la piscina di siloe
cercate il signore! invocatelo!
Cercate il Signore, mentre si fa trovare, invocatelo, mentre è vicino.
Così il profeta Isaia ci esorta a lasciare ogni nostra via ed ogni nostro pensiero e a metterci sulla strada del Signore, a cercarlo, ad invocarlo.
Cerchiamo il Signore, il Signore invochiamo e raggiungiamo già fin dall’alba quella piazza, la piazza della parabola, dove passerà il padrone della vigna ed attendiamo che ci prenda a giornata come lavoratori, attendiamo che il nostro essere disoccupati, cioè incapaci di opere buone, si trasformi in guadagno, in vita: per me il vivere è Cristo e il morire un guadagno.
Abitiamo la piazza, abitiamo il mondo, abitiamo ed amiamo la nostra vita anche quando tutto parla di fallimento, di morte.
Cerchiamo il Signore, il Signore invochiamo perché davvero siamo uomini e donne soli e nonostante abitiamo la stessa piazza siamo circondati da tanta indifferenza, siamo privi di sogno, di speranza, di opere buone: siamo disoccupati!
Uomini e donne tutti della stessa piazza e tutti in attesa di qualcuno che possa rendere vita alla vita perché generi bellezza, opere buone, fratellanza.
Cercate il Signore, il Signore invochiamo mentre è vicino e chiede:
Perché te ne stai qui, tutto il giorno, senza far nulla?
Una domanda, un perché, che scuote ogni vita, soprattutto quella vita immersa fino al collo nella propria notte oscura, senza alcuna notte più adibita al sonno.
Perché te ne stai qui, tutto il giorno, senza far nulla?
Ti cerco, o mio Signore, ti invoco, così come posso ed attendo che tu passi e ti accorgi di me, che pronunci il mio nome ed io ascolti la tua voce, la tua parola che darà luce al mio sogno e dalla mia speranza una nuova creazione nascerà.
Perché te ne stai qui, tutto il giorno, senza far nulla?
Nessuno ci ha presi a giornata, nessuno ha fiducia in noi: viviamo la solitudine, l’abbandono, circondati da tanta freddezza. Anche il nostro cuore ci ha abbandonati, non batte più: nessuna gioia, nessuna speranza, nessun lavoro, nessuna opera buona ma solo un affannarsi che stanca e da’ morte. Questa spesso la condizione dell’uomo e della donna, del giovane e dell’anziano, del povero e del ricco, del papà e della mamma, del figlio e della figlia, di tutti e di ciascuno.
Sto in piazza, non mi accorgo della tua presenza ma le mie orecchie adesso ascoltano: Andate a lavorare nella mia vigna!
Tutti lavoratori nella vigna del Signore! Non importa al padrone il tuo passato, quante ore sei stato in piazza a cercare, forse anche ad invocare. Al padrone non interessa se possiedi opere buone o il nulla ma guarda solo il tuo domani, il tuo futuro, soprattutto ciò che a fine giornata con generosità e misericordia grande ti donerà.
Al primo, quello della prima ora, e all’ultimo, quello della sera, donerà un denaro, quello pattuito con il primo perché l’ultimo non si senta ancora una volta poco amato e il primo non vada in superbia.
I pensieri del Signore non sono i nostri pensieri e la sua giustizia è solo amore, carità, stessa paga, ricca solo di misericordia, per tutti.
Alla luce dell’esortazione del profeta Isaia a cercare e ad invocare il Signore e della parabola della vigna, dove i primi sono ultimi e gli ultimi sono i primi perché l’amore raggiunge tutti comprendo Paolo: Per me il vivere è Cristo e il morire è un guadagno.
Colui che è chiamato al lavoro, ma soprattutto chi ha atteso fino a sera ha sperimentato tutto il giorno il peso della morte, la vita insensata. Ha sperato contro ogni speranza tutto il giorno di ascoltare e di udire la chiamata e solo quanto tutto sembrava perduto ecco la voce, vai a lavorare nella mia vigna diventa vita nuova in Cristo, per Cristo e con Cristo.
Con Paolo imparerò a dire: Per me il vivere è Cristo e il morire è un guadagno.
Quanto più il vivere è un sopravvivere irrequieto, precario, minacciato tanto più quella voce che ti chiama, che cerchi ed invochi sarà gioia piena: il morire é un guadagno, vivere é Cristo.
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Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.
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