affamato e nel malato trovi giustizia e misericordia.

Fai attento adesso il tuo orecchio alla Croce ed ascolta: Vieni, benedetto del Padre mio, ricevi in eredità il regno preparato per te fin dalla creazione del mondo!

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