Inizio del Vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio.
L’evangelista Marco alla prima comunità cristiana ed oggi alla nostra Chiesa, ad ogni comunità eucaristica racconta, facendo memoria, il Vangelo di Gesù Cristo, il Figlio di Dio. Un Vangelo, un Cristo che ci condurrà dal deserto e dalla predicazione di Giovanni Battista alla città santa, Gerusalemme, per uscire e salire sul monte ed assistere, quasi increduli alla morte di Gesù ma, poi, lì, nel giardino, vedere il sepolcro aperto, la tomba vuota, l’annuncio della risurrezione.
Il Vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio, è la stessa via già adombrata nell’antica alleanza, la strada percorsa da Gesù, Dio fatto uomo, per tornare al Padre portando con sé la nostra umanità liberata dalla corruzione del peccato e della morte.
E l’evangelista Marco fa risuonare alle nostre orecchie, prima di ogni altra parola, la parola “Inizio”.
Inizio del Vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio.
Non si tratta dell’inizio della narrazione del Vangelo infatti non troviamo un proemio al Vangelo ma, forse l’evangelista Marco intende dirci: tutto il Vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio, che sto per raccontarvi e che è la via percorsa da Gesù, è solo l’inizio di un annuncio, di una lieta notizia che ancora deve trovare il suo pieno compimento e di una via che ancora deve essere preparata e e percorsa.
Inizio visibile in Gesù Cristo di ciò che era adombrato nell’antica alleanza, via da preparare e strada da percorrere per ogni cuore umano!
Quanto il profeta Isaia, voce di Dio, ha detto: Consolate, consolate il mio popolo, parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che la sua tribolazione è compiuta, la sua colpa è scontata perché ha ricevuto dalla mano del Signore il doppio per tutti i suoi peccati, è l’inizio, segna l’inizio del Vangelo di Marco.
Ma cosa il popolo ha ricevuto, qual è il doppio che è stato dato al popolo per tutti i suoi peccati? Se ci fermiamo al testo, ad un ascolto superficiale e ad un’idea di giustizia retributiva pensiamo che il popolo ha ricevuto un doppio castigo per i suoi peccati. Ma se fosse così quanta ipocrisia in quelle parole: Consolate, consolate il mio popolo!
Ed allora qual è il doppio che il popolo ha ricevuto? Qual è il doppio che permette al profeta di dire ad alta voce: consolate, consolate il mio popolo! È quel doppio invito che segna l’inizio del vangelo di Marco.
Una voce grida nel deserto ed invita, esorta a spianare la strada, cioè a renderla percorribile ed accessibile, rimuovendo gli ostacoli, eliminando l’inganno, ogni terreno accidentato, abbassando tutto ciò che, come un monte, impedisce la vista e innalzando quelle valli che, essendo troppo in basso, non permettono di vedere al di là.
La strada da preparare ha un fine: dare a ciascuno la possibilità di vedere la misericordia del Padre e di accogliere la salvezza.
Ed ancora una voce, un messaggio annuncia con forza l’arrivo di Dio che si presenta come un pastore che maternamente ha cura del suo gregge: porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri.
Povertà, ricchezze, potere, sfruttamento, umiliazione, morte, peccato sono i grandi mali del nostro tempo e che affliggono la nostra umanità impedendo di vedere e di vivere la presenza di Dio nel mondo. A tutto questo Dio risponde con un duplice dono: la possibilità di vedere la sua gloria nei nostri giorni limitati ed essere da lui consolati, allattati e portati in braccio e sulle ginocchia accarezzati.
E nel Vangelo ecco Giovanni, colui che veste di peli di cammello, con la cintura di pelle attorno ai fianchi e mangiare cavallette e miele selvatico proclamare, mentre prepara la via spianando i monti e colmando le valli, l’arrivo di colui che è più forte e che battezzerà in Spirito Santo.
La via tracciata da Giovanni nel deserto portava ad un battesimo d’acqua. La via tracciata e percorsa da Gesù porta al battesimo in Spirito Santo, fino alla parusia, all’incontro con colui che verrà nella gloria e che oggi, nel nostro tempo e nella nostra storia, continua a venirci incontro, un avvento senza fine cominciato in quel “Inizio”.
Si tratta di una parusia, presenza silenziosa, discreta, che si sottrae ai nostri sensi corporali ma è assolutamente certa agli occhi della fede; una via sulla quale è già presente Gesù: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri.
Nell’ombra della prima alleanza, nel primo Natale, Gesù è venuto dall’esterno per penetrare, con povertà e nella povertà, il cuore di ogni uomo. Alla fine dei tempi, ancora una volta, nell’ora della parusia Gesù verrà dall’esterno ma nella gloria come giudice ed avvocato e come madre stringerà al suo cuore i nostri cuori.
Ed oggi? Nel tempo dell’attesa egli viene noi ed erompe nella nostra vita, nel silenzio del nostro cuore, nelle viscere del nostro amore, nella fragilità di ogni nostra povertà, di ogni nostro deserto e di ogni nostra crisi. Egli viene a noi nella gioia dei piccoli e nel canto del creato.
A noi che viviamo il tempo dell’attesa giunge il duplice dono annunciato dal profeta Isaia.
A noi che viviamo il tempo dell’attesa giunge il grido di Giovanni: preparate la via del Signore.
A noi che viviamo il tempo dell’attesa la certezza dell’Emanuele, il Dio con noi.
A noi il dono del compimento di quell’”Inizio”, dell’Inizio del Vangelo nella certezza del concretizzarsi del suono dolce delle parole: Vieni Signore Gesù! Si, io vengo presto.