la piscina di siloe
NE EBBE COMPASSIONE!

Venne da Gesù un lebbroso, lo supplica in ginocchio e gli dice: Se vuoi, puoi purificarmi! I nostri occhi vedono ed accompagnano il lebbroso da Gesù e le nostre orecchie ascoltano ma i nostri piedi sono fermi, immobili, le nostre ginocchia non si piegano e la nostra lingua non pronuncia nessuna parola.

Chiediamoci innanzitutto: andiamo da Gesù, lo supplichiamo in ginocchio e gli chiediamo di essere purificati? Si, gli chiediamo di rialzarci ora che siamo caduti?

Donami, o Gesù che passi,
il dono grande di venire da te,
il coraggio di vincere la folla,
pregiudizi, paure, timidezze,
e, prostrarmi ai tuoi piedi,
chiederti di toccarmi,
lasciarmi toccare da te,
gridarti, con voce tremante:
Se vuoi, puoi guarirmi!

Viviamo la solitudine, viviamo fuori da una comunità, da un popolo. Viviamo nel virtuale: non si tocca più l’altro e non si viene toccati. Non sentiamo più l’odore dell’altro e gli altri non sentono più il nostro odore. Siamo impuri perché incapace di stupore, di meraviglia, di alzare gli occhi al cielo e vedere l’invisibile, il Dio creatore, il Padre.

Siamo impuri: abbiamo consegnato ogni nostra capacità di pensare alla scienza, all’intelligenza artificiale e da queste ci aspettiamo la salvezza, l’immortalità…

Corriamo avanti, sfidiamo questo modo di pensare, egoistico dove per una presunta libertà di coscienza e di rispetto non cerchiamo più il bene comune, il bene necessario, primo. Corriamo avanti e gridiamo al Signore, senza vergognarci: Se vuoi puoi guarirmi!

E Gesù tocca l’impuro, non rispetta le, vive davvero la sua umanità! E l’uomo invece, coloro che stanno accanto a lui, coloro che legiferano si fanno divinità, si allontanano allontanando l’impuro.

Gesù ha compassione. Una compassione tutta viscerale che nasce dal suo essere l’Emmanuele, il Dio che si fa vicino all’uomo, tanto vicino da farsi carne, nascere dal grembo di una fanciulla.

La compassione di Gesù, l’essere toccato da una mano tesa e la Parola: Lo voglio, sii purificato, guarisce l’impuro, lo ridona alla comunità.

Come Gesù dobbiamo volere un modo nuovo di stare nella comunità. Impariamo da Lui: impariamo la compassione, impariamo a tendere la mano, impariamo a toccare l’altro, impariamo a benedire l’altro, ad amarlo.

Va a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto. È un cammino che ci viene proposto da vivere e fare nella comunità e con la comunità di Cristo poiché adesso possiamo vivere nell’accampamento e, soprattutto, nessuno escludere dall’accampamento, perché ci siamo messi in cammino per imparare a tendere la mano, a toccare l’altro, a benedire l’uomo!

Va a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto e che l’apostolo Paolo riassume bene nel suo parlare a cuore aperto alla comunità di Corinto: Fratelli, sia che mangiate sia che beviate sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio.

E adesso vorrei tornare all’inizio, a quel “venne da Gesù un lebbroso”. Quanto coraggio, quanta sfida in quel venire, andare da Gesù! La legge lo vietava! Doveva gridare la sua presenza per allontanare gli altri. Era destinato alla solitudine! Ma il lebbroso ha una certezza che lo spinge ad andare: Gesù lo aspetta, è quel medico che aspetta il paziente. Se leggiamo attentamente è Gesù il protagonista, colui che dà speranza a quel lebbroso, che lo spinge a non osservare la legge di Mosè, a non gridare la sua presenza ma… Gesù è lì, è quel medico che ti aspetta, desidera guarirti!

Quanta consolazione da Gesù arriva a ciascuno di noi. Gesù ci aspetta, non si stanca di aspettarci: è quel Padre che guarda all’orizzonte e quando vede il Figlio arrivare gli corre incontro! Gesù ci aspetta, non si stanca di aspettarci: è quell’uomo che, dopo aver mandato tutti, rimane con l’adultera e la guarisce, non la condanna ma la ama! Gesù ci aspetta, non si stanca di aspettarci: non sono venuto per i sani ma per coloro che sono malati oppure, ancora meglio, non sono venuto per i santi ma per i peccatori!

Questa certezza non ci può lasciare immobili, fermi, a gridare sempre il nostro peccato. Questa certezza è la fede dell’uomo che si fonda sulla carità del Cristo, speranza del Padre che a tutti dona lo Spirito perché in quel giardino si possa camminare insieme.

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