Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente [XXI T.O. – A]


Come non iniziare la riflessione di oggi non facendo eco a quanto l’Apostolo Paolo scrive alla chiesa di Roma:
[pullquote-left]“O profondità della ricchezza, della sapienza e della conoscenza di Dio!”[/pullquote-left] O profondità della ricchezza, della sapienza e della conoscenza di Dio! Quanto insondabili sono i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie!
Di fronte a tanto e sublime mistero di colui che è tre volte santo siamo chiamati tutti al silenzio perché ogni parola, ogni pensiero, ogni progetto umano mai sarà capace di scrutare il pensiero del Signore, sarà capace di dare un consiglio al Signore, sarà capace di donare per primo al Signore qualcosa.
Tutto ed ogni cosa viene da lui, tutto ed ogni uomo viene da lui;
Tutto ed ogni cosa giunge a noi per mezzo di lui, tutto ed ogni uomo giunge a noi per mezzo di lui,
Tutto ed ogni cosa trova sussistenza in lui, tutto ed ogni uomo trova sussistenza in lui.
Di fronte a tanta luce e a tanto splendore divino non possiamo non mettere la mano dinanzi ai nostri occhi perché vedano quel tanto di luce che possono sopportare!
L’evangelista Matteo ci racconta l’importante e, anzi, decisivo episodio della confessione di Pietro a Cesarea di Filippo. Una terra, quella di Cesarea di Filippo, che si trova fuori della terra d’Israele, è terra pagana. Qui, in questa terra pagana Gesù chiede ai suoi discepoli, ai suoi apostoli: La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo? E poi: Ma voi chi dite che io sia?
Una domanda di per sé strana poiché tutti sapevano l’identità di Gesù, tutti sapevano che era il figlio del carpentiere, di Maria. Ma l’agire di Gesù, il suo parlare e il suo insegnamento lasciava intravvedere che in lui c’era qualcosa che sfuggiva, d’incomprensibile. Parlava con autorità, si faceva Figlio dell’Uomo, padrone del sabato e, addirittura, affermava di poter rimettere i peccati. Ed allora, qui a Cesarea di Filippo, prima che inizi il cammino verso Gerusalemme, dove sarebbe stato messo a morte, Gesù pone esplicitamente la domanda sulla sua identità. La risposta della gente vede in Gesù il nuovo Elia, Mosè, uno dei profeti. Ma voi chi dite che io sia?
È questa domanda oggi Gesù la pone a ciascuno di noi, questa domanda Gesù la pone ad ogni comunità parrocchiale e alla sua stessa chiesa. È domanda che prevede una risposta tutta personale ma professata nella comunità, nella chiesa.
Facciamo nostra la risposta di Pietro e con Pietro, in Pietro e per mezzo della voce di Pietro oggi diciamo la nostra fede: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».
Come alle orecchie di Pietro giunge a noi la voce di Gesù: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli». Sì, la nostra professione di fede è dono del Padre, viene da Lui, nessuno infatti può dire Gesù è il Signore se non per mezzo del dono dello Spirito.
E noi come Pietro, come gli apostoli, ci troviamo in terra pagana, anzi ci troviamo in una terra che mentre loda con le labbra il Signore proclama Dio e Signore il denaro, il successo, l’edonismo, la morte. Ci troviamo in una terra che mentre loda con le labbra il Signore è indifferente al fratello bisognoso che chiede l’elemosina alle porte della casa di Dio e lo lascia morire nella sua solitudine.
«Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». L’annuncio cristiano si rivolge a tutte le genti. Quella profondità, ricchezza, sapienza di Dio è per tutti gli uomini.
«E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».
La Chiesa di Gesù supera, qui a Cesarea di Filippo, la sinagoga, il popolo eletto.
Nella confessione che Pietro fa di Gesù, sempre a Cesarea di Filippo, come il Cristo e il Figlio di Dio, e nella nostra confessione di Gesù non solo come il Cristo e il Figlio di Dio ma come il Salvatore di tutti, oggi, in questa nostra terra per molti aspetti pagana ed idolatra, la chiesa, la comunità cristiana è chiamata a realizzare nella carità l’unione di tutte le genti.
[pullquote-left]“Quelle chiavi, prima ancora di sciogliere o di legare possano servire ad aprire le porte delle nostre chiese, delle nostre comunità ai tanti poveri”[/pullquote-left] Quelle chiavi che Gesù dona a Pietro e alla sua chiesa tutta, prima ancora di sciogliere o di legare possano servire ad aprire le porte delle nostre chiese, delle nostre comunità ai tanti poveri che abitano nel giorno di festa le stesse porte delle nostre chiese.
Quelle chiavi, prima ancora di sciogliere e legare, aprano il cuore dei credenti, il cuore di ciascuno di noi, ad accogliere quei tanti volti di poveri che, mentre entriamo nelle nostre chiese, rimangano senza nome e, forse, come Gesù a Cesarea di Filippo, pongono a noi la domanda: Voi chi dite che io sia?
Come potremo rispondere oggi a Gesù con Pietro: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”, il Salvatore di tutti se non abbiamo dato un nome a quel volto, se non abbiamo riconosciuto in Abele, in Daniele, in Valentina, in Miruscia, in Adriana e nei tanti altri volti la carne vivente di quel Gesù che a Cesarea di Filippo ha chiesto: chi dice la gente che io sia? Se non abbiamo riconosciuto in quei volti la carne straziata che sulla croce ha chiesto da bere? Se non abbiamo riconosciuto in quei volti la carne sfolgorante del Cristo del monte della trasfigurazione.
Ancora una volta non rispondiamo con ciò che pensa la gente, con ciò che pensa il mondo e in modo pagano ma, come gli Apostoli camminarono accanto a Gesù fino alla risurrezione passando per la croce, anche noi, come discepoli di Gesù, come piccola comunità cristiana, come Chiesa a cui sono affidate le chiavi, facciamoci compagni di viaggio con questi nostri tanti poveri fratelli e sorelle perché, abbagliati dalla luce dello Spirito, riconosciamo in Gesù di Nazareth e nella sua carne vivente e straziata oggi ma sfolgorante nell’ottavo giorno, il Figlio del Dio vivente.
Ai discepoli Gesù ordinò di non dire ad alcuno che egli era il Cristo. Oggi a noi Gesù ordina di indicare il Cristo nel povero, nello straniero, nella donna in colui e in colei che prima ancora di tendere la loro mano ci chiedono di essere ascoltati e di accogliere il loro cuore.
Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente. La nostra risposta supererà quella di Pietro e dei discepoli tutti perché lo Spirito ci donerà di riconoscere il Cristo, il figlio del dio vivente, nel povero!


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