la piscina di siloe
RIMANETE IN ME!

Rimanete in me e io in voi, dice il Signore,
chi rimane in me porta molto frutto.

A ciascuno è dato secondo la sua capacità, a chi cinque, a chi due, a chi uno. Poi l’uomo della parabola parte per un viaggio.

Ha dato ogni suo bene l’uomo ai servi, ha dato tutto ciò che è nel tempo e nello sazio di una settimana, fino all’ottavo giorno. E’ il totale di quanto ha dato: in tutto otto talenti.
Ma questo suo donare tutto è ancora poco: dona anche tutta la sua fiducia, crede nei suoi servi e nelle loro capacità, infatti non dà loro delle indicazioni su come far fruttare quei talenti. Parte e non dà loro nemmeno un tempo destinato al suo ritorno, un tempo in cui i servi avrebbero dovuto dare un resoconto di quanto avevano ricevuto.

I servi sono la donna cantata dal libro dei proverbi, la donna forte, il cui valore è ben superiore alle perle e in lei confida il cuore dello sposo. La donna è sposa. I servi della parabola, la donna forte del libro dei proverbi, la sposa in cui confida il cuore dello sposo sono metafore del popolo d’Israele prima, quindi della Chiesa tutta, di ogni popolo, uomo, donna e di un Dio Padre che non ha servi ma amici-figli, di un Dio Figlio che si dona totalmente alla sua Chiesa, come lo sposo alla sposa, di un Dio Spirito che abita il cuore di ogni uomo, di ogni donna, di tutta l’umanità.

L’uomo della parabola parte e nei suoi servi confida il suo cuore.

Come far fruttare quei talenti?

Il libro dei proverbi dà delle indicazioni: dare, cercare, lavorare per la felicità dello sposo per tutti i giorni della sua vita. Uscire dall’indifferenza, dall’egoismo, dall’edonismo puro e camminare accorgendosi dell’altro, del fratello, della sorella. Abbandonare l’egoismo, quel narcisismo che rende tutti schiavi, privi di libertà ed abbracciare, anche se a fatica, ogni uomo, ogni donna, colui che bussa alla porta e colui che privo di coraggio si lascia morire su un marciapiede. Trovare la gioia in ciò che da gioia vera allontanandosi e facendo guerra tutti i giorni con quel piacere edonistico che rende tutti oggetto, usa e getta.

Portare frutto lavorando la lana e il lino, cioè impegnandosi a tessere rapporti di fratellanza, di amicizia, di rispetto.
Portare frutto aprendo le palme al misero e stendendo la mano al povero, non donando quanto desideriamo ma aprendo la nostra mano, le nostre mani e lasciando che sia il povero ed il misero a prendere quanto è loro necessario. Così come Gesù ha fatto sulla croce!

Portare frutto è rimanere col cuore nel Padre e lasciare che il proprio cuore sia abitato dal Padre:
Rimanete in me e io in voi, dice il Signore,
chi rimane in me porta molto frutto.

Tornerà l’uomo dal viaggio e chiederà ai suoi servi di regolare i conti: è la somma dell’amore che desidera conoscere. Quanta passione e di quale passione è piena la vita dell’uomo?
L’amore, la carità genera carità e fa proprio anche quel poco di amore che è presente nell’altro ma che per paura, poco coraggio viene sotterrato.

Mi piace pensare che quell’uomo ha affidato quel servo e quel suo unico talento, cioè il suo cuore, a quanti hanno saputo far fruttare i loro talenti. Sono questi, coloro che hanno ricevuto cinque e due talenti, che adesso diventano prossimo di quel servo e di quel suo unico talento. Lo aiuteranno ad abbandonare tutto ciò che lo ha reso servo inutile. E’ la richiesta del servo all’uomo: poiché non ti conosco veramente, non conosco la tua misericordia e giustizia, ho avuto paura ed ho sotterrato tutto. Prendi ciò che è tuo: Cosa appartiene al padrone del servo? Non solo il suo talento ma anche il servo stesso.

Con il servo dell’unico talento facciamoci fratelli e chiediamo al Padre che ci affida, ogni giorno, le meraviglie della creazione e i doni della grazia, di guardare sempre alle mani aperte del Figlio sulla Croce, servo operoso e vigilante, e di far fruttare nella potenza dello Spirito i nostri talenti, la nostra stessa vita, la vita dell’uomo, per entrare già da oggi, nella gioia del Regno celeste.

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