VIDEO OMELIE (2017-18) B


CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO
E LA DISCIPLINA DEI SACRAMENTI

 DIRETTORIO OMILETICO

 CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO
E LA DISCIPLINA DEI SACRAMENTI

INDICE

 Introduzione

Parte Prima

L’OMELIA E L’AMBITO LITURGICO

I. L’omelia
II. L’interpretazione della parola di Dio nella liturgia
III. La preparazione

Parte Seconda

 ARS PRAEDICANDI

I. Il Triduo Pasquale e il Tempo di Pasqua.

A. Lettura dell’Antico Testamento nel Giovedì Santo
B. Lettura dell’Antico Testamento nel Venerdì Santo
C. Letture dell’Antico Testamento nella Veglia Pasquale
D. Lezionario Pasquale

II. Le Domeniche di Quaresima.

A. Il Vangelo della I Domenica di Quaresima.

B. Il Vangelo della II Domenica di Quaresima.
C. La III, IV e V Domenica di Quaresima.
D. La Domenica delle Palme e della Passione del Signore.

III. Le Domeniche di Avvento.

A. La I Domenica di Avvento.

B. La II e la III Domenica di Avvento.

C. La IV Domenica di Avvento.

IV. Il Tempo di Natale.

A. Le celebrazioni del Natale.

B. La festa della Santa Famiglia.
C. La solennità di Maria Santissima Madre di Dio.
D. La solennità dell’Epifania.
E. La festa del Battesimo del Signore.

V. Le Domeniche del Tempo Ordinario.

VI. Altre occasioni.

A. Messa feriale.
B. Matrimonio.
C. Esequie.

Appendice I

L’omelia e il Catechismo della Chiesa Cattolica.

Ciclo A.
Ciclo B.
Ciclo C.
Altri giorni festivi.

Appendice II

Fonti ecclesiali post-conciliari rilevanti sulla
predicazione.


INTRODUZIONE

1. Il presente Direttorio omiletico intende dare una risposta alla richiesta avanzata dai partecipanti al Sinodo dei Vescovi svoltosi nel 2008 sulla Parola di Dio. Accogliendo l’istanza, Papa Benedetto XVI chiese alle autorità competenti di preparare un Direttorio sull’omelia (cf. VD 60).
Al riguardo, egli aveva già fatto propria la preoccupazione espressa dai Padri nel precedente Sinodo di prestare maggiore attenzione alla preparazione dell’omelia (cf. Sacramentum caritatis 46). Anche il suo Successore, il Papa Francesco, considera la predicazione una delle priorità della vita della Chiesa, come è evidente dalla sua prima Esortazione apostolica,  Evangelii gaudium.

Nel descrivere l’omelia, i Padri del Concilio Vaticano II hanno sottolineato la natura unica della predicazione nel contesto della sacra liturgia: « La predicazione attinga anzitutto alle fonti della sacra Scrittura e della liturgia, poiché essa è l’annunzio delle mirabili opere di Dio nella storia della salvezza, ossia nel mistero di Cristo, mistero che è in mezzo a noi sempre presente e operante, soprattutto nelle celebrazioni liturgiche » (SC 35, 2). Per molti secoli la predica è stata spesso un insegnamento morale o dottrinale pronunciato in occasione della Messa festiva, ma non necessariamente integrato nella stessa celebrazione. Ora, come il movimento liturgico cattolico, iniziato verso la fine del secolo diciannovesimo, tentò di integrare la pietà personale e la spiritualità liturgica dei fedeli, così ci furono sforzi volti ad approfondire il legame intrinseco tra la Scrittura e il culto. Questi sforzi, incoraggiati dai Pontefici per tutta la prima metà del ventesimo secolo, maturarono i loro frutti nella visione della liturgia della Chiesa trasmessaci dal
Concilio Vaticano II. La natura e la funzione dell’omelia vanno comprese in questa prospettiva.

2. Nel corso degli ultimi cinquant’anni molte dimensioni dell’omelia, come pensata dal Concilio, sono state esplorate sia nell’insegnamento del magistero della Chiesa sia nell’esperienza quotidiana di quanti esercitano l’ufficio della predicazione. La finalità del presente Direttorio è di presentare lo scopo dell’omelia come è descritta nei documenti della Chiesa, dal Concilio Vaticano II fino all’Esortazione apostolica Evangelii gaudium, e offrire una guida basata su queste fonti in modo da aiutare gli omileti a compiere correttamente ed efficacemente la loro missione. In Appendice al Direttorio
sono indicati i riferimenti ai documenti più importanti 
al fine di mostrare come gli intenti del Concilio si sono in parte radicati e approfonditi nel corso degli ultimi cinquant’anni. Ma essi indicano anche la necessità di un’ulteriore riflessione per giungere al genere di predicazione auspicato dal Concilio.

Nell’introdurci in argomento possiamo notare quattro temi di immutata importanza, brevemente descritti nei documenti conciliari. Il primo è naturalmente il posto della Parola di Dio nella celebrazione liturgica e ciò che questo significa per la funzione dell’omelia (cf. SC 24, 35, 52, 56). Il secondo concerne i principi dell’interpretazione biblica cattolica enunciati dal Concilio, che trovano una particolare espressione nell’omelia liturgica (cf. DV 9-13, 21). Il terzo aspetto riguarda le conseguenze di questa comprensione della Bibbia e della liturgia per lo stesso omileta, il quale deve modellare ad essa non solo il suo approccio nel preparare l’omelia, ma anche la sua intera vita spirituale (cf. DV 25, Presbyterorum ordinis 4, 18). Infine, il quarto aspetto riguarda i bisogni di coloro a cui è rivolta la predicazione della Chiesa, le loro culture e situazioni di vita, anch’esse determinanti la forma dell’omelia, poiché questa ha altresì la funzione di convertire al Vangelo l’esistenza di chi l’ascolta (cf.  Ad gentes 6). Questi brevi ma importanti indirizzi hanno influenzato la predicazione cattolica nei decenni successivi il Concilio; la loro comprensione ha trovato espressione concreta nella legislazione della Chiesa e sono stati abbondantemente elaborati e sviluppati nell’insegnamento dei Pontefici, come provano chiaramente le citazioni del presente Direttorio ed anche l’elenco dei documenti rilevanti indicati nell’Appendice II.

3. Il Direttorio omiletico cerca di assimilare le valutazioni degli ultimi cinquant’anni, rivederle criticamente, aiutare gli omileti a valorizzare la funzione dell’omelia e offrire loro una guida nel compiere una missione così essenziale per la vita della Chiesa. L’oggetto è innanzitutto l’omelia pronunciata nell’Eucaristia domenicale, ma quanto viene detto si applica, analogamente, all’omiletica ordinaria di ogni altra celebrazione liturgica e sacramentale. I suggerimenti qui presentati sono pertanto necessariamente generali: siamo infatti in un campo assai variabile del ministero, sia per le differenze culturali da un’assemblea all’altra, sia per i talenti e i limiti del singolo omileta. Ogni omileta desidera migliorare la predicazione e talvolta le molteplici esigenze della cura pastorale, insieme ad un senso di personale inadeguatezza, possono portare allo scoramento. È vero che alcuni, per capacità e  formazione, sono pubblici oratori più efficaci di altri. La consapevolezza del proprio limite al riguardo, può essere tuttavia superata ricordando che Mosè soffriva di una difficoltà del linguaggio (cf. Es 4, 10), Geremia si considerava troppo giovane per predicare (cf. Ger 1, 6) e Paolo, per sua ammissione, sperimentava tremore e trepidazione (cf. 1 Cor 2, 2-4). Per divenire un omileta efficace non è necessario essere un grande oratore. Naturalmente, l’arte oratoria o di parlare in pubblico, compreso l’uso appropriato della voce e persino del gesto, contribuisce all’efficacia dell’omelia. Pur essendo una materia che va al di là dello scopo del presente Direttorio, per chi tiene l’omelia è un aspetto importante. L’essenziale è che l’omileta ponga la parola di Dio al centro della propria vita spirituale, conosca bene il suo popolo, rifletta sugli avvenimenti del suo tempo, cerchi incessantemente di sviluppare quelle capacità che lo aiutino a predicare in maniera appropriata e soprattutto che, cosciente della propria povertà spirituale, invochi nella fede lo Spirito Santo quale principale artefice nel rendere docile ai divini misteri il cuore dei fedeli. Lo ricorda così Papa Francesco: « Rinnoviamo la nostra fiducia nella predicazione, che si fonda sulla convinzione che è Dio che desidera raggiungere gli altri attraverso il predicatore e che Egli dispiega il suo potere mediante la parola umana » (EG 136).

Parte Prima

L’OMELIA E L’AMBITO LITURGICO

I. L’OMELIA

4. La specifica natura dell’omelia è ben colta dall’evangelista Luca nel racconto della predicazione di Cristo nella sinagoga di Nazareth (cf. Lc 4, 16-30). Dopo aver letto un passo del profeta Isaia riconsegnò il rotolo all’inserviente e disse: « Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato » (Lc
4, 21). Nel leggere e riflettere su questo brano, possiamo percepire 
l’entusiasmo che riempì quella piccola sinagoga: la proclamazione della parola di Dio nella santa assemblea è un evento. Così leggiamo nella Verbum Domini: « la liturgia è l’ambito privilegiato in cui Dio parla a noi nel presente della nostra vita, parla oggi al suo popolo, che ascolta e risponde » (VD 52). È un ambito privilegiato, anche se non l’unico. Certamente Dio ci parla in tanti modi: attraverso gli avvenimenti della vita, lo studio personale della Scrittura, i momenti di preghiera silenziosa. La liturgia, tuttavia, è un ambito privilegiato perché è lì che ascoltiamo la Parola di Dio quale parte della celebrazione che culmina nell’offerta sacrificale di Cristo all’eterno Padre. Il Catechismo afferma che « l’Eucarestia fa la Chiesa » (CCC 1396), ma anche che l’Eucarestia è inseparabile dalla Parola di Dio (cf. CCC 1346).

Essendo parte integrante della liturgia, l’omelia non è solo una istruzione, ma è anche un atto di culto. Leggendo le omelie dei Padri scopriamo che molti di loro concludevano il discorso con una dossologia e la parola “Amen”: avevano capito che lo scopo dell’omelia non era solo di santificare il popolo ma di glorificare Dio. L’omelia è un inno di gratitudine per i  magnalia Dei: non solo annuncia a quanti sono riuniti che la parola di Dio si compie nel loro ascolto, ma loda Dio per tale compimento.

Data la sua natura liturgica, l’omelia possiede anche un significato sacramentale: Cristo è presente sia nell’assemblea riunita per ascoltare la sua parola, sia nella predicazione del ministro, tramite il quale il Signore stesso, che ha parlato una volta nella sinagoga di Nazaret, ora ammaestra il suo popolo. Così si esprime la Verbum Domini: «La sacramentalità della Parola si lascia così comprendere in analogia alla presenza reale di Cristo sotto le specie del pane e del vino consacrati. Accostandoci all’altare e prendendo parte al banchetto eucaristico noi comunichiamo realmente al corpo e al sangue di Cristo. La proclamazione della Parola di Dio nella celebrazione comporta il riconoscere che sia Cristo stesso ad essere presente e a rivolgersi a noi per essere accolto » (VD 56).

5. In quanto parte integrante del culto della Chiesa, l’omelia deve essere tenuta soltanto dai vescovi, dai sacerdoti o dai diaconi.
L’intimo legame tra la mensa della Parola e la mensa dell’altare comporta che « l’omelia di solito sia tenuta personalmente dal sacerdote celebrante » (Ordinamento generale del Messale Romano 66), o comunque sempre da chi è stato ordinato per presiedere o stare all’altare. Validi insegnamenti ed
efficaci esortazioni possono essere offerti anche da guide laiche ben preparate, ma tali esposizioni devono prevedere altri contesti; la natura intrinsecamente liturgica dell’omelia richiede che a tenerla sia soltanto chi è stato ordinato per guidare il culto della Chiesa (cf. Redemptionis sacramentum 161).

6. Papa Francesco osserva che l’omelia «è un genere peculiare, dal momento che si tratta di una predicazione dentro la cornice di una celebrazione liturgica; di conseguenza deve essere breve ed evitare di sembrare una conferenza o una lezione » (EG 138). La natura liturgica dell’omelia illumina pertanto la sua peculiare funzione. Nel prendere in considerazione tale funzione, può essere quindi utile spiegare ciò che l’omelia non è.

Non è un sermone su un tema astratto; in altri termini, la Messa non è un’occasione, per il predicatore, di affrontare argomenti completamente slegati dalla celebrazione liturgica e dalle sue letture, o per far violenza ai testi previsti dalla Chiesa, contorcendoli per adattarli ad un’idea preconcetta. L’omelia non è neppure un puro esercizio di esegesi biblica. Il popolo di Dio ha grande desiderio di approfondire le Scritture ed i pastori devono prevedere occasioni e iniziative che permettano ai fedeli di approfondire la conoscenza della Parola di Dio. L’omelia domenicale, tuttavia, non è l’occasione per offrire una dettagliata esegesi biblica: non è questo il tempo di compierla bene ed ancora più importante è il fatto che l’omileta è chiamato a far risuonare come la parola di Dio si stia compiendo qui e ora. L’omelia non è neppure un insegnamento catechistico, anche se la catechesi è una sua dimensione importante. Come per l’esegesi biblica, non è questo il tempo di offrirla in modo appropriato; ciò rappresenterebbe una variante della prassi di tenere durante la Messa un discorso non realmente integrato nella stessa celebrazione liturgica. Infine, l’omelia non dev’essere impiegata come tempo di testimonianza personale del predicatore. È indubbio che le persone possono essere profondamente toccate dalle storie personali, ma l’omelia deve esprimere la fede della Chiesa e non semplicemente la storia personale dell’omileta. Come avverte Papa Francesco, la predicazione puramente moralista o indottrinante, ed anche quella che si trasforma in una lezione di esegesi, riducono questa comunicazione tra i cuori che si dà nell’omelia e che deve avere un carattere quasi sacramentale, poiché la fede viene da ciò che si ascolta (cf. EG 142).

7. Dire che l’omelia non è nessuna di queste cose, non significa che nella predicazione non abbiano posto temi fondamentali, l’esegesi biblica, l’insegnamento dottrinale e la testimonianza personale; certamente in una buona omelia possono risultare efficaci elementi. È assai appropriato che un omileta sappia collegare i testi di una celebrazione a fatti e questioni di attualità, condividere i frutti dello studio per comprendere un brano della Scrittura e dimostrare il nesso che corre tra la Parola di Dio e la dottrina della Chiesa. Come il fuoco, tutti questi elementi sono buoni servitori ma
cattivi padroni: sono buoni se utili alla funzione dell’omelia; se la sostituiscono, non lo sono più. L’omileta deve poi parlare in modo che chi l’ascolta possa avvertire la sua fede nella potenza di Dio. Certo non deve ridurre lo standard del messaggio al livello della propria testimonianza personale per paura di essere accusato di non praticare ciò che predica. Poiché non predica se stesso, ma Cristo, può, senza ipocrisia, indicare le vette della santità, alle quali, come tutti, anch’egli aspira nel suo pellegrinaggio di fede.

8. Occorre evidenziare inoltre che l’omelia dovrebbe essere imbastita sui bisogni della comunità particolare e prendere davvero ispirazione da
tale attenzione. Ne parla eloquentemente il Papa Francesco nell’Evangelii gaudium:

Lo Spirito, che ha ispirato i Vangeli e che agisce nel Popolo di Dio, ispira anche come si deve ascoltare la fede del popolo e come si deve predicare in ogni Eucaristia. La predica cristiana, pertanto, trova nel cuore della cultura del popolo una fonte d’acqua viva, sia per saper che cosa deve dire, sia per trovare il modo appropriato di dirlo. Come a tutti noi piace che ci si parli nella nostra lingua materna, così anche nella fede, ci piace che ci si parli in chiave di “cultura materna”, in chiave di dialetto materno (cfr 2 Mac 7, 21.27), e il cuore si dispone ad ascoltare meglio. Questa lingua è una tonalità che trasmette coraggio, respiro, forza, impulso (EG 139).

9. Che cos’è allora l’omelia? Due brevi estratti dei Praenotanda dei libri liturgici della Chiesa cominciano a fornire una risposta. Anzitutto,  dell’Ordinamento generale del Messale Romano leggiamo:

L’omelia fa parte della liturgia ed è vivamente raccomandata: è infatti necessaria per alimentare la vita cristiana.
Essa deve consistere nella spiegazione o di qualche aspetto delle letture della sacra Scrittura, o di un altro testo dell’Ordinario o del Proprio della Messa del giorno, tenuto conto sia del mistero che viene celebrato, sia delle particolari necessità di chi ascolta (65).

10. L’Introduzione al Lezionario amplia notevolmente questa breve descrizione:

L’omelia, con la quale nel corso dell’anno liturgico vengono esposti, in base al testo sacro, i misteri della fede e le norme della vita cristiana, come parte della liturgia della Parola è particolarmente raccomandata, (…) anzi in alcuni casi è espressamente prescritta. Tenuta, di norma, da colui che presiede, nella celebrazione della Messa l’omelia ha lo scopo di far sì che la proclamazione della parola di Dio diventi, insieme con la liturgia eucaristica, “quasi un annunzio delle mirabili opere di Dio nella storia della salvezza, ossia nel mistero di Cristo” (SC 35,2). Infatti, il mistero pasquale di Cristo, che viene annunciato nelle letture e nell’omelia, viene attualizzato per mezzo del Sacrificio della Messa. Sempre poi Cristo è presente e agisce nella predicazione della sua Chiesa.

Pertanto l’omelia, sia che spieghi la parola della sacra Scrittura appena proclamata, o un altro testo liturgico, deve guidare la comunità dei  fedeli a partecipare attivamente all’Eucaristia, perché “esprimano nella vita ciò che hanno ricevuto mediante la fede” (SC 10). Con questa viva esposizione della parola di Dio che viene proclamata, anche le celebrazioni della Chiesa che si svolgono, possono ottenere una maggiore efficacia, a patto che l’omelia sia davvero frutto di meditazione, ben preparata, non troppo lunga né troppo breve, e che in essa si presti attenzione a tutti i presenti, compresi i fanciulli e la gente semplice (OLM 24).

11. È bene sottolineare alcuni aspetti fondamentali offerti da queste due descrizioni. In senso ampio, l’omelia è un discorso sui misteri della fede e i canoni della vita cristiana, sviluppato in maniera confacente alle particolari esigenze degli ascoltatori. È una descrizione concisa di molti generi di predicazione ed esortazione. La sua forma specifica è suggerita dalle parole “in base al testo sacro”, riferite ai passi biblici alle preghiere della celebrazione liturgica. Ciò non dovrebbe trascurarsi, per il fatto che le preghiere forniscono una valida ermeneutica all’omileta per interpretare i testi biblici. Ciò che distingue un’omelia da altre forme di insegnamento è il suo contesto liturgico. Questa comprensione diventa cruciale quando il quadro dell’omelia è la celebrazione eucaristica: quanto affermato dai documenti è essenziale per una corretta visione della funzione dell’omelia. La Liturgia della Parola e la Liturgia eucaristica proclamano insieme la meravigliosa opera di Dio della nostra salvezza in Cristo: « Il mistero pasquale di Cristo, che viene annunciato nelle letture e nell’omelia, viene attualizzato per mezzo del Sacrificio della Messa ». L’omelia della Messa « deve guidare la comunità dei fedeli a partecipare attivamente all’Eucarestia, perché “esprimano nella vita ciò che hanno ricevuto mediante fede” (SC 10) » (OLM 24).

12. Questa descrizione dell’omelia nella Messa propone una semplice ma avvincente dinamica. Il primo movimento è suggerito dalle parole: «Il mistero pasquale di Cristo viene annunziato nelle letture e nell’omelia ». L’omileta illustra le letture e le preghiere della celebrazione in modo che il loro significato sia rischiarato dalla morte e risurrezione del Signore. È straordinario quanto siano strettamente associate « le letture e l’omelia », al punto che una cattiva proclamazione delle letture bibliche pregiudica la comprensione dell’omelia. Entrambe appartengono alla proclamazione, a riconferma di come l’omelia sia un atto liturgico; in verità essa è una sorta di estensione della proclamazione delle stesse letture. Nel collegare queste ultime con il mistero pasquale, la riflessione potrebbe toccare, con risultati soddisfacenti, insegnamenti dottrinali o morali suggeriti dai testi.

13. Il secondo movimento è suggerito dalle parole: « [il mistero pasquale] viene attualizzato per mezzo del Sacrificio della Messa ». La seconda parte dell’omelia dispone la comunità alla celebrazione eucaristica e a riconoscere che qui vi è la vera condivisione del mistero della morte e risurrezione del Signore. Virtualmente, si potrebbe scorgere in ogni omelia l’implicita necessità di ripetere le parole dell’apostolo Paolo: « il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo? » (1
Cor 10, 16).

14. Un terzo movimento, che può essere breve ed avere funzione conclusiva, suggerisce ai membri della comunità, trasformati dall’Eucarestia, come possano portare il Vangelo nel mondo attraverso l’esistenza quotidiana. Naturalmente, saranno le letture bibliche ad ispirare i contenuti e gli orientamenti di tali applicazioni, ma nel contempo devono essere indicati dall’omileta anche gli effetti della stessa Eucaristia che si sta celebrando e le sue conseguenze per la vita quotidiana, nella beata speranza della comunione inseparabile con Dio.

15. In sintesi, l’omelia è percorsa da una dinamica molto semplice: alla luce del mistero pasquale riflette sul significato delle letture e delle preghiere di una data celebrazione e conduce l’assemblea alla liturgia eucaristica, nella quale si partecipa allo stesso mistero pasquale (esempi di questo tipo di approccio omiletico saranno esposti nella parte seconda del  Direttorio). Ciò significa chiaramente che l’ambito liturgico è la chiave imprescindibile per interpretare i testi biblici proclamati in una celebrazione. Prenderemo ora in considerazione proprio tale interpretazione.


II. L’INTERPRETAZIONE DELLA 
PAROLA DI DIO NELLA LITURGIA

16. La riforma liturgica post-conciliare ha reso possibile la predicazione nella Messa a partire da una più ricca selezione di testi biblici. Ma che cosa dire su di essi? In pratica, l’omileta spesso risponde a questa domanda consultando dei commentari biblici per dare un certo background alle letture e offrire una sorta di generale applicazione morale. Ciò che talvolta manca è la sensibilità sulla peculiare natura dell’omelia quale parte integrante della celebrazione eucaristica. Se l’omelia viene intesa come parte organica della Messa, allora è chiaro che viene chiesto all’omileta di considerare le varie letture e preghiere della celebrazione come cruciali per l’interpretazione della Parola di Dio. Ecco le parole di Papa Benedetto XVI:

La riforma voluta dal Concilio Vaticano II ha mostrato i suoi frutti arricchendo l’accesso alla sacra Scrittura che viene offerta in abbondanza, soprattutto nelle liturgie domenicali. L’attuale struttura del Lezionario oltre a presentare frequentemente i testi più importanti della Scrittura, favorisce la comprensione  dell’unità del piano divino, mediante la correlazione tra le letture dell’Antico e del Nuovo Testamento, «incentrata in Cristo e nel suo mistero pasquale» (VD 57).

Il Lezionario odierno è il risultato del desiderio espresso dal Concilio « affinché la mensa della parola di Dio sia preparata ai fedeli con maggiore abbondanza, vengano aperti più largamente i tesori della Bibbia in modo che, in un determinato numero di anni, si legga al popolo la maggior parte della sacra Scrittura » (SC 51). I Padri del
Concilio Vaticano II, tuttavia, non ci hanno trasmesso soltanto questo
Lezionario: hanno indicato anche i principi per l’esegesi biblica
riguardanti in particolare l’omelia.

17. Il Catechismo della Chiesa Cattolica presenta i tre criteri interpretativi delle Scritture, enunciati dal Concilio, nei termini seguenti:

1. Prestare debita attenzione «al contenuto e all’unità dell’intera Scrittura». Infatti, per quanto siano differenti i libri che la compongono, la Scrittura è unica in forza dell’unità del disegno di Dio, del quale Cristo Gesù è il centro e il cuore, dischiuso dalla Passione.

Il cuore di Cristo designa la sacra Scrittura, che appunto rivela il cuore di Cristo. Questo cuore era chiuso prima della Passione,  perché la Scrittura era oscura. Ma la Scrittura è stata aperta dopo la Passione, affinché coloro che ormai ne hanno l’intelligenza, considerino e comprendano come le profezie debbano essere interpretate (san Tommaso d’Aquino, Expositio in Psalmos, 21,11: CCC 112).

2. Leggere la Scrittura nella «Tradizione vivente di tutta la Chiesa»Secondo un detto dei Padri, « la sacra Scrittura è scritta nel cuore
della Chiesa prima che su strumenti materiali ». Infatti, la Chiesa porta nella sua Tradizione la memoria viva della Parola di Dio ed è lo
Spirito Santo che le dona l’interpretazione di essa secondo il senso spirituale (CCC 113).

3. Essere attenti all’analogia della fede. Per « analogia della fede» intendiamo la coesione delle verità della fede tra loro e nella totalità
del progetto della Rivelazione (CCC 114).

Se è vero che questi criteri sono utili per l’interpretazione della Scrittura in qualsiasi ambito, lo sono particolarmente quando si tratta di preparare l’omelia per la Messa.
Consideriamoli singolarmente in rapporto con l’omelia.

18. Il primo è il « contenuto e l’unità dell’intera Scrittura ». Il bellissimo passo di san Tommaso d’Aquino citato dal Catechismo evidenzia la relazione tra il mistero pasquale e le Scritture. Il mistero pasquale dischiude il significato delle Scritture, “oscuro” prima di allora (cf. Lc 24, 26-27). Visto in questa luce il compito dell’omileta è di aiutare i fedeli a leggere le Scritture alla luce del mistero pasquale, in modo che Cristo possa rivelare ad essi il proprio cuore, che secondo san Tommaso coincide qui con il contenuto e il centro delle Scritture.

19. L’unità dell’intera Scrittura è inclusa nella struttura stessa del Lezionario, nel modo in cui è distribuita nel corso dell’anno liturgico.
Al centro vi troviamo le Scritture con cui la Chiesa proclama e celebra il Triduo Pasquale. Questo è preparato dal Lezionario quaresimale ed ampliato da quello del Tempo pasquale. Similmente avviene per il ciclo di Avvento-Natale-Epifania. E ancora, l’unità dell’intera Scrittura è parimenti inclusa nella struttura del Lezionario domenicale e del Lezionario delle solennità e delle feste. Al cuore sta il brano del Vangelo del giorno; la lettura dell’Antico Testamento è scelta alla luce del Vangelo, mentre il Salmo responsoriale è ispirato alla lettura che lo precede. Il brano dell’Apostolo, nelle celebrazioni domenicali, presenta una lettura semicontinua delle Lettere e quindi non è usualmente, in modo esplicito, in tema con le altre letture. Tuttavia, in virtù dell’unità dell’intera Scrittura, è spesso possibile riscontrare collegamenti tra la seconda lettura e i brani dell’Antico Testamento e del Vangelo. Se ne evince che il Lezionario invita insistentemente l’omileta a considerare le letture bibliche come mutuamente illuminate o, per usare ancora le parole del
Catechismo
e della  Dei Verbum, a vedere il « contenuto e l’unità dell’intera Scrittura ».

20. Il secondo è « la tradizione vivente di tutta la Chiesa ». Nella Verbum Domini, Papa Benedetto XVI ha posto l’accento su un criterio fondamentale di ermeneutica biblica: « il luogo originario dell’interpretazione scritturistica è la vita della Chiesa » (VD 29). La relazione tra la Tradizione e la Scrittura è profonda e complessa, e certo la liturgia rappresenta una manifestazione importante e unica di questa relazione. Esiste un’unità organica tra la Bibbia e la liturgia: lungo i secoli in cui le sacre Scritture erano scritte e il canone biblico prendeva forma, il popolo di Dio conveniva insieme regolarmente a
celebrare la liturgia. Per meglio dire, gli scritti erano in buona parte creati per tali assemblee (cf. Col 4, 16). L’omileta deve tener conto delle origini liturgiche delle Scritture e considerarle al fine di come rendere fruibile un testo nel nuovo contesto della comunità a cui predica. È qui, infatti, nel momento della proclamazione, che l’antico testo diventa ancora vivo e sempre attuale. La Scrittura formata nel contesto della liturgia, è già Tradizione; la Scrittura proclamata e spiegata nella celebrazione eucaristica del mistero pasquale è allo stesso modo Tradizione. Nel corso
dei secoli è stato accumulato un eccezionale tesoro interpretativo di questa celebrazione liturgica e proclamazione nella vita della Chiesa. Il mistero
di Cristo è conosciuto e valutato sempre più profondamente dalla Chiesa e la conoscenza di Cristo da parte della Chiesa è  Tradizione. Così l’omileta è invitato ad accostare le letture di una celebrazione non come un’arbitraria selezione di testi, ma come un’opportunità di riflettere sul profondo significato di questi passi biblici con la vivente Tradizione della Chiesa intera, come la Tradizione trovi espressione nelle letture scelte ed armonizzate, nonché nei testi di preghiera della liturgia. Anche questi ultimi sono monumenti della Tradizione e sono organicamente connessi alla Scrittura, perché presi direttamente dalla Parola di Dio o perché da essa ispirati.

21. Il terzo è « l’analogia della fede ». In senso teologico ciò si riferisce al nesso tra diverse dottrine e la gerarchia delle verità di fede.
Il nucleo centrale della nostra fede è il mistero della Trinità e l’invito rivoltoci a partecipare alla vita divina. Tale realtà è rivelata e realizzata attraverso il mistero pasquale: da ciò consegue che l’omileta deve sia interpretare le Scritture in modo che tale mistero sia proclamato, sia guidare il popolo ad entrare nel mistero attraverso la celebrazione
dell’Eucarestia. Questo tipo di interpretazione è stata una parte essenziale della predicazione apostolica fin dagli albori della Chiesa, come leggiamo nella
Verbum Domini
:

Giunti, per così dire, al cuore della « Cristologia della Parola », è importante sottolineare l’unità del disegno divino nel Verbo incarnato: per questo il Nuovo Testamento ci presenta il Mistero Pasquale in accordo con le sacre Scritture, come loro intimo compimento.
San Paolo, nella Prima Lettera ai Corinzi, afferma che Gesù Cristo morì per i nostri peccati « secondo le Scritture » (15,3) e che è risorto il terzo giorno « secondo le
Scritture » (15,4). Con ciò l’Apostolo pone l’evento della morte e risurrezione del Signore in relazione con la storia dell’Antica Alleanza di Dio con il suo popolo. Anzi, ci fa capire che tale storia riceve da esso la sua logica e il suo vero significato. Nel Mistero Pasquale si compiono « le parole della Scrittura, cioè, questa morte realizzata
“secondo le Scritture” è un avvenimento che porta in sé un logos, una logica: la morte di Cristo testimonia che la Parola di Dio si è fatta sino in fondo “carne”, “storia” umana ». Anche la risurrezione di Gesù avviene « il terzo giorno secondo le Scritture »: poiché secondo l’interpretazione giudaica la corruzione cominciava dopo il terzo
giorno, la parola della Scrittura si adempie in Gesù che risorge prima che cominci la corruzione. In tal modo san Paolo, tramandando fedelmente l’insegnamento degli Apostoli (cf. 1 Cor 15, 3), sottolinea che la vittoria di Cristo sulla morte avviene attraverso la potenza creatrice della Parola di Dio. Questa potenza divina reca speranza e gioia: è questo in definitiva il contenuto liberatore della rivelazione pasquale. Nella Pasqua, Dio rivela se stesso e la potenza dell’Amore trinitario che annienta le forze
distruttrici del male e della morte (VD 13).

È questa unità del disegno divino a far sì che l’omileta offra una catechesi dottrinale e morale durante l’omelia. Dal punto di vista dottrinale, la natura divina e umana di Cristo unite in una sola persona, la divinità dello Spirito Santo, la capacità ontologica dello Spirito e del Figlio di unirci al Padre nel condividere la vita della Santa Trinità, la
natura divina della Chiesa in cui queste realtà sono conosciute e condivise: queste e altre verità dottrinali sono state formulate quale senso profondo di ciò che le Scritture proclamano e i Sacramenti compiono. Nell’omelia, questi dati dottrinali non vanno presentati come parti di un dotto trattato o di una spiegazione scolastica, dove i misteri possono essere esplorati e sviscerati in profondità. Tali dati dottrinali guidano comunque l’omileta e gli garantiscono di giungere, nel predicare, al significato più profondo
della Scrittura e del sacramento.

22. Il mistero pasquale, efficacemente sperimentato nella celebrazione sacramentale, illumina non solo le Scritture proclamate, ma trasforma anche la vita di quanti le ascoltano. Così, un’altra funzione dell’omelia è di aiutare il popolo di Dio a vedere come il mistero pasquale non solo informi ciò che crediamo, ma ci renda anche capaci di agire alle luce delle realtà che crediamo. Il Catechismo, con le parole di san Giovanni Eudes, indica l’identificazione con Cristo quale condizione fondamentale della vita cristiana:

« Vi prego di considerare che Gesù Cristo nostro Signore è il vostro vero Capo e che voi siete una delle sue membra. Egli sta a voi come il capo alle membra; tutto ciò che è suo è vostro, il suo Spirito, il suo cuore, il suo corpo, la sua anima e tutte le sue facoltà. E voi dovete usarne come se fossero cose vostre, per servire, lodare, amare e glorificare Dio. Voi appartenete a lui, come le membra al loro capo. Allo stesso modo egli desidera ardentemente usare tutto ciò che è in voi, al servizio e per la gloria del Padre, come se fossero
cose che gli appartengono » (Tractatus de admirabili Corde Iesu; cf.  Liturgia delle Ore, IV, Ufficio delle letture del 19 agosto, citato in CCC 1698).

23. Il  Catechismo della Chiesa Cattolica è un’inestimabile risorsa per l’omileta che utilizzi i tre criteri interpretativi in parola. Offre un apprezzabile esempio di « unità dell’intera Scrittura », della «Tradizione vivente di tutta la Chiesa » e della « analogia della fede». Il che diventa particolarmente chiaro quando ci si rende conto della relazione dinamica tra le quattro parti compositive il Catechismocorrispondenti a ciò che crediamo, come celebriamo il culto, come viviamo e come preghiamo. Si tratta di quattro ambiti correlati di un’unica sinfonia. San Giovanni Paolo II segnalò questa organica relazione nella Costituzione apostolica  Fidei depositum:

La Liturgia è essa stessa preghiera; la confessione della fede trova il suo giusto posto nella celebrazione del culto. La grazia, frutto dei sacramenti, è la condizione insostituibile dell’agire cristiano, così come la partecipazione alla Liturgia della Chiesa richiede la fede. Se la fede non si sviluppa nelle opere, è morta (cf Gc  2, 14-16) e non può dare frutti di vita eterna.

Leggendo il « Catechismo della Chiesa Cattolica », si può cogliere la meravigliosa unità del mistero di Dio, del suo disegno di salvezza, come pure la centralità di Gesù Cristo, l’Unigenito Figlio di Dio, mandato dal Padre, fatto uomo nel seno della Santissima Vergine Maria per opera dello Spirito Santo, per essere il nostro Salvatore.
Morto e risorto, Egli è sempre presente nella sua Chiesa, particolarmente nei sacramenti; Egli è la sorgente della fede, il modello dell’agire cristiano e il Maestro della nostra preghiera (3).

I riferimenti a margine che collegano tra loro le quattro parti del  Catechismo sono di aiuto all’omileta che, prestando attenzione all’analogia della fede, cerca di interpretare la Parola di Dio nella viva Tradizione della Chiesa e alla luce dell’unità di tutta la Scrittura.
Analogamente, l’Indice dei riferimenti del  Catechismo mostra quanto trabocchi di parola biblica l’intero insegnamento della Chiesa. Potrebbe essere correttamente utilizzato dagli omileti per evidenziare come particolari testi biblici, impiegati nelle omelie, siano usati in altri contesti per spiegare gli insegnamenti dogmatici e morali. L’Appendice I di questo  Direttorio offre all’omileta un contributo per l’utilizzo del  Catechismo.

24. Da quanto detto sinora dovrebbe essere chiaro che mentre i metodi esegetici possono rivelarsi utili alla preparazione dell’omelia, è necessario che l’omileta presti attenzione anche al senso spirituale della Scrittura. La definizione di tale senso, fornita dalla Pontificia Commissione Biblica, suggerisce che questo metodo interpretativo è particolarmente adatto alla liturgia: « [Il senso spirituale è] il senso espresso dai testi biblici quando vengono letti sotto l’influsso dello Spirito Santo nel contesto del mistero pasquale di Cristo e della vita nuova che ne risulta. Questo contesto esiste effettivamente. Il Nuovo Testamento riconosce in esso il compimento delle Scritture. È perciò normale rileggere le Scritture alla luce di questo nuovo contesto, quello della vita nello Spirito » (Pontificia Commissione Biblica, L’interpretazione della Bibbia nella Chiesa, II, B, 2 citato in VD 37). La lettura in tal modo delle Scritture fa parte del vivere cattolico. Un buon esempio viene dai Salmi che preghiamo nella Liturgia delle Ore: per quanto siano differenti le circostanze letterali da cui fiorisce ciascun Salmo, noi li comprendiamo in riferimento al mistero di Cristo e della Chiesa ed anche come espressione delle gioie, dei dolori e dei lamenti che caratterizzano il nostro personale rapporto con Dio.

25. I grandi maestri dell’interpretazione spirituale della Scrittura sono i Padri della Chiesa, in maggioranza pastori, i cui scritti spesso contengono spiegazioni della Parola di Dio date al popolo nel corso della liturgia. È provvidenziale che, unitamente ai progressi compiuti dalla ricerca biblica nel secolo scorso, vi sia stato anche un corrispondente passo avanti negli studi patristici. Documenti creduti persi sono stati recuperati, si sono realizzate edizioni critiche dei Padri, e ora sono disponibili le traduzioni di grandi opere di esegesi patristica e medievale. La revisione dell’Ufficio delle Letture della Liturgia delle Ore ha reso disponibili ai sacerdoti e ai fedeli molti di questi scritti. La familiarità con gli scritti dei Padri può aiutare grandemente l’omileta nello scoprire il significato spirituale della Scrittura. È dalla predicazione dei Padri che noi oggi apprendiamo quanto profonda sia l’unità tra l’Antico e il Nuovo Testamento. Da loro possiamo imparare a discernere innumerevoli figure e modelli del mistero pasquale che sono presenti nel mondo dall’alba della creazione e si rivelano ulteriormente lungo l’intera storia di Israele che culmina in Gesù Cristo. È dai Padri che impariamo come virtualmente ogni parola delle Scritture ispirate può svelare inaspettate e impenetrabili ricchezze, se considerata nel cuore della vita e della preghiera della Chiesa. È dai Padri che apprendiamo quanto il mistero della Parola biblica sia intimamente connesso con quello della celebrazione sacramentale. La  Catena Aurea di san Tommaso d’Aquino resta uno splendido strumento per accedere alle ricchezze dei Padri. Il Concilio Vaticano II ha riconosciuto con chiarezza che tali scritti rappresentano una ricca risorsa per l’omileta:

Nel sacro rito dell’ordinazione il vescovo ricorda ai presbiteri che devono essere « maturi nella scienza » e che la loro dottrina dovrà risultare come « una spirituale medicina per il popolo di Dio ». Ora, bisogna che la scienza del ministro sacro sia anch’essa sacra, in quanto derivata da una fonte sacra e diretta a un fine altrettanto sacro. Essa va pertanto tratta in primo luogo dalla lettura e dalla meditazione della sacra Scrittura, ma suo fruttuoso alimento è anche lo studio dei santi Padri e dottori e degli altri documenti della tradizione (Presbyterorum ordinis 19).

Il Concilio ci ha trasmesso una rinnovata comprensione dell’omelia come parte integrante della celebrazione liturgica, metodo fruttuoso per l’interpretazione biblica e stimolo affinché gli omileti familiarizzino con le ricchezze di duemila anni di riflessione sulla Parola di Dio, che sono il patrimonio cattolico. Come può un omileta tradurre in pratica questa visione?

III. LA PREPARAZIONE

26. « La preparazione della predicazione è un compito così importante che conviene dedicarle un tempo prolungato di studio, preghiera, riflessione e creatività pastorale » (EG 145). Papa Francesco evidenzia questo monito con parole molto forti: un predicatore che non si prepara, che non prega, « è disonesto ed irresponsabile » (EG 145), « un falso profeta, un truffatore o un vuoto ciarlatano » (EG 151). Chiaramente, nella preparazione delle omelie lo studio riveste inestimabile valore, ma la preghiera resta essenziale. L’omelia si svolge in un contesto di preghiera e deve essere preparata in un contesto di preghiera. « Colui che presiede la liturgia della Parola rende partecipi i fedeli, specialmente nell’omelia, del nutrimento spirituale che essa racchiude » (cf. OLM 38). L’azione sacra della predicazione è intimamente unita alla  natura sacra della Parola di Dio. L’omelia, in un certo senso, può essere considerata in parallelo con la distribuzione del Corpo e Sangue di Cristo ai fedeli nel rito di comunione. La Parola santa di Dio viene “distribuita”, nell’omelia, come nutrimento del suo popolo. La Costituzione Dogmatica sulla divina Rivelazione, con le parole di sant’Agostino, mette in guardia dall’evitare di diventare « un vano predicatore della parola di Dio all’esterno colui che non l’ascolta dentro di sé ». E più avanti, nello stesso paragrafo, tutti i fedeli sono esortati a leggere la Scrittura in atteggiamento di devoto dialogo con Dio perché, secondo sant’Ambrogio, « quando preghiamo, parliamo con lui; lui ascoltiamo, quando leggiamo gli oracoli divini » (DV 25). Papa Francesco richiama come gli stessi predicatori debbano essere i primi ad essere feriti  dalla viva ed efficace Parola di Dio, affinché questa penetri nei cuori dei loro uditori (cf. EG 150).

27. Il Santo Padre raccomanda ai predicatori di instaurare un profondo dialogo con la Parola di Dio ricorrendo alla  lectio divina, che è fatta di lettura, meditazione, preghiera e
contemplazione (cf. EG 152). Questo quadruplice approccio si radica nell’esegesi patristica dei significati spirituali della Scrittura ed è stato sviluppato, nei secoli successivi, da monaci e monache che, in preghiera, hanno riflettuto sulle Scritture per tutta la vita. Papa Benedetto XVI descrive i passi della  lectio divina nella Esortazione apostolica
Verbum Domini
:

Essa si apre con la lettura (lectiodel testo, che provoca la domanda circa una conoscenza autentica del suo contenuto: che cosa dice il testo biblico in sé? Senza questo momento si rischia che il testo diventi solo un pretesto per non uscire mai dai nostri pensieri. Segue, poi, la meditazione (meditationella quale l’interrogativo è: che cosa dice il testo biblico a noi?
Qui ciascuno personalmente, ma 
anche come realtà comunitaria, deve lasciarsi toccare e mettere in discussione. Si giunge dunque al momento della preghiera (oratio)
che suppone la domanda: che cosa diciamo noi al Signore in risposta alla sua Parola?
La 
preghiera come richiesta, intercessione, ringraziamento e lode, è il primo modo con cui la Parola ci cambia. Infine, la lectio divina si conclude con la contemplazione (contemplatiodurante la quale noi assumiamo come dono di Dio lo stesso suo sguardo nel giudicare la realtà e ci domandiamo: quale conversione della mente, del cuore e della vita chiede a noi il Signore? San Paolo nella Lettera ai Romani, afferma: « Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto » (12, 2). La contemplazione, infatti, tende a creare in noi una visione sapienziale della realtà, secondo Dio, e a formare in noi « il pensiero di Cristo »
(1Cor 2, 16). La Parola di Dio si presenta qui come criterio di discernimento: essa è « viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore » (Eb 4, 12). È bene poi ricordare che la lectio divina non si conclude nella sua dinamica fino a quando non arriva all’azione (actio), che muove l’esistenza credente a farsi dono per gli altri nella carità (cf. VD 87).

28. Questo è un metodo fruttuoso e valido per tutti di pregare con le Scritture, che si raccomanda da sé all’omileta come modo di meditare sulle letture bibliche e sui testi liturgici, in spirito di preghiera, nel preparare l’omelia. La dinamica della lectio divina offre, inoltre, un efficace parametro per cogliere la funzione dell’omelia nella liturgia e come essa incida sul processo della sua preparazione. 

29. Il primo passo è la lectio, che esplora ciò che il testo biblico dice di per sé. Questa 
lettura orante dovrebbe essere segnata da un atteggiamento di umile e 
stupita venerazione della Parola, che si esprime nel soffermarsi a 
studiarla con la massima attenzione e con un santo timore di manipolarla 
(cf. EG 146). Per prepararsi a questo primo passo, l’omileta dovrebbe 
consultare commentari, dizionari e altre studi che possono aiutarlo a 
comprendere il significato dei brani biblici nel loro contesto 
originario. Ma poi deve anche osservare attentamente l’incipit
e l’explicit
dei brani in questione, al fine di cogliere il motivo per cui nel 

Lezionario è stato deciso di farli iniziare e terminare proprio in quel 
modo. Papa Benedetto XVI insegna che l’esegesi storico-critica è una 
parte imprescindibile della comprensione cattolica della Scrittura, perché legata al realismo 
dell’Incarnazione. Egli ricorda che « il fatto storico è una dimensione 
costitutiva della fede cristiana. La storia della salvezza non è una 
mitologia, ma una vera storia ed è perciò da studiare con i metodi della 
seria ricerca storica » (VD 32). Su questo primo passo non si dovrebbe 
sorvolare troppo in fretta. La nostra salvezza si compie per mezzo 
dell’azione di Dio nella storia e il testo biblico la racconta attraverso 
parole che ne rivelano il senso più profondo (cf. DV 3). Pertanto abbiamo 
bisogno della testimonianza degli eventi e all’omileta occorre un forte 
senso della loro realtà. « La Parola si è fatta carne » o, si potrebbe anche 
dire, « La Parola si è fatta storia ». La pratica della  
lectio
comincia tenendo conto di questo fatto decisivo.

30. Vi sono studiosi della Bibbia che hanno scritto sia commentari biblici che riflessioni sulle letture del Lezionario, applicando ai testi proclamati nella Messa gli strumenti della moderna ricerca accademica; per l’omileta possono essere di grande aiuto tali pubblicazioni. Nell’iniziare la  lectio divina, egli può riprendere gli spunti maturati col suo studio e 
riflettere, nella preghiera, sul significato del testo biblico. Deve comunque tenere presente che il suo obiettivo non è di comprendere ogni minimo dettaglio di un testo, ma di cogliere quale sia il messaggio principale, quello che conferisce struttura e unità al testo (cf. EG 147).

31. Poiché l’obiettivo di tale
lectio
è di preparare l’omelia, l’omileta deve aver cura di trasporre i

risultati del suo studio in un linguaggio che possa essere compreso dai suoi
uditori. Rifacendosi all’insegnamento di Paolo VI, secondo cui la gente
trarrà grande beneficio da una predicazione « semplice, chiara, diretta,
adatta » (Esortazione apostolica

Evangelii nuntiandi

43), Papa Francesco mette in guardia i predicatori dall’uso di un linguaggio teologico specialistico che non è familiare agli uditori (cf. EG 158). Offre anche alcuni suggerimenti molto pratici:

Uno degli sforzi più necessari è imparare ad usare immagini nella predicazione, vale a dire a parlare con immagini. A volte si utilizzano esempi per rendere più comprensibile qualcosa che si intende spiegare, però quegli esempi spesso si rivolgono solo al ragionamento; le immagini, invece, aiutano ad apprezzare ed accettare il messaggio che si vuole trasmettere. Un’immagine attraente fa sì che il messaggio venga sentito come qualcosa di familiare, vicino, possibile, legato alla propria vita. Un’immagine ben riuscita può portare a gustare  il messaggio che si desidera trasmettere, risveglia un desiderio e motiva la volontà nella direzione del Vangelo (EG 157).

32 Il secondo passo, la meditatio, esplora ciò che il testo biblico dice. Papa Francesco propone una semplice ma penetrante domanda che può indirizzare la nostra riflessione: « “Signore, che cosa dice a me questo testo? Che cosa vuoi cambiare della mia vita con questo messaggio? Che cosa mi dà fastidio in questo testo? Perché questo non mi interessa?”, oppure: “Che cosa mi piace, che cosa mi stimola in questa Parola? Che cosa mi attrae? Perché mi attrae?” » (EG 153). Come insegna tuttavia la tradizione della lectio ciò non significa che, con la nostra personale riflessione, diventiamo noi gli arbitri finali di ciò che il testo dice.
Nell’evidenziare « ciò che il testo biblico ci dice » siamo guidati dalla Regola di fede della Chiesa, la quale prevede un principio importante dell’interpretazione biblica che aiuta ad evitare interpretazioni sbagliate o parziali (cf. EG 148). Pertanto, l’omileta riflette sulle letture alla luce del mistero pasquale della morte e risurrezione di Cristo ed estende la meditazione a come questo mistero opera nel Corpo di Cristo, che è la Chiesa, comprese le situazioni delle membra di questo Corpo che si riuniranno la domenica. Questo è il cuore della preparazione omiletica. È qui che la familiarità con gli scritti dei Padri della Chiesa e dei Santi può ispirare l’omileta nell’offrire al popolo una comprensione delle letture della Messa che possa nutrire davvero la vita spirituale. È ancora in questa fase di preparazione che egli può scorgere le implicazioni morali e dottrinali della Parola di Dio, per cui, com’è stato ricordato, il Catechismo della Chiesa Cattolica è una risorsa utilissima.

33. Di pari passo con la lettura delle Scritture nel contesto dell’intera Tradizione della fede cattolica, l’omileta deve riflettervi sopra anche alla luce del contesto della comunità che si riunisce per ascoltare la Parola di Dio. Come dice Papa Francesco, « il predicatore deve anche porsi in ascolto del popolo, per scoprire quello che i fedeli hanno bisogno di
sentirsi dire. Un predicatore è un contemplativo della Parola ed anche un contemplativo del popolo » (EG 154). Ragion per cui è utile cominciare a preparare l’omelia domenicale diversi giorni prima. Unitamente allo studio e alla preghiera, l’attenzione a ciò che accade in parrocchia come nella società in senso ampio, suggerirà percorsi di riflessione su quanto la Parola di Dio ha da dire a tale comunità nel momento presente. Frutto di questa meditazione sarà l’aggiornato discernimento, alla luce della morte e resurrezione di Cristo, in vista della vita della comunità e del mondo. Così il contenuto dell’omelia prenderà chiaramente forma.

34. Il terzo stadio della  lectio divina è l’oratioche si rivolge al Signore in risposta alla sua parola. Nell’esperienza individuale della  lectio questo è il momento per il dialogo spontaneo con Dio. Le reazioni alle letture sono espresse in termini di timore e di meraviglia, c’è chi è mosso a chiedere misericordia e aiuto, come vi può essere la semplice esplosione della lode, manifestazioni di amore e  di gratitudine. Questa svolta dalla meditazione alla preghiera, se considerata in ambito liturgico, evidenzia il legame strutturale tra le letture bibliche e il resto della Messa. Le intercessioni a conclusione della liturgia della Parola e, più profondamente, la liturgia eucarestia che segue, rappresentano la nostra risposta alla Parola di Dio in forma di supplica, invocazione, ringraziamento e lode. L’omileta dovrebbe cogliere l’occasione per porre l’accento su questa intima relazione, così che il popolo di Dio pervenga a un’esperienza più profonda della dinamica interna della liturgia.

Questa connessione può essere esplicitata anche in altri
modi. Il ruolo del predicatore non si limita all’omelia in se stessa: le
invocazioni del rito penitenziale (qualora si adotti la terza forma) e le
intercessioni nella Preghiera universale, possono fare riferimento alle
letture bibliche o a un aspetto dell’omelia. Le antifone di ingresso e alla
comunione, indicate nel

Messale Romano
per ogni celebrazione, riprendono di solito dei testi

biblici o sono chiaramente ad essi ispirati, dando così voce alla nostra
preghiera con le parole stesse della Scrittura. Nel caso non si adottino
queste antifone, i canti vanno scelti con attenzione e il sacerdote deve
guidare quanti sono coinvolti nel compito di animare il canto. Vi è un altro
modo con cui il sacerdote può evidenziare l’unità della celebrazione
liturgica: attraverso un uso attento delle opportunità offerte dall’Ordinamento
generale del Messale Romano
per brevi monizioni in alcuni momenti della

liturgia, dopo il saluto iniziale, prima della liturgia della Parola, prima
della Preghiera eucaristica e prima del congedo (cf. 31). Al riguardo ci
dovrebbe essere sempre grande cura e vigilanza. Ci
dev’essere una sola omelia per Messa
. Nel caso in cui il sacerdote

decida di dire qualche parola in uno di questi momenti, dovrebbe
preparare in anticipo una o due frasi concise che aiutino i presenti a
cogliere l’unità della celebrazione liturgica, senza addentrarsi in
prolungate spiegazioni.

35. Il passo finale della lectio
è la contemplatio, durante la quale, secondo le parole del Papa Benedetto

XVI, « cogliamo come un dono di Dio, il suo modo di vedere e giudicare
la realtà, e ci chiediamo: quale conversione della mente, del cuore e della vita chiede a noi il
Signore?
» (VD 87). Nella tradizione monastica questo quarto

gradino, ossia la contemplazione, era visto come il dono dell’unione con
Dio: immeritato, più grande di quanto i nostri sforzi possano mai
ottenere, un puro dono. Il processo principia a partire da un testo, per
approdare, al di là dei suoi singoli particolari, ad una visione di fede
del tutto, colto in uno sguardo intuitivo ed unitario. I Santi ci
svelano tali altezze, ma ciò che è dato ai Santi può essere di noi
tutti.

Considerato in ambito liturgico, il quarto passo, la
contemplazione, può essere motivo di consolazione e di speranza per
l’omileta, perché rimanda al fatto che, in definitiva, è Dio che agisce per
realizzare la sua Parola e che il processo di formazione in noi della
mentalità di Cristo si compie nell’arco di tutta la vita. L’omileta è
chiamato a fare ogni sforzo per predicare la Parola di Dio in maniera
efficace, sapendo però che alla fine accade come ha detto san Paolo: « Io ho
piantato, Apollo ha irrigato, ma era Dio che faceva crescere » (1
Cor
3, 6). Dovrebbe inoltre invocare lo Spirito Santo affinché lo

illumini nel preparare l’omelia, ma anche pregare spesso e con insistenza
perché il seme della Parola di Dio cada sul terreno buono per santificare
lui e quanti lo ascoltano, secondo modalità che superano ciò che egli è in
grado di dire e persino di immaginare.

36. Il Papa Benedetto XVI ha aggiunto un’appendice ai tradizionali
quattro stadi della lectio divina: « È bene poi ricordare che la
lectio divina non si conclude nella sua dinamica fino a quando non
arriva all’azione (actio),
che muove l’esistenza credente a farsi dono per gli altri nella carità »
(VD 87). Il che, nel contesto liturgico, evoca l’ « ite missa
est », ossia la missione del popolo di Dio ammaestrato dalla

Parola e nutrito dalla partecipazione al mistero pasquale grazie
all’Eucarestia. È significativo che l’Esortazione
Verbum Domini
si concluda con una lunga considerazione sulla Parola

di Dio nel mondo; la predicazione, combinata con il nutrimento
spirituale dei sacramenti ricevuti con fede, apre i membri
dell’assemblea liturgica a concrete espressioni di carità. Citando
l’insegnamento del Papa Giovanni Paolo II, secondo cui « la comunione e
la missione sono profondamente congiunte » (Esortazione apostolica

Christifides laici
32), Papa Francesco esorta tutti i credenti:

Fedele al modello del Maestro, è vitale che oggi la
Chiesa esca ad annunciare il Vangelo a tutti, in tutti i luoghi, in
tutte le occasioni, senza indugio, senza repulsioni e senza paura. La
gioia del Vangelo è per tutto il popolo, non può escludere nessuno (EG
23).

 

Parte Seconda



ARS PRAEDICANDI

 

37. Descrivendo il compito della predicazione, il Papa Francesco insegna
che « il suo centro e la sua essenza è sempre lo stesso: il Dio che ha
manifestato il suo immenso amore in Cristo morto e risorto » (EG 11). Lo
scopo di questa parte seconda del Direttorio omiletico
è di proporre esempi concreti e suggerimenti

per aiutare l’omileta a mettere in pratica i principi presentati in
questo documento, considerando le letture bibliche indicate dalla
liturgia attraverso la lente del mistero pasquale di Cristo, morto e
risorto. Non sono modelli di omelie, ma abbozzi che propongono modi di
accostare temi e testi nel corso dell’anno liturgico. I Praenotanda
del Lezionario offrono brevi descrizioni circa la scelta

delle letture « per aiutare i pastori d’anime a rendersi conto della
struttura dell’Ordinamento delle letture, in modo che ne sia fatto un
uso vitale e i fedeli ne traggano frutto » (OLM 92). Si faranno perciò
dei rimandi. Per quanto viene proposto intorno a qualsiasi testo della
Scrittura occorre tenere sempre presente che « la lettura del Vangelo
costituisce il culmine della stessa liturgia della Parola. Le altre
letture, proclamate secondo l’ordine tradizionale, cioè dall’Antico al
Nuovo Testamento, preparano l’assemblea radunata all’ascolto del Vangelo
» (OLM 13).

38. L’esposizione prende avvio dal Lezionario del Triduo Pasquale,
poiché costituisce il centro dell’anno liturgico ed alcuni dei passi più
importanti di entrambi i Testamenti sono proclamati in questi giorni
santissimi. Seguono riflessioni sul Tempo di Pasqua e sulla Pentecoste;
sono poi considerate le Domeniche di Quaresima. Altri esempi sono tratti dal ciclo di
Avvento-Natale-Epifania. Tale modo di procedere segue quanto Papa Benedetto
XVI ha definito « la sapiente pedagogia della Chiesa che proclama e ascolta
la sacra Scrittura seguendo il ritmo dell’anno liturgico ». E continua: « Al
centro di tutto risplende il Mistero Pasquale, al quale si collegano tutti i
misteri di Cristo e della storia della salvezza che si attualizzano
sacramentalmente » (VD 52). La proposta qui offerta non ha alcuna pretesa di
esaurire tutto ciò che si potrebbe dire per una data celebrazione o a
riguardo di ogni dettaglio dell’intero anno liturgico. Alla luce della
centralità del Mistero Pasquale, si offrono delle indicazioni su come
particolari testi potrebbero essere accordati in una determinata omelia. Il
modello suggerito negli esempi può essere adattato per le domeniche del
Tempo Ordinario e per altre occasioni. Tale modello può valere ed essere
utile pure per gli altri Riti della Chiesa Cattolica che utilizzano un
Lezionario differente dal Rito romano.

 


I. IL TRIDUO PASQUALE E IL TEMPO DI PASQUA


A. Lettura dell’Antico Testamento nel Giovedì Santo

39. « Il Giovedì Santo, alla Messa vespertina “Cena del Signore”, il
ricordo del convito che precedette la Passione, fa scorgere in una luce
tutta particolare sia l’esempio di Cristo che lava i piedi ai suoi
discepoli, sia le parole di Paolo sull’istituzione della Pasqua
cristiana nell’Eucaristia » (OLM 99). Il Triduo Pasquale inizia con la
Messa vespertina, nella quale la liturgia ricorda l’istituzione
dell’Eucaristia da parte del Signore. Gesù è entrato nella Passione con
la celebrazione della cena come prescritta nella prima lettura: ogni
parola ed immagine rimanda a ciò che Cristo stesso ha anticipato a tavola, la sua morte
portatrice di vita. Le parole tratte dal libro dell’Esodo (Es
12, 1-8, 11-14) trovano il loro significato finale nella cena pasquale

di Gesù, la stessa cena che ora stiamo celebrando.

40. « Ogni famiglia si assocerà al suo vicino per procurarsi un agnello
». Noi siamo tante famiglie convenute nello stesso luogo e abbiamo procurato
un agnello. « Il vostro agnello sia senza difetto, maschio, nato nell’anno
». Il nostro agnello senza difetto è Gesù stesso, l’Agnello di Dio. « Allora
tutta l’assemblea della comunità d’Israele lo immolerà al tramonto ».
Ascoltando queste parole, comprendiamo che siamo noi l’intera assemblea del
nuovo Israele, riunita al tramonto; Gesù si lascia immolare mentre consegna
il suo corpo e il suo sangue per noi. « Preso un po’ del suo sangue, lo
porranno sui due stipiti e sull’architrave delle case, in cui lo dovranno
mangiare … In quella notte ne mangeranno la carne arrostita al fuoco ».
Dobbiamo adempiere questi precetti mentre portiamo il sangue di Gesù alle
nostre labbra e consumiamo la carne dell’Agnello nel pane consacrato.

41. Viene raccomandato di consumare questo cibo « con i fianchi cinti, i
sandali ai piedi, il bastone in mano; lo mangerete in fretta, come chi sta
per fuggire ». Questa è una descrizione della nostra vita nel mondo. I
fianchi cinti suggeriscono prontezza alla fuga, ma evocano anche la scena
del
mandatum
descritto nel Vangelo di questa sera e nel gesto che segue

l’omelia: siamo chiamati a metterci al servizio del mondo, come viandanti,
la cui vera casa non è qui. È a questo punto della lettura, quando ci viene
intimato di mangiare in fretta come chi si sta preparando a fuggire, che il
Signore nomina solennemente la festa: « È la Pasqua (pesach
in ebraico) del Signore! In quella notte colpirò ogni primogenito nel paese … ma, io vedrò il sangue e passerò

oltre ». Il Signore combatte per noi, perché possiamo sconfiggere i nostri
nemici, il peccato e la morte, e ci protegge per mezzo del sangue
dell’Agnello.

42. Il solenne annuncio della Pasqua si conclude con un ultimo comando: «
Questo giorno sarà per voi un memoriale … lo celebrerete come un rito
perenne ». Non solo la fedeltà a questo comando mantiene viva la Pasqua in
ogni generazione dai tempi di Gesù e oltre, ma la nostra fedeltà al suo
comando « Fate questo in memoria di me », mantiene in comunione con la
Pasqua di Gesù ogni successiva generazione di cristiani. Ed è proprio quanto
compiamo in questo momento, mentre diamo inizio al Triduo di quest’anno. È
una « festa memoriale » istituita dal Signore, un « rito perenne », una
ri-attualizzazione liturgica del dono di se stesso da parte di Gesù.

 


B. Lettura dell’Antico Testamento nel Venerdì Santo

43. « L’azione liturgica del Venerdì Santo “Passione del Signore”
raggiunge il suo culmine nel racconto della Passione secondo Giovanni;
il Cristo, annunziato nel libro di Isaia come Servo del Signore, è
diventato di fatto l’unico sacerdote con l’offerta di se stesso al Padre
» (OLM 99). Il brano di Isaia (Is
52, 13-53, 12) è uno dei passi dell’Antico Testamento in cui, per la

prima volta, i cristiani hanno visto i profeti indicare la morte di
Cristo, e nel collegarlo con la Passione, seguiamo una tradizione
apostolica davvero antica, poiché è quanto fece Filippo nella
conversazione con l’eunuco etiope (cf. Atti
8, 26-40).

44. L’assemblea è consapevole del motivo del suo odierno convenire
insieme: ricordare la morte di Gesù. Le parole del profeta commentano, per così dire, dal punto di vista di Dio, la scena di
Gesù che pende dalla Croce. Siamo invitati a vedere la gloria nascosta nella
Croce: « Ecco, il mio servo avrà successo, sarà onorato, esaltato e molto
innalzato ». Lo stesso Gesù, nel Vangelo di Giovanni, in diverse occasioni
ha parlato del fatto di essere innalzato. È chiaro, in questo Vangelo, che
si intrecciano tre dimensioni di “elevazione”: sulla Croce, nella
Risurrezione e nell’Ascensione al Padre.

45. Subito dopo il glorioso inizio del “commento” del Padre, giunge
l’annuncio che fa da contrappunto: l’agonia della crocefissione. Il servo è
descritto come uno « tanto sfigurato per essere d’uomo il suo aspetto e
diversa la sua forma da quella dei figli dell’uomo ». In Gesù, la Parola
eterna non ha assunto soltanto la nostra carne umana, ma ha abbracciato
anche la morte nella sua forma più orribile e disumana. « Così si
meraviglieranno di lui molte nazioni; i re davanti a lui si chiuderanno la
bocca ». Parole queste, che descrivono la storia del mondo da quel primo
Venerdì Santo fino ad oggi: la storia della Croce ha stupito nazioni e le ha
convertite, come ne ha stupito altre spingendole invece ad allontanarne lo
sguardo. Le parole profetiche si applicano anche alla nostra comunità e
cultura, come alla schiera di “genti” presenti in ognuno di noi – le nostre
energie e inclinazioni che devono essere convertite al Signore.

46. Quella che segue non è più la voce di Dio, ma del profeta che dice: «
Chi avrebbe creduto al nostro annuncio? », per continuare in una descrizione
i cui dettagli portano a un’ulteriore contemplazione della Croce che
intreccia passione e passaggio, sofferenza e gloria. L’intensità della
sofferenza è ulteriormente narrata con una precisione tale che ci permette
di comprendere quanto, per i primi cristiani, fosse naturale leggere testi di questo genere e interpretarli come presagi profetici di
Cristo, intuendone la gloria nascosta. Così, come dice il profeta, questa
tragica figura è piena di significato per noi: « Eppure egli si è caricato
delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori, per le sue piaghe
noi siamo stati guariti ».

47. Viene predetto anche l’atteggiamento interiore di Gesù davanti alla
Passione: « maltrattato, si lasciò umiliare … era come agnello condotto al
macello … e non aprì la sua bocca … ». Sono tutte esperienze sensazionali e
sorprendenti. Di fatto però, anche la Risurrezione è indirettamente
preannunciata in quanto il profeta dice: « Quando offrirà se stesso in
sacrificio di riparazione, vedrà una discendenza, vivrà a lungo ». Tutti i
credenti sono quei discendenti; la sua “lunga vita” è la vita eterna che il
Padre gli dona nel farlo risorgere dalla morte. E ora si ode di nuovo la
voce del Padre, che continua a proclamare la promessa della Risurrezione: «
Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e si sazierà della sua conoscenza
… Perciò io gli darò in premio le moltitudini, dei potenti egli farà
bottino, perché ha spogliato se stesso fino alla morte … mentre egli portava
il peccato di molti e intercedeva per i colpevoli ».

 


C. Letture dell’Antico Testamento nella Veglia Pasquale

48. « Per la Veglia pasquale nella Notte Santa son proposte sette
letture dall’Antico Testamento che rievocano i fatti mirabili compiuti
da Dio nella storia della salvezza e due dal Nuovo e cioè l’annunzio
della risurrezione secondo i tre Vangeli sinottici e la lettura
dell’Apostolo sul Battesimo cristiano come sacramento della risurrezione
di Cristo » (OLM 99). La Veglia Pasquale, come indicato dal Missale Romanum,
« è la più importante e la più nobile tra tutte le solennità » (Vigilia
paschalis
, 2). La lunga durata della Veglia non consente un commento

esteso alle sette letture dell’Antico Testamento, ma è bene notare che sono
centrali, essendo testi rappresentativi che proclamano parti essenziali
della teologia dell’Antico Testamento, dalla creazione al sacrificio di
Abramo, fino alla più importante lettura, l’Esodo. Le quattro letture
seguenti annunciano i temi cruciali dei profeti. Una comprensione di questi
testi in relazione al mistero pasquale, così esplicita nella Veglia
Pasquale, può ispirare l’omileta quando queste o simili letture sono
proposte in altri momenti dell’anno liturgico.

49. Nel contesto della liturgia di questa notte, mediante queste letture,
la Chiesa ci porta al loro momento culminante con il racconto del Vangelo
della risurrezione del Signore. Siamo immersi nel flusso della storia della
salvezza per mezzo dei sacramenti dell’iniziazione celebrati in questa
Veglia, come ci ricorda il bellissimo passo di Paolo sul Battesimo. Sono
chiarissimi in questa notte i collegamenti tra la creazione e la vita nuova
in Cristo, tra l’Esodo storico e quello definitivo del mistero pasquale di
Gesù, al quale tutti i fedeli prendono parte per mezzo del Battesimo, tra le
promesse dei profeti e la loro realizzazione nei misteri liturgici
celebrati. Collegamenti, questi, che possono essere sempre richiamati nel
corso dell’anno liturgico.

50. Una ricchissima risorsa per comprendere le connessioni tra i temi
dell’Antico Testamento e il loro compimento nel mistero pasquale di Cristo è
offerta dalle orazioni che seguono ogni lettura. Esse esprimono, con
semplicità e chiarezza, il profondo significato cristologico e sacramentale
dei testi dell’Antico Testamento, dato che parlano della creazione, del sacrificio,
dell’esodo, del battesimo, della misericordia di Dio,
dell’alleanza eterna, del lavacro dal peccato, della redenzione e della vita
in Cristo. Possono fungere da scuola di preghiera per l’omileta non solo in
preparazione alla Veglia Pasquale ma anche lungo il corso dell’anno, quando
vi siano testi simili a quelli proclamati in questa notte. Altra utile
risorsa per interpretare brani della Scrittura è il Salmo responsoriale che
segue ognuna delle sette letture, poemi cantati dai cristiani che sono morti
con Cristo e che ora condividono con lui la sua vita risorta. Non si
dovrebbero trascurare i Salmi neppure nel resto dell’anno, dal momento che
mostrano come la Chiesa interpreti tutta la Scrittura alla luce di Cristo.

 

D. Lezionario Pasquale

51. « La lettura del Vangelo per la Messa nel giorno di Pasqua è tratta
da Giovanni e fa riferimento al sepolcro vuoto. Si possono però leggere
come facoltativi anche i testi dei Vangeli proposti per la notte santa,
oppure, nella Messa vespertina, il racconto di Luca sull’apparizione ai
discepoli in cammino verso Emmaus. La prima lettura è tratta dagli Atti
degli Apostoli, che nel Tempo pasquale, sostituiscono la lettura
dell’Antico Testamento. La lettura dell’Apostolo si sofferma sul mistero
pasquale, così come deve essere vissuto nella Chiesa. Fino alla III
domenica di Pasqua le letture del Vangelo riportano le apparizioni di
Cristo risorto. Le letture sul Buon Pastore sono assegnate alla IV
domenica di Pasqua. Nella V, VI e VII domenica di Pasqua si leggono
stralci del discorso e della preghiera del Signore dopo l’ultima cena »
(OLM 99-100). La ricca serie di letture dell’Antico e del Nuovo
Testamento ascoltate nel Triduo rappresenta uno dei momenti più intensi
della proclamazione del Signore risorto nella vita della Chiesa e intende essere
istruttiva e formativa per il popolo di Dio lungo tutto l’anno liturgico.
Nel corso della Settimana Santa e del Tempo di Pasqua, basandosi sugli
stessi testi biblici, l’omileta avrà ripetute occasioni di mettere l’accento
sulla Passione, Morte e Risurrezione di Cristo quale contenuto centrale
delle Scritture. È questo il tempo liturgico privilegiato in cui l’omileta
può e deve far risuonare la fede della Chiesa su quanto rappresenta il cuore
della sua proclamazione: Gesù Cristo morì per i nostri peccati « secondo le
Scritture » (1
Cor
15, 3), ed è risuscitato il terzo giorno « secondo le Scritture » (1
Cor
15, 4).

52. In primo luogo c’è l’opportunità, specialmente nelle prime tre
domeniche, di trasmettere le varie dimensioni della lex
credendi
della Chiesa in un tempo privilegiato come questo. I paragrafi

del
Catechismo della Chiesa Cattolica
che trattano della risurrezione (CCC

638-658) sono, infatti, la spiegazione di molti dei vari testi biblici
chiave proclamati nel tempo pasquale. Tali paragrafi possono essere una
guida sicura per l’omileta che ha il compito di spiegare al popolo
cristiano, sulla base dei testi della Scrittura, ciò che il
Catechismo
a sua volta chiama, in vari capitoli, « l’avvenimento storico

e trascendente » della risurrezione, il significato « delle apparizioni del
Risorto », « lo stato dell’umanità di Cristo risuscitata » e « la
Risurrezione – opera della Santissima Trinità ».

53. In secondo luogo, nelle domeniche del Tempo di Pasqua la prima
lettura non è tratta dall’Antico Testamento bensì dagli Atti degli Apostoli.
Molti brani riferiscono esempi della primissima predicazione apostolica, in
cui possiamo riconoscere quanto gli stessi apostoli impiegassero le
Scritture per annunciare il significato della morte e resurrezione di Gesù.

Altri brani raccontano le conseguenze di quest’ultima ed i suoi effetti
sulla vita della comunità cristiana. A partire da questi passi, l’omileta ha
in mano alcuni dei suoi più forti e fondamentali strumenti. Vede come gli
apostoli si sono serviti delle Scritture per annunciare la morte e
risurrezione di Gesù e si comporta allo stesso modo, non solo a proposito
del passo che sta trattando ma adottando uno stile simile per l’intero anno
liturgico. Riconosce inoltre la potenza della vita del Signore risorto
all’opera nelle prime comunità e proclama con fede al popolo che la stessa
potenza è ancora operante tra di noi.

54. In terzo luogo, l’intensità della Settimana Santa con il Triduo
Pasquale, seguito dalla gioiosa celebrazione dei cinquanta giorni culminanti
a Pentecoste, è per gli omileti un tempo eccellente per tessere collegamenti
tra le Scritture e l’Eucaristia. Proprio nel gesto dello “spezzare il pane”
– ricorda il totale dono di sé da parte di Gesù nell’ultima cena e poi sulla
croce – i discepoli si sono resi conto di quanto ardeva il loro cuore mentre
il Signore apriva loro le menti a comprendere le Scritture. Ancora oggi è
auspicabile un analogo schema di comprensione. L’omileta si adopera con
diligenza per spiegare le Scritture, ma il significato più profondo di
quanto dice emergerà dallo “spezzare il pane” nella stessa liturgia se egli
avrà saputo far risaltare questa connessione (cf. VD 54). L’importanza di
tali collegamenti è stata richiamata chiaramente da Papa Benedetto XVI nella

Verbum Domini
:

Da questi racconti emerge come la Scrittura stessa
orienti a cogliere il suo nesso indissolubile con l’Eucaristia. « Si
deve quindi sempre tener presente che la parola di Dio, dalla Chiesa
letta e annunziata nella liturgia, porta in qualche modo, come al suo
stesso fine, al sacrificio dell’alleanza e al convito della grazia,
cioè all’Eucaristia ». Parola ed Eucaristia si appartengono

così intimamente da non poter essere comprese l’una senza
l’altra: la Parola di Dio si fa carne sacramentale nell’evento
eucaristico. L’Eucaristia ci apre all’intelligenza della sacra
Scrittura, così come la sacra Scrittura a sua volta illumina e spiega il
Mistero eucaristico (VD 55).

55. In quarto luogo, dalla V Domenica di Pasqua la dinamica delle
letture bibliche si sposta dalla celebrazione della risurrezione del
Signore alla preparazione del culmine del Tempo di Pasqua, la venuta
dello Spirito Santo a Pentecoste. Il fatto che i passi evangelici di
queste Domeniche siano tutti tratti dai discorsi di Cristo al termine
dell’Ultima Cena, ne svela il profondo significato eucaristico. Le
letture e le orazioni offrono all’omileta l’occasione di esporre quale
sia il ruolo dello Spirito Santo nel vivente cammino della Chiesa. I
paragrafi del Catechismo concernenti « lo Spirito e la Parola di Dio nel
tempo delle promesse » (CCC 702-716) si riferiscono alle letture della
Veglia Pasquale, viste in rapporto all’opera dello Spirito Santo, mentre
i paragrafi riguardanti il tema « lo Spirito Santo e la Chiesa nella
liturgia » (CCC 1091-1109) possono essere d’aiuto all’omileta
nell’illustrare come lo Spirito Santo renda presente nella liturgia il
mistero pasquale di Cristo.

56. Con una omiletica che incarna questi principi e le prospettive
risaltanti lungo il Tempo Pasquale, il popolo cristiano arriverà pronto
a celebrare la solennità di Pentecoste, in cui Dio Padre, « nel suo
Verbo, incarnato, morto e risorto per noi, ci colma delle sue
benedizioni e per suo mezzo effonde nei nostri cuori il dono che
racchiude tutti i doni: lo Spirito Santo » (CCC 1082). La lettura di
questo giorno, tratta dagli Atti degli Apostoli, racconta l’evento
stesso della Pentecoste, mentre il Vangelo offre la narrazione di ciò
che accadde la sera della Domenica di Pasqua. Il Signore risorto alitò sui discepoli e disse:
« Ricevete lo Spirito Santo » (Gv
20, 22). La Pasqua è

Pentecoste. La Pasqua è già il dono dello Spirito Santo. Pentecoste,
tuttavia, è la convincente manifestazione della Pasqua a tutte le genti,
poiché riunisce molte lingue nell’unico nuovo linguaggio che comprende le «
grandi opere di Dio » (At
2, 11) manifestate e rivelate nella morte e risurrezione di Gesù. Nella

celebrazione eucaristica poi, la Chiesa prega: « Manda, o Padre, lo Spirito
Santo promesso dal tuo Figlio, perché riveli pienamente ai nostri cuori il
mistero di questo sacrificio, e ci apra alla conoscenza di tutta la verità »
(orazione sulle offerte). Per i fedeli, la partecipazione alla Santa
Comunione in questo giorno diventa l’evento della loro Pentecoste. Mentre si
recano in processione a ricevere il Corpo e il Sangue del Signore,
l’antifona alla Comunione pone sulle loro labbra il canto di versetti della
Scrittura tratti dal racconto di Pentecoste, che dice: « Tutti furono
ripieni di Spirito Santo e proclamavano le grandi opere di Dio. Alleluia ».
Questi versetti trovano il loro compimento nei fedeli che ricevono
l’Eucaristia. L’Eucaristia è
Pentecoste.

 


II. LE DOMENICHE DI QUARESIMA

57. Se il Triduo Pasquale e i successivi Cinquanta Giorni sono il centro
radioso dell’anno liturgico, la Quaresima è il tempo che prepara le
menti ed i cuori del popolo cristiano alla degna celebrazione di questi
giorni. È anche il tempo dell’ultima preparazione dei catecumeni che
saranno battezzati nella Veglia Pasquale. Il loro cammino ha bisogno di
essere accompagnato dalla fede, dalla preghiera e dalla testimonianza di
tutta la comunità ecclesiale. Le letture bibliche del Tempo di Quaresima
trovano il loro senso più profondo in relazione al mistero pasquale a cui
ci dispongono. Offrono pertanto evidenti occasioni per mettere in pratica un
principio fondamentale presentato in questo

Direttorio
: ricondurre le letture della Messa al loro centro che è il

Mistero Pasquale di Gesù, nel quale entriamo in modo più profondo mediante
la celebrazione dei sacramenti pasquali. I
Praenotanda
registrano, per le prime due Domeniche di Quaresima, l’uso

tradizionale dei racconti evangelici della Tentazione e della
Trasfigurazione, parlandone in relazione con le altre letture: « Le letture
dell’Antico Testamento si riferiscono alla storia della salvezza, uno dei
temi specifici della catechesi quaresimale. Si ha così, per ogni anno, una
serie di testi, nei quali sono presentate le fasi salienti della storia
stessa, dall’inizio fino alla promessa della Nuova Alleanza. Le letture
dell’Apostolo sono scelte con il criterio di farle concordare tematicamente
con quelle del Vangelo e dell’Antico Testamento e presentarle tutte nel più
stretto rapporto possibile fra di loro » (OLM 97).

 


A. Il Vangelo della I Domenica di Quaresima

58. Non è difficile per i fedeli collegare i quaranta giorni trascorsi
da Gesù nel deserto con i giorni della Quaresima. Conviene che l’omileta
espliciti questa connessione, affinché il popolo cristiano comprenda
come ogni anno la Quaresima renda i fedeli mistericamente partecipi di
questi quaranta giorni di Gesù e di ciò che egli patì e ottenne,
mediante il digiuno e l’essere tentato. Mentre è consuetudine per i
Cattolici impegnarsi in varie pratiche penitenziali e di devozione
durante questo tempo, è importante sottolineare la realtà profondamente
sacramentale
dell’intera Quaresima. Nell’orazione colletta della

I Domenica di Quaresima ricorre infatti questa significativa espressione:
« per annua quadragesimalis exercitia sacramenti ». Cristo stesso è presente
e operante nella Chiesa in questo tempo santo, ed è la sua opera
purificatrice nelle membra del suo Corpo a dare valore salvifico alle nostre
pratiche penitenziali. Il prefazio assegnato a questa Domenica afferma
meravigliosamente tale idea dicendo: « Egli consacrò l’istituzione del tempo
penitenziale con il digiuno di quaranta giorni ». Il linguaggio del prefazio
fa da ponte tra la Scrittura e l’Eucarestia.

59. I quaranta giorni di Gesù evocano i quarant’anni di peregrinazione di
Israele nel deserto; l’intera storia di Israele si concentra in lui. Perciò
appare come una scena in cui si concentra uno dei maggiori temi di questo
Direttorio: la storia di Israele, che corrisponde alla storia della
nostra vita, trova il suo senso definitivo nella Passione sofferta da Gesù.
La Passione comincia, in un certo senso, già nel deserto, all’inizio,
metaforicamente parlando, della vita pubblica di Gesù. Sin dal principio,
pertanto, Gesù va incontro alla Passione e da ciò trae significato tutto ciò
che segue.

60. Un paragrafo del
Catechismo della Chiesa Cattolica
può rivelarsi utile nella preparazione

delle omelie, in particolare nell’affrontare temi dottrinali radicati nel
testo biblico. A proposito delle tentazioni di Gesù, il
Catechismo
asserisce:

Gli evangelisti rilevano il senso salvifico di questo
misterioso avvenimento. Gesù è il nuovo Adamo, rimasto fedele mentre il
primo ha ceduto alla tentazione. Gesù compie perfettamente la vocazione
d’Israele: contrariamente a coloro che in passato provocarono Dio
durante i quaranta anni nel deserto, Cristo si rivela come il Servo di
Dio obbediente in tutto alla divina volontà. Così Gesù è vincitore del
diavolo: egli ha legato l’uomo forte per riprendergli il suo bottino. La vittoria di
Gesù sul tentatore nel deserto anticipa la vittoria della passione,
suprema obbedienza del suo amore filiale per il Padre (CCC 539).

61. Le tentazioni cui Gesù è sottoposto rappresentano la lotta contro
una comprensione distorta del sua missione messianica. Il diavolo lo
spinge a mostrarsi un Messia che dispiega i propri poteri divini: « Se
tu sei Figlio di Dio … » esordisce il tentatore. Il che profetizza la
lotta decisiva che Gesù dovrà affrontare sulla croce, quando udrà le
parole di derisione: « Salva te stesso scendendo dalla croce! ». Gesù
non cede alle tentazioni di Satana, né scende dalla croce. È esattamente
in questo modo che Gesù dà prova di entrare davvero nel deserto
dell’esistenza umana e non usa il suo potere divino a proprio vantaggio.
Egli accompagna veramente il nostro pellegrinaggio terreno e rivela il
reale potere di Dio, quello di amarci « fino alla fine » (Gv
13, 1).

62. L’omileta dovrebbe sottolineare che Gesù è soggetto alla tentazione
e alla morte per solidarietà con noi. Ma la Buona Notizia che l’omileta
annuncia non è soltanto la solidarietà di Gesù con noi nella sofferenza;
annuncia anche la vittoria di Gesù sulla tentazione e sulla morte,
vittoria che condivide con tutti coloro che credono in lui. La garanzia
decisiva che tale vittoria è condivisa da tutti i credenti sarà la
celebrazione dei sacramenti pasquali nella Veglia Pasquale, verso cui la
prima domenica di Quaresima è già orientata. L’omileta si muove verso la
medesima direzione.

63. Gesù ha resistito alla tentazione del demonio che lo induceva a
trasformare le pietre in pane, ma, alla fine e in un modo che la mente
umana non avrebbe mai potuto immaginare, con la sua risurrezione egli trasforma la “pietra” della morte in “pane” per
noi. Attraverso la morte diventa il pane dell’Eucaristia. L’omileta dovrebbe
ricordare all’assemblea che si ciba di questo pane celeste, che la vittoria
di Gesù sulla tentazione e sulla morte, condivisa tramite il sacramento,
trasforma i loro « cuori di pietra in cuori di carne », come promesso dal
Signore mediante il profeta, cuori che si sforzano di rendere tangibile
nella loro vita quotidiana l’amore misericordioso di Dio. Allora la fede
cristiana può divenire lievito in un mondo affamato di Dio e le pietre
vengono davvero trasformate in cibo che riempie il vivo desiderio del cuore
umano.

 


B. Il Vangelo della II Domenica di Quaresima

64. Il brano evangelico della II Domenica di Quaresima è sempre il
racconto della Trasfigurazione. È curioso come la gloriosa e inattesa
trasfigurazione del corpo di Gesù, alla presenza dei tre discepoli
prescelti, abbia luogo subito dopo la prima predizione della Passione.
(Gli stessi tre discepoli – Pietro, Giacomo e Giovanni – staranno con
Gesù durante l’agonia nel Getsemani, alla vigilia della Passione). Nel
contesto dell’intera narrazione, in ognuno dei tre Vangeli, Pietro ha
appena confessato la sua fede in Gesù come Messia. Gesù accetta questa
confessione, ma subito dopo si rivolge ai discepoli e spiega loro che
tipo di Messia egli è: « cominciò a insegnare loro che il Figlio
dell’uomo doveva soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai
capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni,
risorgere ». Successivamente passa a insegnare che cosa comporti seguire
il Messia: « Se qualcuno vuol venire dietro di me rinneghi se stesso,
prenda la sua croce e mi segua ». È dopo questo evento che Gesù prese i
tre discepoli e li portò su di un monte alto, e qui dal suo corpo sfolgora la gloria divina;
ed apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con Gesù. Questi era ancora
intento a parlare, quando una nube, segno della presenza divina, come già
sul monte Sinai, lo avvolse insieme ai discepoli. Dalla nube si levò una
voce, proprio come sul Sinai il tuono avvertiva che Dio stava parlando con
Mosè e gli dava la Legge, la Torah. Questa è la voce del Padre, che rivela
l’identità più profonda di Gesù e l’attesta dicendo: « Questi è il Figlio
mio, l’amato: ascoltatelo! » (Mc
9, 7).

65. Molti temi e modelli evidenziati nel presente
Direttorio
si concentrano in questa scena sorprendente. Chiaramente,

croce e gloria sono associate. Chiaramente, l’intero Antico Testamento,
rappresentato da Mosè ed Elia, attesta che croce e gloria sono associate.
L’omileta deve toccare questi argomenti e spiegarli. Probabilmente la
miglior sintesi del significato di tale mistero è offerta dalle bellissime
parole del prefazio di questa domenica. Iniziando la Preghiera eucaristica,
il sacerdote, a nome di tutto il popolo, ringrazia Dio per mezzo di Cristo
nostro Signore per il mistero della trasfigurazione: « Egli, dopo aver dato
ai suoi discepoli l’annunzio della sua morte, sul santo monte manifestò la
sua gloria e chiamando a testimoni la legge e i profeti indicò agli apostoli
che solo attraverso la Passione possiamo giungere a trionfo della
Risurrezione ». Con queste parole, in questo giorno, la comunità si apre
alla Preghiera eucaristica.

66. In ciascuno brano dei Sinottici la voce del Padre identifica in Gesù
il suo Figlio amato e ordina: « Ascoltatelo ». Al centro di questa scena di
gloria trascendente, l’ordine del Padre sposta l’attenzione sulla via che
porta alla gloria. È come se dicesse: « Ascoltatelo, in lui c’è la pienezza
del mio amore, che si rivelerà sulla croce ». Questo insegnamento è una nuova Torah, la
nuova Legge del Vangelo, data sul monte santo con al centro la grazia dello
Spirito Santo, data a quanti pongono la loro fede in Gesù e nei meriti della
sua croce. Poiché egli insegna questa via, la gloria sfolgora dal corpo di
Gesù ed è rivelato dal Padre quale Figlio amato. Non ci siamo qui forse
addentrati nel cuore del mistero trinitario? Nella gloria del Padre vediamo
la gloria del Figlio, inscindibilmente unita alla croce. Il Figlio rivelato
nella trasfigurazione è « luce da luce », come afferma il Credo; questo
momento, nelle sacre Scritture, è certo una delle più forti autorità per la
formula del Credo.

67. La Trasfigurazione occupa un posto fondamentale nel Tempo di
Quaresima, poiché l’intero Lezionario quaresimale è una guida che prepara
l’eletto tra i catecumeni a ricevere i sacramenti dell’iniziazione nella
Veglia Pasquale, così come prepara tutti i fedeli a rinnovarsi nella vita
nuova a cui sono rinati. Se la I Domenica di Quaresima è rimando
particolarmente efficace alla solidarietà che Gesù condivide con noi nella
tentazione, la II Domenica ci ricorda che la gloria sfolgorante del corpo di
Gesù è la medesima che egli vuole condividere con tutti i battezzati nella
sua morte e risurrezione. L’omileta, per dar fondamento a questo, può
giustamente ricorrere alle parole e all’autorità di san Paolo, dove
asserisce che « Cristo trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo
al suo corpo glorioso » (Fil
3, 21). Questo versetto si trova nella seconda lettura del ciclo C, ma

può ben evidenziare succintamente, in ogni anno, quanto sottolineato.

68. In questa Domenica, mentre i fedeli si accostano in processione alla
Comunione, la Chiesa, fa cantare nell’antifona le parole del Padre udite nel
Vangelo: « Questo è il mio Figlio prediletto nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo ». Ciò che i tre
prescelti discepoli odono e contemplano nella trasfigurazione, viene ora
esattamente a convergere con l’evento liturgico, nel quale i fedeli ricevono
il Corpo e il Sangue del Signore. Nell’orazione dopo la Comunione
ringraziamo Dio perché « a noi ancora pellegrini sulla terra fai pregustare
i beni del cielo ». Mentre sono quaggiù, i discepoli vedono la gloria divina
risplendere nel corpo di Gesù. Mentre sono quaggiù, i fedeli ricevono il suo
Corpo e Sangue e odono la voce del Padre che dice ad essi nell’intimità dei
loro cuori: « Questo è il mio Figlio prediletto nel quale mi sono
compiaciuto. Ascoltatelo ».

 


C. La III, IV e V Domenica di Quaresima

69. « Nelle tre domeniche seguenti sono ripresi, per l’anno A, i brani
evangelici della Samaritana, del cieco nato e della risurrezione di
Lazzaro; considerata poi la grande importanza di questi brani in
rapporto all’iniziazione cristiana, è data possibilità di leggerli anche
negli anni B e C, specialmente quando vi sono dei catecumeni. Tuttavia,
per gli anni B e C sono riportati anche altri testi e cioè: per l’anno
B, pericopi dal Vangelo di Giovanni sulla futura glorificazione di
Cristo attraverso la croce e la risurrezione; per l’anno C, pericopi dal
Vangelo di Luca sulla conversione. (…) Quanto alle letture della
Samaritana, del cieco nato e della risurrezione di Lazzaro, che ora si
proclamano in domenica, ma solo nell’anno A (per gli anni B e C sono,
infatti, soltanto facoltative), si è trovato il modo di riprenderle
anche nelle celebrazioni feriali, inserendo, all’inizio delle settimane
II, IV e V, un formulario di
Messa ad libitum con questi testi: formulario che si può usare, in
luogo di quello fissato, in qualsiasi giorno della settimana corrispondente » (OLM 97
e 98). La forza catechetica del Tempo di Quaresima è particolarmente
evidenziata dalle letture e dalle preghiere delle Domeniche del Ciclo A. È
evidente la connessione dei temi dell’acqua, della luce e della vita con il
battesimo: attraverso questi brani biblici e le preghiere della liturgia, la
Chiesa guida gli eletti verso l’iniziazione sacramentale a Pasqua. La loro
preparazione finale è di fondamentale importanza, come appare dai testi di
preghiera usati negli Scrutini.

E per gli altri? È utile che l’omileta inviti i suoi
ascoltatori a vedere la Quaresima come tempo per rinvigorire la grazia del
battesimo e per purificare la fede che hanno ricevuto. Tale processo può
essere spiegato alla luce della comprensione che Israele ha avuto
dell’esperienza dell’Esodo. Un evento cruciale per la formazione di Israele
come popolo di Dio, per la scoperta dei propri limiti ed infedeltà ma anche
dell’amore fedele e immutabile di Dio. È servito da paradigma interpretativo
del cammino con Dio lungo tutta la storia seguente di Israele. Così per noi,
la Quaresima è tempo in cui, nel deserto della nostra esistenza presente,
con le sue difficoltà, paure e infedeltà, scopriamo la vicinanza di Dio che,
nonostante tutto, ci sta guidando verso la nostra Terra Promessa. È un
momento fondamentale per la vita di fede, che è una sfida per noi. Le grazie
del battesimo, ricevute appena nati, non possono essere dimenticate, anche
se i peccati accumulati e gli errori umani potrebbero far pensare della loro
assenza. Il deserto è il luogo che mette alla prova la nostra fede ma anche
la purifica e la rafforza se impariamo a fondarci su Dio, nonostante le
esperienze contrarie. Il tema di base, in queste tre domeniche, concerne il
modo in cui la fede va continuamente alimentata nonostante il peccato (la
Samaritana), l’ignoranza (il cieco) e la morte (Lazzaro). Sono questi i
“deserti” che attraversiamo nel corso della vita e nei quali scopriamo di non essere
soli, perché Dio è con noi.

70. Il nesso tra quanti si preparano al battesimo e gli altri fedeli
intensifica il dinamismo del Tempo di Quaresima e l’omileta dovrebbe
fare lo sforzo di collegare l’insieme della comunità con il cammino di
preparazione degli eletti. Quando si celebrano gli Scrutini è bene
adottare, nella Preghiera eucaristica, la formula relativa ai padrini;
ciò può aiutare a ricordare che ciascun membro dell’assemblea ha un
ruolo attivo come “sponsor” dell’eletto e nel condurre altri a Cristo.
Noi credenti siamo chiamati, come la Samaritana, a condividere la nostra
fede con altri. Perciò a Pasqua i nuovi iniziati potranno annunciare al
resto della comunità: « Non è più per i vostri discorsi che noi
crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è
veramente il Salvatore del mondo ».

71. La III Domenica di Quaresima ci riporta nel deserto, con Gesù e con
Israele, prima di lui. Gli Israeliti sono assetati e il patire la sete
li porta a dubitare della validità del viaggio intrapreso su invito di
Dio. La situazione sembra senza speranza, ma l’aiuto giunge da una fonte
quanto mai sorprendente: nel momento in cui Mosè colpisce la dura roccia
ne scaturisce l’acqua! C’è tuttavia una materia ancor più dura e
inflessibile, che è il cuore umano. Il Salmo responsoriale lancia un
eloquente appello a tutti coloro che lo cantano ed ascoltano: «
Ascoltate oggi la voce del Signore: non indurite il vostro cuore ».
Nella seconda lettura, Paolo annuncia come l’appoggio sul quale fondarci
è la fede, la quale per mezzo di Cristo, dà accesso alla grazia di Dio,
foriera a sua volta di speranza. Questa speranza poi non delude perché
l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori, rendendoci capaci di
amare. Questo amore divino non ci è stato dato come ricompensa dei nostri meriti, poiché ci è stato
dato mentre eravamo ancora peccatori, essendo Cristo morto per noi
peccatori. In questi pochi versetti, l’Apostolo ci invita a contemplare
tanto il mistero della Trinità quanto le virtù della fede, speranza e
carità.

È in questo ambito che avviene l’incontro tra Gesù e la
Samaritana, una conversazione profonda perché parla delle realtà
fondamentali della vita eterna e del vero culto. È una conversazione
illuminante, poiché manifesta la pedagogia della fede. All’inizio Gesù e la
donna discutono su piani diversi. L’interesse pratico e concreto della donna
è centrato sull’acqua e sul pozzo. Gesù, incurante della sua preoccupazione
concreta, insiste nel parlare dell’acqua viva della grazia. Fino a che i
loro discorsi giungono ad incontrarsi. Gesù tocca il fatto più doloroso
della vita della donna: la sua situazione matrimoniale irregolare. L’aver
riconosciuto la sua fragilità le apre immediatamente la mente al mistero di
Dio e allora pone domande circa il culto. Quando accoglie l’invito a credere
in Gesù quale Messia, è riempita di grazia e si affretta a condividere
quanto ha appreso con i propri concittadini.

La fede, nutrita dalla Parola di Dio, dall’Eucaristia e
dal mettere in pratica la volontà del Padre, apre al mistero della grazia,
illustrato con l’immagine dell’”acqua viva”. Mosè colpì la roccia e ne
scaturì l’acqua; il soldato trafisse il costato di Cristo e ne scaturì
sangue ed acqua. Memore di ciò, sono queste le parole che la Chiesa pone
sulle labbra di quanti si avviano in processione per ricevere la Comunione:
« Chi beve dell’acqua che io gli darò, dice il Signore, avrà in sé una
sorgente che zampilla fino alla vita eterna».

72. Non siamo i soli ad essere assetati. Il prefazio della Messa di oggi
dice: « Egli chiese alla Samaritana l’acqua da bere, per farle il grande dono della fede, e di questa fede ebbe sete così ardente
da accendere in lei la fiamma del tuo amore ». Quel Gesù che sedeva accanto
al pozzo era stanco e assetato. (L’omileta, infatti, potrebbe far risaltare
come i brani evangelici di queste tre domeniche mettano in luce l’umanità di
Cristo: la sua stanchezza mentre è seduto presso il pozzo, il suo impastare
del fango con la saliva per guarire il cieco e le sue lacrime alla tomba di
Lazzaro). La sete di Gesù raggiungerà il culmine negli ultimi istanti di
vita, quando dalla croce grida: « Ho sete! ». Questo significa per Gesù fare
la volontà di Colui che lo ha mandato e compiere la sua opera. Poi dal suo
Cuore trafitto scaturisce la vita eterna che ci alimenta nei sacramenti,
donando a noi, che adoriamo in spirito e verità, il cibo di cui abbiamo
bisogno per progredire nel nostro pellegrinaggio.

73. La IV Domenica di Quaresima è soffusa di luce, una luce evidenziata
in questa Domenica “Laetare” dalle vesti liturgiche di sfumatura più chiara
e dai fiori che adornano la chiesa. L’associazione tra mistero pasquale,
battesimo e luce, è colta sinteticamente da un versetto della seconda
lettura: « Svegliati, tu che dormi, risorgi dai morti, e Cristo ti
illuminerà ». Questa associazione riecheggia e trova ulteriore elaborazione
nel prefazio: « Nel mistero della sua incarnazione egli si è fatto guida
dell’uomo che camminava nelle tenebre, per condurlo alla grande luce della
fede. Con il sacramento della rinascita ha liberato gli schiavi dall’antico
peccato per elevarli alla dignità di figli ». Tale illuminazione, inaugurata
con il battesimo, è rafforzata ogni volta che riceviamo l’Eucaristia,
momento che è sottolineato dalle parole del cieco riferite nell’antifona
alla Comunione: « Il Signore ha spalmato un po’ di fango sui miei occhi:
sono andato, mi sono lavato, ho acquistato la vista, ho creduto in Dio ».

74. Non è, tuttavia, un cielo sgombro di nubi, quello che contempliamo
in questa Domenica. Il processo del “vedere” è, nella pratica, molto più
complesso di come viene descritto nel conciso racconto del cieco. La
prima lettura ci mette sull’avviso: « Non guardare al suo aspetto né
alla sua alta statura … infatti, l’uomo vede l’apparenza, ma il Signore
vede il cuore ». Si tratta di un avvertimento salutare tanto per gli
eletti, dei quali cresce l’attesa mentre si avvicinano a Pasqua, quanto
per il resto della comunità. L’orazione dopo la Comunione afferma che
Dio illumina chiunque venga al mondo: ma la sfida proviene dal fatto
che, in modo più o meno intenso, ci volgiamo alla luce oppure ce ne
allontaniamo. L’omileta può invitare chi lo ascolta a notare il
progressivo vedere dell’uomo nato cieco e la crescente cecità degli
avversari di Gesù. L’uomo guarito comincia a descrivere il suo guaritore
come “l’uomo Gesù”; poi professa che è un profeta; e infine proclama: «
Credo, Signore! », e adora Gesù. I Farisei, da parte loro, diventano
sempre più ciechi: all’inizio ammettono che è avvenuto il miracolo, poi
giungono a negare che si sia trattato di un miracolo e, infine, cacciano
fuori dalla sinagoga l’uomo guarito. Per tutta la narrazione, i farisei
asseriscono con sicurezza ciò che sanno, mentre il cieco ammette la
propria ignoranza. Il brano del Vangelo si chiude con Gesù che avverte
come la sua venuta abbia creato una crisi, nel senso letterale del
termine, ossia un giudizio: egli dona la vista al cieco, ma quelli che
vedono diventano ciechi. In risposta all’obiezione dei farisei, egli
dice: « Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite:
“Noi vediamo”, il vostro peccato rimane ». L’illuminazione ricevuta nel
battesimo deve espandersi tra le luci e le ombre del nostro
pellegrinaggio e così, dopo la Comunione, preghiamo: « O Dio, fa’
risplendere su di noi la luce del tuo volto, perché i nostri pensieri siano sempre conformi alla tua sapienza e possiamo amarti
con cuore sincero ».

75. « Lazzaro, il nostro amico, s’è addormentato; ma io vado a svegliarlo
». L’esortazione di san Paolo della domenica precedente, a svegliare chi si
è addormentato, trova viva espressione nell’ultimo e più grande dei “segni”
di Gesù nel quarto Vangelo: la risurrezione di Lazzaro. La natura definitiva
della morte, enfatizzata dal fatto che Lazzaro è morto già da quattro
giorni, sembra creare un ostacolo ancor più grande del far scaturire acqua
da una roccia, o ridare la vista a un cieco dalla nascita. Eppure, messa di
fronte a tale situazione, Marta fa una professione di fede simile a quella
di Pietro: « Sì, Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio,
colui che viene nel mondo ». La sua fede non sta in ciò che Dio
potrebbe
compiere in futuro, ma in quello che Dio sta
compiendo
ora: « Io sono la risurrezione e la vita ». Quell’ « Io sono

», che percorre tutto il racconto di Giovanni, chiara allusione alla
auto-rivelazione di Dio a Mosè, appare nei brani evangelici di tutte queste
domeniche. Quando la samaritana parla del Messia, Gesù le risponde: « Sono
io, che parlo con te ». Nel racconto del cieco, Gesù dice: « Finché io sono
nel mondo, sono la luce del mondo ». E oggi dice: « Io sono la risurrezione
e la vita ». La chiave per ricevere questa vita è la fede: « Credi questo?
». Ma persino Marta esita dopo la sua ardita professione di fede, e quando
Gesù chiede di rimuovere la pietra del sepolcro, obietta che emana cattivo
odore. Ecco, ancora una volta ci viene ricordato che seguire Cristo è un
impegno che dura tutta la vita e, sia che ci apprestiamo a ricevere i
sacramenti dell’iniziazione tra due settimane, sia che abbiamo vissuto tanti
anni da cattolici, dobbiamo lottare ininterrottamente per rinvigorire e
rendere più profonda la nostra fede in Cristo.

76. La risurrezione di Lazzaro è il compimento della promessa di Dio
proclamata nella prima lettura per mezzo del profeta Ezechiele: « Io
apro i vostri sepolcri, vi faccio uscire dalle vostre tombe ». Il cuore
del mistero pasquale consiste nel fatto che Cristo è venuto per morire e
risorgere di nuovo, a fare per noi esattamente ciò che ha fatto per
Lazzaro: « Liberatelo e lasciatelo andare ». Egli ci libera non solo
dalla morte fisica ma dalle tante altre morti che ci affliggono e ci
rendono ciechi: il peccato, le sventure, le relazioni interrotte. Per
noi cristiani è dunque essenziale immergersi continuamente nel suo
mistero pasquale. Come proclama il prefazio di oggi: « Vero uomo come
noi, egli pianse l’amico Lazzaro; Dio e Signore della vita, lo richiamò
dal sepolcro; oggi estende a tutta l’umanità la sua misericordia, e con
i suoi sacramenti ci fa passare dalla morte alla vita ». L’incontro
settimanale con il Signore crocefisso e risorto esprime la nostra fede
nel fatto che egli è,
qui e ora, la nostra risurrezione e la nostra vita. È questa convinzione
che ci rende capaci, Domenica prossima, di accompagnarlo nel suo
ingresso a Gerusalemme, dicendo con Tommaso: « Andiamo anche noi a
morire con lui ».

 


D. La
Domenica delle Palme e della Passione del Signore

77. « Nella domenica delle Palme: “Passione del Signore”, per la
processione sono scelti, dai tre Vangeli sinottici, testi riferiti
all’ingresso solenne del Signore in Gerusalemme; alla Messa invece si
legge il racconto della Passione del Signore » (OLM 97). Due antiche
tradizioni plasmano questa celebrazione liturgica, unica nel suo genere:
l’usanza di una processione a Gerusalemme e la lettura della Passione a
Roma. L’esuberanza che circonda l’entrata regale di Cristo, lascia
immediatamente il posto a uno dei Canti del Servo Sofferente e alla solenne
proclamazione della Passione del Signore. E questa liturgia ha luogo di
Domenica, giorno da
sempre
associato alla risurrezione di Cristo. Come può il celebrante

unire i tanti elementi teologici ed emotivi di questa giornata, soprattutto
per il fatto che considerazioni pastorali consigliano un’omelia piuttosto
breve? La chiave si trova nella seconda lettura, il bellissimo inno dalla
Lettera di san Paolo ai Filippesi, che riassume in maniera mirabile l’intero
mistero pasquale. L’omileta potrebbe far notare brevemente che, nel momento
in cui la Chiesa entra nella Settimana Santa, faremo esperienza di quel
Mistero in un modo capace di parlare ai nostri cuori. Vari usi e tradizioni
locali portano la gente a considerare gli eventi degli ultimi giorni di
Gesù, ma il grande desiderio della Chiesa in questa Settimana non è di
muovere semplicemente le nostre emozioni, ma di rendere più profonda la
nostra fede. Nelle celebrazioni liturgiche della Settimana che comincia non
ci limitiamo alla mera commemorazione di ciò che Gesù ha fatto; siamo
immersi nello stesso mistero pasquale, per morire e risorgere con Cristo.

 


III. LE DOMENICHE DI AVVENTO

78. « Le letture del Vangelo hanno una loro caratteristica propria: si
riferiscono alla venuta del Signore alla fine dei tempi (I Domenica), a
Giovanni Battista (II e III Domenica); agli antefatti immediati della
nascita del Signore (IV Domenica). Le letture dell’Antico Testamento
sono profezie sul Messia e sul tempo messianico, tratte soprattutto dal
libro di Isaia. Le letture dell’Apostolo contengono esortazioni e
annunci in armonia con le caratteristiche di questo tempo » (OLM 93).
L’Avvento è il tempo che prepara i cristiani alle grazie che verranno elargite
ancora, quest’anno, nella celebrazione della grande solennità del Natale.
Sin dalla I domenica di Avvento, l’omileta esorta il popolo ad intraprendere
una preparazione connotata da tante sfaccettature, ciascuna delle quali
suggerita dalla ricca raccolta dei brani biblici del Lezionario di questo
tempo. La prima fase dell’Avvento ci invita a preparare il Natale
incoraggiandoci non solo a volgere lo sguardo al tempo della prima venuta
del Signore nostro, quando, come dice il prefazio I di Avvento, egli assunse
« l’umiltà della nostra natura umana », ma anche ad attendere vigilanti il
suo ritorno « nello splendore della gloria », quando « ci chiamerà a
possedere il regno promesso ».

79. Vi è pertanto un duplice significato di

Avvento
– un duplice significato della
venuta
del Signore. Questo tempo ci prepara alla sua venuta nella grazia

della festa del Natale e al suo ritorno per il giudizio alla fine dei tempi.
I testi biblici dovrebbero essere spiegati tenendo bene a mente questo
duplice significato. A seconda del testo, può essere posta in primo piano
l’una o l’altra venuta, anche se, di fatto, spesso lo stesso brano presenta
parole ed immagini per considerare entrambe. C’è poi un’altra venuta:
ascoltiamo queste letture nell’assemblea eucaristica, dove Cristo è davvero
presente. All’inizio del tempo di Avvento, la Chiesa richiama alla mente
l’insegnamento di san Bernardo, ossia che tra le due venute visibili di
Cristo, nella storia e alla fine dei tempi, vi è un’invisibile venuta qui e
ora (cf. Ufficio delle Letture, mercoledì, I settimana di Avvento); come fa
proprie le parole di san Carlo Borromeo:

Questo mistero (…) ci insegna che la venuta del
Signore non fu solamente per quelli, che avanti o che allora si
trovarono nel mondo quando egli venne, ma la virtù d’essa resta sempre
per beneficio di tutti noi ancora, se per mezzo della santa fede e dei
divini sacramenti vorremo ricevere la grazia che ci
ha portata, e secondo quella ordinare la vita nostra sotto la sua
obbedienza (Ufficio delle letture, lunedì, I settimana di Avvento).

 


A. La I Domenica di Avvento

80. Il vangelo della I domenica d’Avvento, nei tre cicli, è un racconto
sinottico che annuncia l’imminente venuta del Figlio dell’Uomo nella
gloria, in un giorno e in un’ora sconosciuti. Siamo esortati a stare
vigili e all’erta, ad attenderci segni spaventosi in cielo e sulla
terra, a non farci sorprendere. Desta sempre una certa impressione
cominciare in tal modo l’Avvento, poiché inevitabilmente questo tempo
richiama alla mente il Natale e, in molti luoghi, il comune sentire è
già alle prese con le dolci rappresentazioni della nascita di Gesù a
Betlemme. La liturgia ci presenta tuttavia tali immagini alla luce di
altre, che ci ricordano come lo stesso Signore nato a Betlemme « verrà
di nuovo nella gloria per giudicare i vivi e i morti », come dice il
Credo. In questa Domenica è responsabilità dell’omileta ricordare ai
cristiani che devono sempre prepararsi a questa venuta e al giudizio. In
verità, l’Avvento stesso costituisce tale preparazione: la venuta di
Gesù a Natale è intimamente connessa con la sua venuta nell’ultimo
giorno.

81. In tutti e tre gli anni, la lettura del profeta può interpretarsi
come indicativa sia del glorioso avvento finale del Signore, sia del suo
primo avvento « nell’umiltà della natura umana », richiamata dal Natale
stesso. Tanto Isaia (nell’anno A) quanto Geremia (nell’anno C),
annunciano che « verranno quei giorni ». Nel contesto di questa
liturgia, le parole che seguono puntano chiaramente al tempo finale; ma
si riferiscono anche all’imminente solennità del Natale.

82. Che cosa accadrà alla fine dei giorni? Isaia dice (nell’anno A): «
Alla fine dei giorni il monte del tempio del Signore sarà saldo sulla
cima dei monti, e si innalzerà sopra i colli, e ad esso affluiranno
tutte le genti ». L’omileta ha diverse possibilità di interpretazione,
che si possono sviluppare di conseguenza. « Il monte del tempio del
Signore » potrebbe essere correttamente spiegato come un’immagine della
Chiesa, chiamata a riunire tutte le genti. Ma potrebbe altresì fungere
da primo annuncio dell’imminente festa del Natale. « Affluiranno tutte
le genti » verso il bambino nella mangiatoia, è un testo che si compirà
in particolare nell’Epifania, quando i magi verranno ad adorarlo.
L’omileta dovrebbe ricordare ai fedeli che anch’essi rientrano tra le
genti che si muovono verso Cristo, un viaggio che inizia con rinnovata
intensità nella I Domenica di Avvento. Le stesse parole, ricche di
ispirazione, si applicano anche alla venuta alla fine dei tempi, citata
esplicitamente dal vangelo. Il profeta prosegue: « Egli sarà giudice fra
le genti, e arbitro fra molti popoli ». Le parole conclusive del passo
profetico sono al contempo un meraviglioso appello alla celebrazione del
Natale come altresì ad attendere l’avvento del Figlio dell’Uomo nella
gloria: « Casa di Giacobbe, venite, camminiamo nella luce del Signore ».

83. La prima lettura dal libro di Isaia nell’anno B si presenta nella
forma di una preghiera che ammaestra la Chiesa sull’atteggiamento
penitenziale proprio di questo periodo. Inizia presentando un problema,
quello del nostro peccato. « Perché, Signore, ci lasci vagare lontano
dalle tue vie e lasci indurire il nostro cuore così che non ti tema? ».
È evidente che tale interrogativo deve essere affrontato. Chi è in grado
di comprendere il mistero dell’iniquità umana? (cf.
2
Ts
2, 7). La nostra esperienza, sia in noi stessi che nel mondo

circostante – l’omileta può fare degli esempi – non può che sollevare
dal profondo dei cuori un immenso grido rivolto a Dio: « Se tu
squarciassi i cieli e scendessi! Davanti a te sussulterebbero i monti ».
Questo accorato appello trova risposta definitiva in Gesù Cristo. In lui Dio
ha squarciato i cieli ed è sceso tra di noi. E in lui, come aveva chiesto il
profeta, Dio « compiva cose terribili che non attendevamo, tu scendesti e
davanti a te sussultarono i monti. Mai si udì parlare dai tempi lontani ».
Il Natale è la celebrazione delle opere meravigliose compiute da Dio e che
non avremmo mai osato sperare.

84. In questa I Domenica d’Avvento, tuttavia, la Chiesa fissa lo sguardo
anche sul ritorno di Gesù in gloria e maestà. « Se tu squarciassi i cieli e
scendessi! Davanti a te sussulterebbero i monti ». Proprio con questo stesso
tono gli evangelisti descrivono la venuta finale. E noi siamo pronti? No,
non lo siamo e, infatti, abbiamo bisogno di un tempo di preparazione. La
preghiera del profeta continua: « Tu vai incontro a quelli che praticano con
gioia la giustizia, e si ricordano le tue vie ». Qualcosa di molto simile si
invoca nella colletta di questa Domenica: « O Dio, nostro Padre, suscita in
noi la volontà di andare incontro con le buone opere al tuo Cristo che viene
».

85. Nel vangelo di Luca, adottato nell’anno C, le immagini sono
particolarmente vivaci. Tra i tanti segni terribili che appariranno, Gesù
predice che ve ne sarà uno in grado di eclissare tutti gli altri, e cioè la
sua apparizione come il Signore della Gloria. Egli dice: « allora vedranno
il Figlio dell’Uomo venire su una nube con grande potenza e gloria ». Per
noi che gli apparteniamo, questo non dev’essere un giorno in cui tremare di
paura. Al contrario, egli dice: « Quando cominceranno ad accadere queste
cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina
». Un omileta potrebbe domandare a voce alta perché noi dovremo nutrire un tale atteggiamento di fiducia
nel giorno finale? Certo, ciò richiede una precisa preparazione, esige
qualche cambiamento nella nostra vita. È quanto comporta il tempo di
Avvento, nel quale dobbiamo mettere in pratica l’avvertimento del Signore: «
State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in
dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita. Vegliate in ogni momento
pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per
accadere, e di comparire davanti al Figlio dell’Uomo ».

86. Naturalmente l’Eucaristia che ci disponiamo a celebrare è la più
intensa preparazione della comunità alla venuta del Signore, poiché essa
stessa ne segna la venuta. Nel prefazio che apre la Preghiera eucaristica in
questa Domenica, la comunità si presenta a Dio come « vigilante nell’attesa
». Noi che rendiamo grazie, già oggi chiediamo di poter cantare con tutti
gli angeli: « Santo, Santo, Santo, il Signore Dio dell’universo ».
Nell’acclamare il « Mistero della fede » esprimiamo lo stesso spirito di
vigile attesa: « Ogni volta che mangiamo di questo pane e beviamo a questo
calice, annunziamo la tua morte, Signore, nell’attesa della tua venuta ».
Nella Preghiera eucaristica i cieli si aprono e Dio discende. Oggi riceviamo
il Corpo e il Sangue del Figlio dell’Uomo che arriverà sulle nubi con grande
potenza e gloria. Con la sua grazia, elargita nella santa Comunione, c’è da
sperare che ciascuno di noi possa esclamare: « Mi risolleverò e alzerò il
capo, perché la mia liberazione è vicina ».

 


B. La II e la III Domenica di Avvento

87. Nei tre cicli, i brani evangelici della II e III Domenica di
Avvento, sono dominati dalla figura di san Giovanni Battista.

Non solo, il Battista è spesso il protagonista anche dei passi evangelici
del lezionario feriale nelle settimane seguenti queste Domeniche. Inoltre,
tutti i passi evangelici dei giorni 19, 21, 23 e 24 dicembre si concentrano
sugli eventi che circondano la nascita di Giovanni. Infine, la celebrazione
del battesimo di Gesù per mano di Giovanni chiude l’intero ciclo del Natale.
Quanto qui si dice ha lo scopo di aiutare l’omileta in tutte le occasioni in
cui, dal testo biblico, viene posta in risalto la figura di Giovanni
Battista.

88. Origene, teologo maestro del III secolo, ha notato uno schema che
esprime un grande mistero: indipendentemente dal tempo della sua venuta,
Gesù è stato preceduto, in quella venuta, da Giovanni Battista (cf.
Omelie su Luca,
IV, 6). Avvenne, infatti, che fin dal grembo materno

Giovanni sussultò per annunciare la presenza del Signore. Nel deserto,
presso il Giordano, la predicazione di Giovanni preannunciò colui che doveva
venire dopo di lui. Quando lo battezzò nel Giordano, i cieli si aprirono, lo
Spirito Santo discese su Gesù in forma visibile e una voce dal cielo lo
proclamava il Figlio amato del Padre. La morte di Giovanni fu letta da Gesù
come il segnale per dirigersi risolutamente verso Gerusalemme, dove sapeva
che l’avrebbe atteso la morte. Giovanni è l’ultimo e il più grande di tutti
i profeti; dopo di lui, giunge e agisce per la nostra salvezza colui che fu
preannunciato da tutti i profeti.

89. Il Verbo divino che un tempo si è fatto carne in Palestina, raggiunge
anche ogni generazione di credenti cristiani. Giovanni precedette la venuta
di Gesù nella storia e ancora precede la sua venuta tra noi. Nella comunione
dei Santi, Giovanni è presente nelle nostre assemblee di questi giorni, ci
annuncia colui che sta per venire e ci esorta perciò al pentimento.
Per questo ogni giorno, nelle Lodi mattutine, la Chiesa innalza il cantico
che Zaccaria, il padre di Giovanni, intonò alla sua nascita: « E tu,
bambino, sarai chiamato profeta dell’Altissimo, perché andrai innanzi al
Signore a preparargli le strade, per dare al suo popolo la conoscenza della
salvezza nella remissione dei suoi peccati » (Lc
1, 76-77).

90. L’omileta dovrebbe assicurarsi che il popolo cristiano, come
componente della preparazione alla duplice venuta del Signore, ascolti gli
incessanti inviti di Giovanni al pentimento, manifestati in particolar modo
nei vangeli della II e III Domenica di Avvento. Ma non udiamo la voce di
Giovanni solo nei passi del Vangelo: le voci di tutti i profeti di Israele
si riuniscono nella sua. « E se lo volete accettare, egli è quell’Elia che
deve venire » (Mt
11, 14). Si potrebbe anche dire, a riguardo di tutte le prime letture

nei cicli di queste Domeniche, che egli è Isaia, Baruc, Sofonia. Ogni
oracolo profetico proclamato nell’assemblea liturgica di questo tempo è per
la Chiesa un’eco della voce di Giovanni, che prepara qui e ora la strada al
Signore. Siamo preparati per la venuta del Figlio dell’Uomo nella gloria e
maestà dell’ultimo giorno. Siamo preparati per la festa del Natale di
quest’anno.

91. Ad esempio, ogni assemblea in cui vengono proclamate le Scritture è
la “Gerusalemme” del testo del profeta Baruc (II Domenica C): « Deponi, o
Gerusalemme, la veste del lutto e dell’afflizione, rivestiti dello splendore
della gloria che ti viene da Dio per sempre ». Ecco un profeta che ci invita
ad una precisa preparazione e ci chiama a conversione: « Avvolgiti nel manto
della giustizia di Dio, metti sul tuo capo il diadema di gloria dell’Eterno
». Nella Chiesa dimorerà il Verbo fatto carne, e così ad essa sono rivolte
le parole: « Sorgi, o Gerusalemme, sta’ in piedi sull’altura e guarda verso oriente; vedi i tuoi
figli riuniti, dal tramonto del sole fino al suo sorgere, alla parola del
santo, esultanti per il ricordo di Dio ».

92. In queste Domeniche vengono lette varie classiche profezie
messianiche di Isaia. « Un germoglio spunterà dal tronco di Jesse, un
virgulto germoglierà dalle sue radici » (Is
11, 1, II Domenica A). L’annuncio si compie nella nascita di Gesù. In un

altro anno: « Una voce grida: “Nel deserto preparate la via al Signore,
appianate nella steppa la strada per il nostro Dio” » (Is
40, 3, II Domenica B). I quattro evangelisti riconoscono il compiersi di

queste parole nella predicazione di Giovanni nel deserto. Nello stesso Isaia
si legge: « Allora si rivelerà la gloria del Signore e ogni uomo la vedrà,
perché la bocca del Signore ha parlato » (Is
40, 5). Ciò viene detto dell’ultimo giorno. Ciò viene detto della festa

del Natale.

93. È impressionante come, nelle diverse occasioni in cui Giovanni
Battista compare nel Vangelo, venga spesso ripetuto il nucleo del suo
messaggio su Gesù: « Io vi ho battezzato con l’acqua, ma egli vi battezzerà
in Spirito Santo » (Mc
1, 8, II Domenica B). Il battesimo di Gesù nello Spirito Santo è il

collegamento diretto fra i testi finora richiamati ed il centro su cui
questo
Direttorio
attira l’attenzione, ossia il Mistero Pasquale, compiutosi

nella Pentecoste con la discesa dello Spirito Santo su quanti credono in
Cristo. Il Mistero Pasquale è preparato dalla venuta dell’Unigenito Figlio
generato nella carne, e le sue infinite ricchezze saranno ulteriormente
svelate nell’ultimo giorno. Del bambino nato in una stalla e di colui che
verrà sulle nubi, Isaia dice: « Su di lui si poserà lo spirito del Signore »
(Is
11,2, II Domenica A); e anche, ricorrendo alle parole che Gesù stesso

dichiarerà compiute in lui: « Lo spirito del Signore è su di me, perché il Signore mi ha consacrato l’unzione; mi ha
mandato a portare il lieto annuncio ai miseri » (Is
61, 1, III Domenica B, cf. Lc
4, 16-21).

94. Il Lezionario del tempo di Avvento è, di fatto, un’avvincente
raccolta di testi dell’Antico Testamento che misteriosamente trovano il loro
compimento nella venuta del Figlio di Dio nella carne. Ancora e sempre
l’omileta può ricorrere alla vena poetica dei profeti per descrivere ai
cristiani quei misteri in cui essi stessi sono inseriti attraverso le
celebrazioni liturgiche. Cristo viene di continuo e le dimensioni della sua
venuta sono molteplici. È venuto. Tornerà di nuovo nella gloria. Viene a
Natale. Viene già ora, in ogni Eucaristia celebrata nel corso dell’Avvento.
A tutte queste dimensioni si può applicare la forza poetica dei profeti: «
Ecco il vostro Dio, giunge la vendetta, la ricompensa divina » (Is
35, 4, III Domenica A). « Non temere Sion, non lasciarti cadere le

braccia! Il Signore tuo Dio, in mezzo a te è un salvatore potente » (Sof
3, 16-17, III Domenica C). « Consolate, consolate il mio popolo – dice

il vostro Dio –. Parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che la sua
tribolazione è compiuta, la sua colpa è scontata » (Is
40, 1-2, II Domenica B).

95. Non sorprende, allora, come lo spirito di trepidante attesa cresca
durante le settimane di Avvento, come nella III Domenica i celebranti
indossino le vesti di un gioioso rosa chiaro, e come questa Domenica tragga
il nome dalle prime parole dall’antifona d’ingresso, cantate da secoli in
questo giorno, parole riprese dalla Lettera di san Paolo ai Filippesi: «
Gaudéte – rallegratevi sempre nel Signore: ve lo ripeto,
rallegratevi, il Signore è vicino ».


C. La IV Domenica di Avvento

96. Con la IV Domenica di Avvento, il Natale è ormai prossimo.
L’atmosfera della liturgia, dagli accorati appelli alla conversione si
sposta sugli eventi che circondano da vicino la nascita di Gesù. Un
cambio di rotta, questo, evidenziato nel prefazio II del tempo di
Avvento. « Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio », è il
titolo della prima lettura dell’anno A. Certo tutte le letture – dai
profeti agli Apostoli ai Vangeli – ruotano attorno al mistero annunciato
a Maria dall’Arcangelo Gabriele. (Ciò che è qui esposto a proposito dei
vangeli della Domenica e dei testi dell’Antico Testamento, può essere
applicato anche al Lezionario feriale dal 17 al 23 dicembre).

97. Il racconto dell’Annunciazione di Luca è il vangelo che si legge
nell’anno B; è seguito, nello stesso Vangelo, dalla Visitazione, che si
legge nell’anno C. Tali eventi occupano un posto speciale nella
devozione di tanti cattolici. La prima parte della preghiera considerata
tra le più preziose, l’Ave
Maria,
si compone delle parole rivolte a Maria dall’Arcangelo

Gabriele e da Elisabetta. L’Annunciazione è il primo mistero gaudioso
del Rosario, la Visitazione è il secondo. La preghiera dell’Angelus
è una meditazione ampliata dell’Annunciazione, recitata da molti

fedeli ogni giorno – mattino, mezzogiorno e sera. L’incontro tra
l’Arcangelo Gabriele e Maria, sulla quale discende lo Spirito Santo, è
rappresentato in molti capolavori dell’arte cristiana. Nella IV Domenica
di Avvento, l’omileta dovrebbe lavorare su tale solida base della
devozione cristiana e condurre i fedeli a una più profonda comprensione
di questi mirabili avvenimenti.

98. « L’Angelo del Signore portò l’annuncio a Maria. Ed ella concepì per
opera dello Spirito Santo ». La potenza e forza di quell’ora non sono
mai venute meno. È sentita nuovamente adesso, mentre pervade l’assemblea
in cui è proclamato il Vangelo. Forgia l’ora peculiare della
celebrazione comunitaria. Siamo assorti nel suo mistero. In certo modo
siamo presenti alla scena. Vediamo un angelo presentarsi davanti alla
Vergine Maria a Nazareth in Galilea – anche la Chiesa sta contemplando
la scena, seguendo con stupore il dramma del loro incontro, il loro
scambio di parole. Messaggio divino, risposta umana. Ma mentre
osserviamo, prendiamo coscienza che a questa visione non siamo ammessi
soltanto come semplici spettatori. Quanto è stato offerto a Maria –
accoglierà il Figlio di Dio nel suo grembo – è in un certo modo offerto,
nella liturgia della Domenica IV di Avvento, ad ogni assemblea di fedeli
e ad ogni singolo credente. Il Natale, ormai a pochi giorni, sta per
esserci dato. Proprio come ha detto Gesù: « Se uno mi ama, osserverà la
mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo
dimora presso di lui » (Gv
14, 23).

99. La prima lettura dell’Anno B, dal secondo Libro di Samuele, ci
invita a fare un passo indietro rispetto a questa scena, pur mantenendo
lo sguardo fisso su di essa. La lettura ci offre una visuale più ampia,
la storia della dinastia di Davide. L’intenzione è di aiutarci a
guardare attentamente dentro i secoli di questa storia per scorgere,
infine, l’angelo davanti a Maria. È quindi utile per l’omileta aiutare
le persone ad osservare l’intero scenario dell’evento. Il generoso
Davide è ispirato da un nobile pensiero, ossia costruire una casa per il
Signore. Perché, si chiede Davide, ora che si è stabilito nella sua casa
e ha ottenuto tregua dai suoi nemici all’intorno grazie all’intervento
del Signore, perché questi dovrebbe continuare a vivere nell’arca sotto una tenda? Perché non una casa, un tempio, per il
Signore? Ma il Signore dà a Davide una risposta del tutto inattesa. Alla
generosa offerta di Davide, il Signore risponde con la propria divina
generosità, superando interamente ciò che Davide offriva o avrebbe mai
potuto immaginare. Ribaltando l’offerta di Davide, il Signore dice: « Tu non
costruirai una casa per me », « poiché una casa farà a te il Signore » (cf.
2 Sam
7, 11), riferendosi così a una dinastia per Davide che « ti faccia

durare quanto il sole, come la luna, di generazione in generazione » (Sal
72, 5).

100. Ritornando alla scena centrale di questo racconto, vediamo come la
promessa fatta a Davide si sia compiuta in maniera definitiva e, ancora una
volta, in modo inatteso. Maria è « promessa sposa di un uomo della casa di
Davide, chiamato Giuseppe » (Lc
1, 27). L’angelo annuncia a Maria che darà alla luce un figlio, dicendo:

« Il Signore gli darà il trono di Davide suo padre » (Lc
1, 32). È dunque Maria stessa la casa che il Signore costruisce per

l’autentico Figlio di Davide. Eppure anche il desiderio di Davide di
costruire una casa per il Signore, viene misteriosamente adempiuto: con le
parole « avvenga per me secondo la tua parola » (Lc
1, 38), la Figlia di Sion, per mezzo del suo assenso di fede, in un

attimo costruisce un tempio degno del Figlio dell’Altissimo Dio.

101. Il mistero del concepimento verginale di Maria è anche il tema del
vangelo dell’anno A, ma in questo caso la narrazione si svolge dal punto di
vista di Giuseppe, come raccontato da Matteo. La prima lettura è un breve
passo di Isaia, in cui il profeta pronuncia la ben nota frase: « Ecco: la
vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele ». Questa
lettura può offrire all’omileta l’occasione di spiegare come
la Chiesa vede, giustamente, il compimento dei testi dell’Antico Testamento
negli eventi della vita di Gesù. Nel brano di Matteo l’assemblea ascolta i
particolari, riferiti con cura, che circondano la nascita di Gesù, conclusi
con la frase: « Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato
detto dal Signore per mezzo del profeta ». Un profeta parla nella storia, in
circostanze concrete. Nel 734 avanti Cristo, il re Acaz doveva affrontare un
nemico potente; il profeta Isaia lo esortò ad avere fede nel potere che Dio
aveva di liberare Gerusalemme, e offrì al re un segno mandato dal Signore.
Quando il re, con ipocrisia, rifiutò, il contrariato Isaia gli annunciò che
gli sarebbe stato dato comunque un segno, il segno di una vergine, il cui
figlio sarebbe stato chiamato Emmanuele. Ma ora, per mezzo dello Spirito
Santo che ha parlato tramite il profeta, quanto aveva un senso in quelle
precise circostanze storiche, si amplia per conformarsi ad una circostanza
storica ben più grande: la venuta del Figlio di Dio che si fa carne. Tutte
le profezie e l’intera storia, in definitiva, parlano di questo.

102. Avendo presente tutto questo, l’omileta può considerare il ben
costruito racconto di Matteo. L’evangelista si preoccupa di tenere in
equilibrio due verità su Gesù: che è il Figlio di Davide ed è il Figlio di
Dio. Sono entrambe verità essenziali per capire chi è Gesù. Sia Maria che
Giuseppe svolgono un preciso ruolo nel compimento di questo armonico
intreccio del mistero.

103. Come abbiamo guardato all’Annunciazione nel contesto della storia di
Israele, così anche la genealogia che precede questo vangelo offre una
importante chiave per la sua interpretazione. (La genealogia si legge il 17
dicembre e alla Messa della Vigilia di Natale). Il Vangelo di Matteo inizia
solennemente con queste parole: « Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide,
figlio di Abramo ». Segue la narrazione tradizionale di tutte le
generazioni: Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, e così via,
passando per Davide e i suoi discendenti, fino a Giuseppe, dove il
linguaggio subisce un improvviso e marcato cambiamento: « Giacobbe generò
Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo ». È
singolare e straordinario come il testo non prosegua dicendo: « Giuseppe
generò Gesù », bensì specifichi come Giuseppe sia lo sposo di Maria, dalla
quale è nato Gesù. È precisamente su questo punto che cade l’accento posto
dalla IV Domenica di Avvento, indicando come va compreso il primo versetto:
« Così fu generato Gesù Cristo ». Vale a dire, in circostanze notevolmente
differenti da tutte le nascite precedenti, esigendo, pertanto, questa
peculiare narrazione.

104. La prima informazione riguarda il fatto che Maria,
prima
di andare a vivere con Giuseppe, si trovò incinta per opera dello

Spirito Santo. È chiaro, quindi, agli ascoltatori e lettori del brano, che
il bambino non è di Giuseppe, ma è il Figlio stesso di Dio. Nel racconto,
tuttavia, ciò non è ancora chiaro a Giuseppe. L’omileta potrà constatare il
dramma che sta davanti a Giuseppe. Sospetta Maria di infedeltà e così decide
« di ripudiarla in segreto »? O forse ha qualche sentore dell’opera divina,
che gli fa temere di prendere Maria come sua sposa? È sconcertante anche il
silenzio di Maria. Ella, infatti, mantiene il segreto che c’è tra lei e Dio,
e toccherà a Dio agire per chiarire la situazione. Nessuna parola umana
sarebbe sufficiente a spiegare un mistero così grande. Mentre Giuseppe
considerava queste cose, un angelo gli rivela in sogno che Maria ha
concepito per opera dello Spirito Santo e che non deve temere. La liturgia
dell’Avvento invita i fedeli a non temere e ad accogliere, come Giuseppe, il mistero divino che si sta svolgendo nella loro
vita.

105. Un angelo conferma in sogno a Giuseppe che Maria ha concepito per
opera dello Spirito Santo. E così, di nuovo, tutto si spiega: Gesù è il
Figlio di Dio. Ma Giuseppe dovrà compiere due gesti, due azioni che
legittimeranno la nascita di Gesù agli occhi della cultura e della fede
giudaica. L’angelo gli si rivolge esplicitamente con le parole: « Giuseppe,
figlio di Davide », e gli ordina di prendere Maria in casa sua, permettendo
al mistero di lei di trasformare lui. Dopodiché egli dovrà dare il nome al
bambino. Questi due gesti fanno di Gesù « il Figlio di Davide ». Il racconto
di Matteo avrebbe potuto proseguire con le parole: « Quando si destò dal
sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore », mentre
invece la narrazione è interrotta dalla profezia di Isaia: « Tutto questo è
avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo
del profeta », per citare poi il versetto profetico ascoltato nella prima
lettura. Ciò che Isaia disse ad Acaz, è poco al confronto. Ora la parola
“vergine” va presa alla lettera, e lei concepisce per opera dello Spirito
Santo. E che dire del nome che dovranno dare al bambino, Emmanuele? Matteo,
diversamente da Isaia, ne spiega il significato: « Dio con noi ». Anche
queste parole, come ci mostrano le circostanze, vanno prese alla lettera.
Giuseppe, il Figlio di Davide, lo chiamerà Gesù; ma il mistero più profondo
del suo nome è « Dio con noi ».

106. In questa stessa domenica, nella seconda lettura tratta dalla
Lettera di san Paolo ai Romani, ascoltiamo un linguaggio teologico più
antico e primitivo di quello di Matteo, ma che già rivela l’importanza
dell’armonico equilibrio nei titoli che esprimono il mistero di Gesù. San Paolo parla del « Vangelo che riguarda
il Figlio suo, nato dal seme di Davide secondo la carne, costituito Figlio
di Dio con potenza … in virtù della risurrezione dei morti ». San Paolo vede
ratificato il titolo « Figlio di Dio » nella risurrezione di Gesù. San
Matteo, come abbiamo appena visto, quando spiega il nome di Emmanuele nel
senso di « Dio con noi », esprime tale comprensione del Signore risorto
facendo riferimento al principio della sua esistenza umana!

107. Ciò nonostante, è Paolo a mostrarci direttamente il modo di mettere
in relazione quanto ascoltiamo in questi testi. Dopo aver solennemente
chiamato colui che è al centro del suo Vangelo « Figlio di Davide e Figlio
di Dio », Paolo designa i Gentili come coloro che sono chiamati « ad
appartenere a Gesù Cristo ». Di più, li definisce « amati da Dio e santi per
chiamata ». L’omileta deve mostrare come tale linguaggio si applichi anche a
noi. I cristiani ascoltano la meravigliosa storia della nascita di Gesù
Cristo che compie mirabilmente ciò che è stato promesso per mezzo dei
profeti, ma poi sentono anche una parola su di loro: sono chiamati ad
appartenere a Gesù Cristo, sono amati da Dio e sono chiamati ad essere
santi.

108. Il Vangelo, nell’anno C, attiene a ciò che Maria compì
immediatamente dopo l’incontro con l’angelo che le annunciava il
concepimento del Figlio di Dio. « In quei giorni Maria si alzò e andò in
fretta verso la regione montuosa », a trovare sua parente Elisabetta incinta
di Giovanni Battista. E nell’udire il saluto di Maria, il bambino sussultò
nel grembo di Elisabetta. È questo il primo dei tanti momenti in cui
Giovanni annuncia la presenza di Gesù. È istruttivo riflettere anche su come
Maria si comporta quando si rende conto di portare il Figlio di Dio nel proprio grembo. Ella « in fretta » va a visitare
Elisabetta, così da poter costatare che « nulla è impossibile a Dio »; e
così facendo porta una grande gioia ad Elisabetta e al figlio nel suo
grembo.

109. In questi giorni conclusivi dell’Avvento la Chiesa intera riveste la
fisionomia di Maria. Il volto della Chiesa porta impressi i segni distintivi
della Vergine. Lo Spirito Santo opera ora nella Chiesa, come ha sempre
operato. Pertanto, mentre l’assemblea in questa Domenica entra nel mistero
eucaristico, il sacerdote prega nell’orazione sulle offerte: « Accogli, o
Dio, i doni che presentiamo all’altare, e consacrali con la potenza del tuo
Spirito, che santificò il grembo della Vergine Maria ». L’omileta deve saper
trarre il medesimo nesso evidenziato da questa orazione: attraverso
l’Eucaristia, per la potenza dello Spirito Santo, i fedeli porteranno nel
proprio corpo ciò che Maria portò nel suo grembo. Come lei, dovranno « di
fretta » fare del bene al prossimo. Le loro buone azioni, compiute
sull’esempio di Maria, sorprenderanno allora gli altri con la presenza di
Cristo, facendo sì che dentro di loro vi sia un sussulto di gioia.

 

IV. IL TEMPO DI NATALE


A. Le celebrazioni del Natale

110. « Per la Messa vigiliare e per le tre Messe del Natale del Signore,
le letture profetiche e le altre letture sono scelte dalla tradizione
romana » (OLM 95). Un tratto distintivo della solennità del Natale del
Signore è la consuetudine di celebrare tre Messe diverse: di mezzanotte,
dell’aurora e del giorno. Con la riforma successiva al Concilio Vaticano
II ne è stata aggiunta una vespertina nella vigilia. Ad eccezione delle
comunità monastiche è improbabile che tutti partecipino a ciascuna delle tre (o
quattro) celebrazioni; la maggior parte dei fedeli parteciperà a una
liturgia, che sarà la loro “Messa di Natale”. Ecco perché si è provveduto ad
operare una scelta di letture per ogni singola celebrazione. Nondimeno,
prima di prendere in considerazione alcuni temi onnicomprensivi e comuni ai
testi liturgici e biblici, è illuminante esaminare la sequenza delle quattro
messe.

111. Il Natale è la festa della luce. È opinione diffusa che la
celebrazione della nascita del Signore fu fissata a fine dicembre per
imprimere una valenza cristiana alla festa pagana del
Sol
invictus
. Potrebbe anche non essere così; se già nella prima parte del

terzo secolo Tertulliano ha scritto che Cristo fu concepito il 25 di marzo,
giorno che, in alcuni Calendari, è indicato come il primo dell’anno. È
possibile così che la festa del Natale sia stata calcolata a partire da tale
data. In ogni caso, dal quarto secolo in poi, molti Padri hanno riconosciuto
il valore simbolico del fatto che, per loro, le giornate si allungavano dopo
la festa del Natale. Le feste pagane che esaltano la luce nel buio
dell’inverno non erano rare, e le feste invernali della luce sono ancora
talvolta celebrate oggi dai non credenti. A differenza di tutto questo, le
letture e le preghiere delle varie liturgie natalizie sottolineano il tema
della vera Luce che viene a noi in Gesù Cristo. Il primo prefazio di Natale
esclama, rivolgendosi a Dio Padre: « Nel mistero del Verbo incarnato è
apparsa agli nostri della nostra mente la luce nuova del tuo fulgore ».
L’omileta dovrebbe porre attenzione a tale dinamica, della luce nelle
tenebre, che pervade questi giorni gioiosi. Ecco, di seguito, una sintesi
delle caratteristiche di ciascuna liturgia.

112. La Messa vespertina nella Vigilia. Sebbene la celebrazione del
Natale inizi con questa Messa, le preghiere e le letture evocano ancora
un senso di trepidante attesa; per un certo verso, questa Messa è un
distillato dell’intero Tempo di Avvento. Quasi tutti le preghiere sono
coniugate al futuro: « Domani vedrete la sua gloria » (antifona
d’ingresso); « concedi che possiamo guardare senza timore, quando verrà
come giudice, il Cristo tuo Figlio che accogliamo in festa come
Redentore » (colletta); « Domani sarà distrutto il peccato della terra »
(canto al Vangelo); « Concedi al tuo popolo, Signore, di celebrare con
rinnovato fervore questo sacrificio, nella vigilia del grande giorno che
ha dato inizio alla nostra redenzione » (orazione sulle offerte); «
Domani si rivelerà la gloria del Signore » (antifona alla Comunione). Le
letture di Isaia nelle altre Messe di Natale descrivono ciò che sta
accadendo, mentre il brano proclamato in questa Messa racconta

ciò che accadrà. La seconda lettura e il brano evangelico parlano di Gesù
come Figlio di Davide e degli antecedenti umani che hanno preparato la
via per la sua venuta. La genealogia del Vangelo di san Matteo, nel
descrivere a grandi linee il lungo sentiero della storia della salvezza
che conduce all’evento che ci apprestiamo a celebrare, è simile alle
letture dell’Antico Testamento nella Veglia di Pasqua. La litania di
nomi accresce la sensazione di attesa. Alla Messa della Vigilia siamo un
po’ come bambini che tengono stretto il regalo di Natale, in attesa
della parola che dia il via per aprirlo.

113. La Messa di mezzanotte. Nel cuore della notte, mentre il resto del
mondo dorme, i cristiani aprono questo regalo, il dono del Verbo fatto
carne. Il profeta Isaia annuncia: « Il popolo che camminava nelle
tenebre ha visto una grande luce! ». Continua riferendosi alla gloriosa
vittoria dell’eroe conquistatore che ha spezzato il bastone
dell’aguzzino e ha consegnato alle fiamme gli strumenti di guerra. Annuncia che il dominio di colui che
regnerà sarà vasto e in pace per sempre, e infine lo ricopre di titoli: «
Consigliere mirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della Pace ».
L’inizio del vangelo fa risaltare l’eminenza di un tale dignitario
menzionando per nome l’imperatore e il governatore che regnano quando egli
fa irruzione sulla scena. La narrazione prosegue con una rivelazione
sbalorditiva: tale potente re è nato in un modesto villaggio ai margini
dell’impero romano e sua madre « lo avvolse in fasce e lo pose in una
mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio ». Il contrasto
tra l’eroe conquistatore descritto da Isaia e l’inerme bambinello nella
stalla, suggerisce tutti i paradossi del Vangelo. La consapevolezza di
questo paradosso è profondamente radicata nel cuore dei fedeli e li attira
in chiesa nel cuore della notte. La risposta appropriata è unire il nostro
ringraziamento a quello degli angeli, il cui canto risuona nei cieli in
questa notte.

114. La Messa dell’Aurora. Le letture proposte per questa liturgia sono
particolarmente concise. Siamo come coloro che si svegliarono alla gelida
luce dell’alba, chiedendosi se l’apparizione angelica nel cuore della notte
fosse stata un sogno. I pastori, con quel particolare innato buon senso
proprio dei poveri, discorrono tra loro: « Andiamo dunque fino a Betlemme,
vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere ». Vanno di
fretta e trovano esattamente ciò che era stato annunciato loro dall’angelo:
una povera coppia e il loro Figlio appena nato, addormentato in una
mangiatoia per gli animali. La loro reazione a questa scena di umile
povertà? Ritornano glorificando e lodando Dio per ciò che hanno visto e
udito e tutti coloro che li sentono parlare restano stupiti per ciò che è
stato loro detto. I pastori vedono e anche noi siamo invitati a vedere qualcosa di molto più importante della scena
emotivamente coinvolgente, da sempre oggetto di tante rappresentazioni
artistiche. Ma questa realtà è percepibile solo con gli occhi della fede ed
emerge con la luce del giorno, nella successiva liturgia.

115. La Messa del Giorno. Come un sole sfavillante ormai alto nel cielo,
il Prologo del Vangelo di san Giovanni fa luce sull’identità del bambino
nella mangiatoia. L’evangelista afferma: « E il Verbo si fece carne e venne
ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria
come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità
». Precedentemente, come ricorda la seconda lettura, Dio aveva parlato in
molti modi per mezzo dei profeti, ma ora « in questi giorni ha parlato a noi
per mezzo del Figlio, che ha stabilito erede di tutte le cose e mediante il
quale ha fatto anche il mondo. Egli è irradiazione della sua gloria ». Tale
è la sua grandezza che lo adorano gli angeli stessi. Ed ecco l’invito
affinché tutti si uniscano a loro: « Venite tutti ad adorare il Signore;
oggi una splendida luce è discesa sulla terra » (canto al Vangelo).

116. Il Verbo si fece carne per redimerci grazie al suo sangue versato ed
innalzarci con lui nella gloria della risurrezione. I primi discepoli
riconobbero l’intimo legame tra l’incarnazione e il mistero pasquale, come
testimonia l’inno citato nella lettera di san Paolo ai Filippesi (2,5-11).
La luce della Messa di Mezzanotte è la stessa luce della Veglia di Pasqua.
Le collette di queste due grandi solennità esordiscono in termini molto
simili. A Natale, il sacerdote prega: « O Dio, che hai illuminato questa
santissima notte con lo splendore di Cristo, vera luce del mondo »; a
Pasqua: « O Dio, che illumini questa santissima notte con la gloria della risurrezione del Signore ». La seconda
lettura alla Messa dell’Aurora propone un’ammirevole sintesi della
rivelazione del mistero della Trinità e del nostro inserimento in quel
mistero attraverso il battesimo: « Quando apparvero la bontà di Dio,
salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini, egli ci ha salvati … con
un’acqua che rigenera e rinnova nello Spirito Santo, che Dio ha effuso su di
noi in abbondanza per mezzo di Gesù Cristo, salvatore nostro, affinché,
giustificati per la sua grazia, diventassimo, nella speranza, eredi della
vita eterna ». Le preghiere proprie della Messa del Giorno parlano di Cristo
come autore di generazione divina per noi e di come la sua nascita manifesti
la riconciliazione che ci rende cari agli occhi di Dio. La colletta, una
delle più antiche nel tesoro delle preghiere della Chiesa, esprime
sinteticamente
perché
il Verbo si fece carne: « O Dio, che in modo mirabile ci hai

creati a tua immagine e in modo più mirabile ci hai rinnovati e redenti, fa’
che possiamo condividere la vita divina del tuo Figlio, che oggi ha voluto
assumere la nostra natura umana ». Uno degli scopi fondamentali dell’omelia
è, come il presente
Direttorio
ha spesso notato, di annunciare il mistero pasquale di

Cristo. I testi del Natale offrono esplicite opportunità per farlo.

117. Un’altra finalità dell’omelia è di condurre la comunità al
sacrificio eucaristico, nel quale il mistero pasquale si fa presente. Ne è
indice forte la parola “oggi”, che ricorre frequentemente nei testi
liturgici delle Messe di Natale. Il mistero della nascita di Cristo è
presente in questa celebrazione, ma come per la sua prima venuta, può essere
visto soltanto con lo sguardo della fede. Per i pastori il grande “segno” fu
semplicemente un povero bambino deposto nella mangiatoia, eppure al loro
ritorno glorificavano e lodavano Dio per quanto avevano visto.

Con lo sguardo della fede dobbiamo percepire lo stesso Cristo, nato oggi,
sotto i segni del pane e del vino. L’admirabile
commercium
di cui parla la colletta del Giorno di Natale, secondo cui

Cristo condivide la nostra umanità e noi la sua divinità, si manifesta
particolarmente nell’Eucaristia, come suggeriscono le orazioni della
celebrazione. A Mezzanotte così preghiamo nell’orazione sulle offerte: «
Accetta, o Padre, la nostra offerta in questa notte di luce, e per questo
misterioso scambio di doni trasformarci nel Cristo tuo Figlio, che ha
innalzato l’uomo accanto a te nella gloria ». E all’Aurora: « Le nostre
offerte, o Padre, siano degne del mistero che oggi celebriamo; tu che nel
Natale ci hai rivelato il Cristo uomo e Dio, fa’ che nel pane e vino da te
consacrati partecipiamo alla sua vita immortale ». E ancora, nel prefazio
III di Natale: « In lui oggi risplende in piena luce il misterioso scambio
che ci ha redenti: la nostra debolezza è assunta dal Verbo, l’uomo mortale è
innalzato a dignità perenne e noi, uniti a te in comunione mirabile,
condividiamo la tua vita immortale ».

118. Il riferimento all’immortalità sfiora un altro tema ricorrente nei
testi di Natale: la celebrazione è soltanto una momentanea sosta nel nostro
pellegrinaggio. Il messaggio escatologico, tanto evidente nel Tempo di
Avvento, trova anche qui la sua espressione. Nella colletta della Vigilia,
preghiamo Dio: « concedi che possiamo guardare senza timore, quando verrà
come giudice, il Cristo tuo Figlio che accogliamo in festa come Redentore ».
Nella seconda lettura della Messa di Mezzanotte, l’apostolo ci esorta « a
rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con
sobrietà, con giustizia e con pietà, nell’attesa della beata speranza e
della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù
Cristo ». E infine, nell’orazione dopo la Comunione della Messa del Giorno,
chiediamo che Cristo, autore della nostra divina generazione,
nato in questo giorno, « ci comunichi il dono della vita immortale ».

119. Le letture e le preghiere di Natale offrono un ricco nutrimento al
popolo di Dio pellegrino in questa vita; rivelano Cristo quale Luce del
mondo e ci invitano a entrare dentro il mistero pasquale della nostra
redenzione attraverso l’« oggi » della celebrazione eucaristica. L’omileta
può presentare questo banchetto al popolo di Dio radunato per celebrare la
nascita del Signore, esortandolo a imitare Maria, la Madre di Gesù, che «
custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore » (Vangelo, Messa
dell’Aurora).

 


B. La festa della Santa Famiglia

120. « Nella domenica tra l’ottava di Natale, festa della Santa Famiglia,
il Vangelo è riferito all’infanzia di Gesù, le altre letture alle virtù
della vita familiare » (OLM 95). Gli evangelisti, in sostanza, non
riferiscono nulla circa la vita di Gesù dalla nascita all’inizio del suo
ministero pubblico; il poco che ci è stato tramandato lo ascoltiamo nei
brani evangelici proposti per questa festa. I portenti che circondano la
nascita del Salvatore si affievoliscono e la Santa Famiglia vive una
vita domestica molto comune, offerta alle famiglie quale modello da
imitare, come suggerito dalle orazioni di questa celebrazione.

121. Oggigiorno, in varie parti del mondo, l’istituzione della famiglia è
posta di fronte a grandi sfide ed è appropriato che l’omileta ne parli.
Tuttavia, piuttosto che fornire una semplice esortazione morale sui
valori della famiglia, l’omileta dovrebbe trarre spunto dalle letture
del giorno per parlare della famiglia cristiana come scuola di

discepolato
. Cristo, di cui celebriamo la nascita, è venuto nel mondo

per fare la volontà del Padre: una tale obbedienza, docile all’ispirazione
dello Spirito Santo, deve trovar posto in ogni famiglia cristiana. Giuseppe
obbedisce all’angelo e conduce il Figlio e sua Madre in Egitto (Anno A);
Maria e Giuseppe obbediscono alla Legge presentando il loro Bambino al
Tempio (Anno B) ed incamminandosi verso Gerusalemme per la festa della
Pasqua ebraica (Anno C). Gesù, d’altro canto, obbedisce ai suoi genitori
terreni, ma il suo desiderio di stare nella casa del Padre è ancora più
grande (Anno C). Come cristiani siamo membra anche di un’altra famiglia, che
si riunisce attorno alla mensa familiare dell’altare per nutrirsi del
sacrificio che si è compiuto perché Cristo ha obbedito fino alla morte.
Dovremmo vedere le nostre famiglie come Chiesa domestica, nella quale
mettere in pratica quel modello d’amore oblativo di sé, che attingiamo
nell’Eucaristia. Così tutte le famiglie cristiane si aprono anche
all’esterno per far parte della famiglia nuova e più grande di Gesù: «
Perché chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre »
(Mc
3, 35 ).

122. La comprensione del senso cristiano della vita familiare aiuta
l’omileta a spiegare la lettura tratta dalla Lettera di san Paolo ai
Colossesi. Il precetto apostolico, secondo cui la moglie deve essere
sottomessa al marito, può urtare i nostri contemporanei; se l’omileta pensa
di non parlare di questa direttiva, sarebbe più prudente ricorrere alla
versione breve della lettura. I passi complicati della Scrittura, tuttavia,
nella maggior parte dei casi hanno tanto da insegnarci e questo specifico
caso offre all’omileta l’occasione di affrontare un argomento che potrebbe
essere non congeniale all’ascoltatore moderno, ma che di fatto rappresenta
un punto di valore e necessario se propriamente inteso. Il riferimento a un testo simile,
tratto dalla Lettera di san Paolo agli Efesini (5, 21-6,4), permette di
approfondirne il significato. In esso Paolo discute le reciproche
responsabilità della vita familiare. La frase chiave è la seguente: « Siate
sottomessi gli uni agli altri nel timore di Cristo » (Ef
5, 21). L’originalità dell’insegnamento dell’apostolo non risiede nel

fatto che le mogli dovrebbero essere sottomesse ai propri mariti, condizione
scontata nella cultura del suo tempo. Ciò che è nuovo, nonché propriamente
cristiano, è anzitutto che tale sottomissione deve essere reciproca: se la
moglie deve obbedire al marito, questi, a sua volta, come Cristo, deve
sacrificare la propria vita per la sua sposa. In secondo luogo, la ragione
della vicendevole sottomissione, non è semplicemente finalizzata all’armonia
della famiglia o al bene della società, ma viene attuata per
timore di Cristo
. In altre parole, la sottomissione reciproca nella

famiglia è un’espressione del discepolato cristiano; la dimora familiare è,
o dovrebbe diventare, un luogo in cui manifestiamo il nostro amore per Dio
sacrificando le nostre vite l’uno per l’altro. L’omileta può lanciare la
sfida agli ascoltatori affinché realizzino nelle loro relazioni questo amore
di auto-oblazione, che è al cuore della vita e della missione di Cristo,
celebrato nel “pasto familiare” dell’Eucaristia.

 


C. La solennità di Maria Santissima Madre di Dio

123. « Nell’Ottava di Natale e solennità di Maria SS. Madre di Dio, le
letture si riferiscono alla Vergine Madre di Dio e all’imposizione del
Santissimo Nome di Gesù » (OLM 95). Questa festività chiude la settimana
celebrativa della solennità del Natale e in molte parti del mondo segna
anche l’inizio del Nuovo Anno. Le letture e le preghiere offrono l’opportunità di
considerare, ancora una volta, l’identità del Bambino di cui stiamo
celebrando la nascita. Egli è vero Dio e vero Uomo. L’antico titolo di
Theotokos (Madre di Dio) ratifica la natura, tanto umana quanto
divina, di Cristo. Egli è anche il nostro Salvatore (Gesù, il nome che
riceve alla circoncisione, ma che gli fu assegnato dall’angelo prima del
concepimento). Egli ci salva dal momento che è nato sotto la Legge e ci
redime per mezzo del suo sangue versato. Il rito della circoncisione celebra
l’ingresso di Gesù nell’alleanza e preannuncia “il sangue della nuova ed
eterna alleanza che sarà versato per voi e per tutti in remissione dei
peccati”. Anche il ruolo di Maria nell’opera della salvezza è tema centrale
di questa liturgia, sia in relazione con Cristo, che da lei ha ricevuto la
natura umana, sia con le membra del suo Corpo: è la Madre della Chiesa che
intercede per noi. Infine, la celebrazione del Nuovo Anno offre l’occasione
di rendere grazie per le benedizioni ricevute in quello appena trascorso e
di pregare affinché nell’anno che ci attende possiamo, come Maria,
collaborare con Dio all’incessante missione di Cristo. L’orazione sulle
offerte unisce perfettamente tutti questi fili: « O Dio, che nella tua
provvidenza dài inizio e compimento a tutto il bene che è nel mondo, fa’ che
in questa celebrazione della divina Maternità di Maria gustiamo le primizie
del tuo amore misericordioso per goderne felicemente i frutti. Per Cristo
nostro Signore ».

 


D. La solennità dell’Epifania

124. La triplice dimensione dell’Epifania (la visita dei Magi, il
Battesimo di Cristo e il miracolo di Cana) è particolarmente evidente
nella Liturgia delle Ore dell’Epifania, nonché nei giorni ad essa vicini. Nella tradizione latina, tuttavia, la liturgia
eucaristica si concentra sul vangelo dei Magi. La settimana seguente, la
festa del Battesimo del Signore mette a fuoco questa dimensione
dell’Epifania del Signore. Nell’Anno C, la domenica successiva al Battesimo
presenta come vangelo il racconto delle nozze di Cana.

125. Le tre letture della Messa dell’Epifania rappresentano altrettanti
generi diversi di letteratura biblica. La prima lettura, tratta dal profeta
Isaia, è poesia di giubilo. La seconda, dalla lettera di san Paolo agli
Efesini, è una precisa affermazione teologica pronunciata nel linguaggio
pressoché tecnico di Paolo. Il vangelo è una drammatica narrazione degli
eventi, in cui ogni singolo dettaglio è colmo di significato simbolico.
Insieme svelano la festa e la definiscono Epifania. L’ascolto della loro
proclamazione e, con l’aiuto dello Spirito, la loro più profonda
comprensione danno luogo alla celebrazione dell’Epifania. La Parola santa di
Dio svela al mondo intero il significato fondamentale della nascita di Gesù
Cristo. Il Natale, iniziato il 25 dicembre, raggiunge il suo apice oggi, nel
giorno dell’Epifania: Cristo rivelato a tutte le genti.

126. L’omileta potrebbe esordire con il brano di san Paolo, abbastanza
breve ma di estrema intensità, che offre una precisa dichiarazione di che
cosa sia l’Epifania. Paolo riporta il proprio singolare incontro con Gesù
risorto sulla via di Damasco, da cui tutto scaturisce. Spiega quanto gli
accadde come una “rivelazione”, vale a dire una comprensione degli eventi,
nuova e inaspettata, trasmessa con divina autorità nell’incontro con il
Signore Gesù, e non, dunque, una semplice opinione personale. San Paolo
chiama tale rivelazione anche “grazia” e “missione”, un tesoro cioè
affidatogli per il bene altrui. Inoltre, definisce ciò che gli è stato comunicato come “il mistero”. Questo
“mistero” è qualcosa di sconosciuto in passato, di celato alla nostra
comprensione, in qualche modo nascosto negli eventi, ma ora – ed è appunto
questo l’annuncio di Paolo! – ora è rivelato, ora è fatto conoscere. In che
cosa consiste il significato nascosto alle passate generazioni e ora
rivelato? È questo, ossia l’affermazione dell’Epifania: « I Gentili sono
chiamati, in Cristo Gesù, a condividere [con gli Ebrei] la stessa eredità, a
formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per
mezzo del Vangelo ». Questa è una enorme svolta nel modo di comprendere
dello zelante fariseo Saulo, un tempo convinto che la scrupolosa osservanza
della legge ebraica fosse l’unica via di salvezza. Ma ora Paolo annuncia il
“Vangelo”, inaspettata buona notizia in Cristo Gesù. Sì, Gesù è il
compimento di tutte le promesse di Dio al popolo ebraico; senza di esse egli
non potrà essere compreso. Ora però « i Gentili sono chiamati, in Cristo
Gesù, a condividere [con gli Ebrei] la stessa eredità, a formare lo stesso
corpo e a essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo ».

127. Di fatto, gli eventi riferiti nel racconto di Matteo, scelto per
l’Epifania, sono l’attuazione di ciò che Paolo ha detto nella sua lettera.
Guidati da una stella, giungono a Gerusalemme i Magi, sapienti religiosi
Gentili, studiosi di notevoli tradizioni sapienziali in cui l’umanità intera
ricerca con grande desiderio l’ignoto Creatore e il Signore di tutte le
cose. Rappresentano tutte le nazioni e hanno trovato la loro strada verso
Gerusalemme non seguendo le Scritture ebraiche ma un segno meraviglioso nel
cielo, che ha segnalato ad essi un evento di portata cosmica. La loro
sapienza non-ebrea ha permesso ai Magi di comprendere tante cose. « Abbiamo
visto spuntare la sua stella e siamo venuti per adorarlo ». Nell’ultima fase
del loro viaggio, tuttavia, per giungere alla conclusione precisa delle loro ricerche,
hanno bisogno delle Scritture ebraiche, della identificazione profetica di
Betlemme quale luogo della nascita del Messia. Appreso ciò dalle Scritture
ebraiche, il segno cosmico indica nuovamente la via. « Ed ecco, la stella
che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il
luogo dove si trovava il bambino ». Nei Magi giunge a Betlemme il desiderio
di Dio dell’umanità intera, trovandovi « il bambino Gesù con Maria, sua
Madre ».

128. È a questo punto del racconto di Matteo che la poesia di Isaia può
inserirsi a commento. I toni di giubilo aiutano a capire la meraviglia di
questo momento. « Alzati, rivestiti di luce, Gerusalemme! » esorta il
profeta, « perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di
te ». La formazione originaria di questo testo si colloca in una circostanza
storica ben precisa: il popolo di Israele ha bisogno di risollevarsi da un
capitolo nero della sua storia. Ma ora, applicato ai Magi davanti a Gesù,
raggiunge un compimento ben oltre l’immaginabile. La luce, la gloria e lo
splendore: ecco la stella che guida i Magi. O, piuttosto, Gesù stesso è « la
luce di tutte le genti e la gloria del suo popolo Israele ». « Alzati,
Gerusalemme » dice il profeta. Sì, ma ora sappiamo. attraverso la
rivelazione di san Paolo, che se l’esortazione è rivolta a Gerusalemme –
principio questo, applicabile ovunque nelle Scritture – il riferimento non è
riconducibile semplicemente alla città storica e terrena. « Perché i Gentili
sono chiamati a condividere [con gli Ebrei] la stessa eredità ». E così
sotto il titolo di “Gerusalemme” l’esortazione è rivolta a tutte le genti.
La Chiesa, raccolta da ogni nazione, è chiamata “Gerusalemme”. Ogni anima
battezzata, nel suo intimo è chiamata “Gerusalemme”. Si compie, dunque, ciò
che è stato profetizzato nei Salmi: « Di te si dicono cose stupende, città di Dio » e « Sono in te tutte le mie sorgenti » (Sal
87, 3, 7).

129. E cosi all’Epifania le toccanti parole del profeta sono rivolte ad
ogni assemblea di cristiani credenti. « Viene la tua luce, Gerusalemme! ».
Ogni fedele, con l’aiuto dell’omileta, dovrebbe sentire tale parola nelle
profondità del suo cuore! « Poiché, ecco, la tenebra ricopre la terra …; ma
su di te risplende il Signore, la sua gloria appare su di te ». L’omileta ha
il compito di esortare la gente a lasciarsi alle spalle i modi indolenti e
le visuali poco aperte alla speranza. « Alza gli occhi e guarda: tutti
costoro si sono radunati, vengono a te ». Ossia, ai cristiani è stato dato
tutto ciò che il mondo intero ricerca. Moltitudini di genti giungeranno alla
grazia in cui noi già ci troviamo. Giustamente proclamiamo nel Salmo
responsoriale: « Ti adoreranno, Signore, tutti i popoli della terra ».

130. La nostra riflessione può tornare dalla poesia di Isaia alla
narrazione di Matteo. I Magi ci sono di esempio nell’accostarci al bambino.
« Videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono ».
Siamo entrati nella sacra liturgia per fare lo stesso. L’omileta farebbe
bene a ricordare ai fedeli che, nel recarsi alla Comunione nel giorno
dell’Epifania, dovrebbero pensare d’essere loro stessi finalmente giunti al
luogo, e davanti alla Persona, verso cui la stella e le Scritture li hanno
guidati. E quindi offrire a Gesù l’oro del loro amore l’uno per l’altro,
l’incenso della loro fede, con cui lo riconoscono il Dio-con-noi, e la
mirra, che esprime la loro volontà di morire al peccato ed essere sepolti
con lui per risorgere alla vita eterna. E ancora, come i Magi, sentirsi
esortati a rientrare a casa seguendo un’altra via. Possano dimenticare
Erode, malvagio impostore, e tutto ciò che ha chiesto loro di fare.
In questa festa hanno visto il Signore! « Alzati, rivestiti di luce, perché
viene la tua luce. La gloria del Signore brilla sopra di te ». L’omileta
potrebbe ancora esortarli, come fece san Leone tanti secoli fa, ad imitare
il servizio della stella. Come la stella, grazie al suo fulgore, portò le
genti a Cristo, così questa assemblea con lo splendore della fede, della
lode e delle buone opere, deve risplendere in questo mondo di tenebra, come
un astro luminoso. « Nebbia fitta avvolge i popoli; ma su di te risplende il
Signore ».

 


E. La festa del Battesimo del Signore

131. La festa del Battesimo del Signore, prolungamento dell’Epifania,
conclude il Tempo di Natale e apre al Tempo Ordinario. Mentre Giovanni
battezza Gesù sulle rive del Giordano, accade qualcosa di grandioso. I
cieli si squarciano, si ode la voce del Padre e lo Spirito Santo
discende in forma visibile su Gesù. Si tratta di una manifestazione del
mistero della Santa Trinità. Ma perché questa visione accade nel momento
in cui Gesù è battezzato? L’omileta deve rispondere all’interrogativo.

132. La spiegazione sta nello scopo per cui Gesù va da Giovanni per
essere da lui battezzato. Giovanni sta predicando un battesimo di
penitenza. Gesù riceve questo segno di pentimento insieme a tanti che
accorrono da Giovanni. In un primo momento, Giovanni tenta di
impedirglielo, ma Gesù insiste. E questa insistenza manifesta la sua
intenzione: essere solidale con i peccatori. Intende stare dove essi
stanno. La stessa cosa espressa dall’apostolo Paolo con un differente
genere di linguaggio: « Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo
trattò da peccato in nostro favore » (2
Cor
5, 21).

133. Proprio in questo momento di intensa solidarietà con i peccatori, ha
luogo la grandiosa epifania trinitaria. La voce del Padre tuonò dal cielo,
annunciando: « Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio
compiacimento ». Dobbiamo comprendere che ciò che compiace il Padre risiede
proprio nella volontà del Figlio di essere solidale con i peccatori. In
questo modo si manifesta quale Figlio di questo Padre, ossia il Padre che «
ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito » (Gv
3, 16). In quello stesso istante lo Spirito appare come una colomba,

discende sul Figlio, imprimendo una sorta di approvazione ed autorizzazione
all’intera inaspettata scena.

134. Lo Spirito che ha plasmato questa scena, preparandola attraverso i
lunghi secoli della storia d’Israele – « ha parlato per mezzo dei profeti »,
come professiamo nel Credo – è presente all’omileta ed ai suoi ascoltatori:
apre le loro menti a una comprensione ancor più profonda dell’accaduto. Il
medesimo Spirito ha accompagnato Gesù in ogni istante della sua esistenza
terrena, imprimendo ad ogni sua azione di essere rivelazione del Padre.
Dunque, possiamo ascoltare il testo del profeta Isaia di questo giorno come
un’estensione delle parole del Padre nel cuore di Gesù: « Tu sei il Figlio
mio, l’amato ». Il loro dialogo d’amore continua: « Tu sei il mio eletto di
cui mi compiaccio. Ho posto il mio spirito su di te. Io, il Signore, ti ho
chiamato per la giustizia e ti ho preso per mano; ti ho formato e ti ho
stabilito come alleanza del popolo e luce delle nazioni ».

135. Nel Salmo responsoriale di questa festa si ascoltano le parole del
Salmo 29: « La voce del Signore è sopra le acque ». La Chiesa canta tale
Salmo come celebrazione delle parole del Padre che abbiamo il privilegio
di ascoltare e il cui ascolto sigilla la nostra festa. « Figlio mio,
l’amato: in te ho posto il mio compiacimento! » – questa è la « voce del
Signore sopra le acque, sulle grandi acque. La voce del Signore è forza.
La voce del Signore è potenza » (Sal
29, 3-4).

136. Dopo il battesimo, lo Spirito conduce Gesù nel deserto per essere
tentato da Satana. Successivamente Gesù, ancora e sempre guidato dallo
Spirito, va in Galilea dove proclama il Regno di Dio. Durante la sua
affascinante predicazione, segnata da prodigiosi miracoli, Gesù ebbe a
dire una volta: « C’è un battesimo che devo ricevere; e come sono
angosciato, finché non sia compiuto! » (Lc
12, 50). Con queste parole si riferiva alla sua prossima morte a

Gerusalemme. Così comprendiamo come il battesimo di Gesù da parte di
Giovanni Battista non fu quello definitivo, bensì un’azione simbolica di
ciò che avrebbe compiuto nel battesimo della sua finale agonia e morte
in croce. Perché è sulla croce che Gesù rivela se stesso, non in termini
simbolici ma concretamente e in completa solidarietà con i peccatori. È
sulla croce che « Dio lo trattò da peccato in nostro favore » (2
Cor
5, 21) e che « ci ha riscattati dalla maledizione della legge,

diventando lui stesso maledizione per noi » (Gal
3, 13). È là che discese nel caos delle acque dell’oltretomba e lavò

per sempre i nostri peccati. Ma dalla croce e dalla morte, Gesù viene
anche sollevato fuori dalle acque, chiamato alla risurrezione dalla voce
del Padre che dice: « Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato. Io sarò
per lui padre ed egli sarà per me figlio » (Eb
1, 5). Questa scena di morte e risurrezione è un capolavoro scritto

e diretto dallo Spirito. La voce del Signore sopra le grandi acque di morte, con forza e potenza rialza il suo Figlio
dalla morte. « La voce del Signore è forza, la voce del Signore è potenza ».

137. Il battesimo di Gesù è modello anche per il nostro. Nel battesimo
discendiamo con Cristo nelle acque della morte, dove vengono lavati i nostri
peccati. E dopo esserci immersi con lui, con lui risaliamo dalle acque e
udiamo – forte e potente – la voce del Padre che rivolta anche a noi, nel
profondo dei nostri cuori, pronuncia un nuovo nome per ciascuno di noi: «
Amato! In cui trovo compiacimento ». Avvertiamo questo nome come nostro non
in virtù delle opere buone da noi compiute, ma perché Cristo, nel suo amore
senza limiti, ha desiderato intensamente condividere con noi la sua
relazione con il Padre.

138. L’Eucaristia celebrata in questa festa ripropone, in certo modo, gli
stessi eventi. Lo Spirito si libra sopra i doni del pane e del vino offerti
dai fedeli. Le parole di Gesù – « Questo è il mio Corpo, questo è il mio
Sangue » – annunciano la sua intenzione di ricevere il battesimo di morte
per la nostra salvezza. E l’assemblea prega « Padre nostro » insieme con il
Figlio, perché con lui sente rivolta a sé la voce del Padre che chiama
“amato” il Figlio.

139. Una volta, nel corso del suo ministero, Gesù disse: « Chi crede in
me; come dice la Scrittura: fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno ».
Quelle acque vive hanno iniziato a sgorgare in noi con il battesimo, e
diventano un fiume sempre più grosso in ogni celebrazione dell’Eucaristia.

 


V. LE DOMENICHE DEL TEMPO ORDINARIO

140. I tempi di Avvento, Natale, Quaresima e Pasqua possiedono un
carattere particolare, e le letture indicate per questi tempi hanno
un’inerente armonia da esso derivante. Diverso è il caso delle domeniche
del Tempo Ordinario, come puntualizzato dai Praenotanda
del Lezionario: « Al contrario nelle domeniche del Tempo

Ordinario, che non hanno una loro caratteristica particolare, i testi
della lettura dell’Apostolo e del Vangelo sono disposti in base al
principio della lettura semicontinua, mentre la lettura dell’Antico
Testamento è in concordanza tematica con il Vangelo » (OLM 67).

I redattori del Lezionario hanno intenzionalmente
rifiutato l’idea di assegnare un “tema” a ciascuna Domenica dell’anno e di
scegliere le letture di conseguenza: « Il ricorso a un’unità tematica così
concepita è infatti in contrasto con l’autentica concezione dell’azione
liturgica, che è sempre celebrazione del mistero di Cristo e che per sua
propria tradizione ricorre alla parola di Dio non in forza di sollecitazioni
razionali o di motivi di natura contingente, ma con il preciso intento di
annunziare il Vangelo e di portare i credenti alla conoscenza di tutta la
verità » (OLM 68).

Fedele al mandato del Concilio Vaticano II, che ha
indicato come « l’ordinamento dei testi e dei riti deve essere condotto in
modo che le sante realtà che essi significano, siano espresse più
chiaramente » (SC 21), il Lezionario triennale del Tempo Ordinario presenta
ai fedeli il mistero di Cristo così come narrato nei vangeli di Matteo,
Marco e Luca. L’omileta, prestando attenzione alla struttura delle letture
nel Tempo Ordinario, può trovare un aiuto alla propria preparazione. Il
Direttorio, a questo punto, ricorda quanto dicono i
Praenotanda
su questa struttura, a partire dal Vangelo.

141. Dopo aver rimarcato che la II domenica del Tempo Ordinario continua
il tema della manifestazione del Signore, celebrata con l’Epifania e la
Festa del Battesimo del Signore, i Praenotanda
proseguono:

Dalla III domenica incomincia la lettura semicontinua
dei Vangeli sinottici; questa lettura segue il successivo svolgersi
della vita e della predicazione del Signore, secondo l’orientamento
dottrinale proprio di ogni Vangelo.

Con una distribuzione così concepita si ottiene anche
una certa armonia tra l’impostazione di ciascun Vangelo e lo svolgimento
dell’anno liturgico. Infatti, dopo l’Epifania si leggono gli inizi della
predicazione del Signore, che si collegano assai bene con il Battesimo e
con le prime manifestazioni di Cristo. Al termine poi dell’anno
liturgico si sfocia con naturalezza nel tema escatologico,
caratteristico delle ultime domeniche; il tema escatologico affiora,
infatti, in modo più o meno accentuato, nei capitoli dei Vangeli che
precedono la narrazione della Passione (OLM 105).

Esiste pertanto uno schema comune seguito dai tre cicli:
le prime settimane affrontano l’inizio della missione pubblica di Cristo,
quelle finali hanno un tema escatologico, e le settimane che intercorrono
presentano di seguito vari eventi e insegnamenti dalla vita di nostro
Signore.

142. Ciascun anno è ben definito, poiché rivela l’insegnamento proprio di
ciascun Vangelo sinottico. L’omileta dovrebbe resistere alla tentazione
di considerare i passi evangelici domenicali come un’entità
indipendente: la consapevolezza della struttura globale e degli elementi
caratteristici dei singoli Vangeli, può approfondire la sua comprensione
del testo.

143. ANNO A: Matteo presenta in maniera molto ben organizzata il
ministero pubblico di Gesù. I discorsi sono cinque, ognuno dei quali preceduto da materiale narrativo. Il Lezionario è fedele
a tale struttura. 1 – Il discorso della montagna (dalla 4a

alla 9a

Domenica) preceduto dalla chiamata dei primi discepoli (3a

Domenica). 2 – Il discorso missionario (dall’11a

alla 13a

Domenica) preceduto dalla chiamata di Matteo. 3 – Il discorso in parabole
(dalla 15a

alla 17a

Domenica) preceduto dall’annuncio della Buona Novella rivelata ai semplici.
4 – Il Discorso sulla vita nella Chiesa (dalla 23a

alla 24a

domenica) preceduto dalla narrazione dei miracoli, dalla confessione di
Pietro e dall’annuncio della Passione. 5 – Il Discorso escatologico (dalla
32a

alla 34a

domenica), preceduto dalle narrazioni di parabole e di avvenimenti che
implicano l’accettazione o il rifiuto del Regno. La consapevolezza di questa
struttura rende l’omileta capace di collegare quanto dice nel corso delle
diverse settimane, e anche di aiutare i fedeli ad apprezzare l’assoluta
relazione tra la vita e l’insegnamento di Gesù, come spiegato dal primo
evangelista attraverso il suo schema di narrazioni e discorsi.

144. ANNO B: pur non avendo l’articolata organizzazione degli altri due
Vangeli sinottici, il racconto di Marco possiede un suo particolare
dinamismo, che l’omileta potrà mettere in luce di volta in volta nei diversi
momenti dell’anno. L’inizio del ministero di Gesù è accolto con grande
entusiasmo (dalla 3a

alla 9a

Domenica), ma l’opposizione non tarda ad arrivare (10a

Domenica). Persino i suoi discepoli lo fraintendono, perché le loro speranze
sono riposte in un Messia terreno. Il punto di svolta del ministero pubblico
di Gesù arriva, nel racconto di Marco, con la confessione di fede di Pietro,
con il primo annuncio di Cristo della sua Passione, e con il rifiuto di
Pietro di tale progetto (24a
e

25a

Domenica). I malintesi che si susseguono in questo Vangelo, poiché Gesù
parla e si comporta in modi che confondono e scandalizzano chi lo ascolta, offrono una salutare
lezione alla comunità cristiana riunita settimanalmente per ascoltare la
parola di Dio – il mistero di Cristo sfida sempre le nostre aspettative.
Un’altra importante caratteristica del Ciclo B è l’adozione del racconto di
san Giovanni della moltiplicazione dei pani e dei pesci, con il successivo
discorso sul pane della vita (dalla 17a

alla 21a

domenica). Ciò offre all’omileta l’opportunità di predicare per diverse
settimane su Cristo, pane vivo che ci nutre sia con la sua parola che con il
suo corpo e sangue.

145. ANNO C: l’insegnamento proprio del Vangelo di Luca è in primo luogo
la tenerezza e la misericordia, tratti distintivi del ministero di Cristo.
Dall’inizio della sua missione fino a quando si avvicina a Gerusalemme,
coloro che incontrano Gesù, da Pietro (5a

Domenica) a Zaccheo (31a

Domenica), diventano consapevoli del loro bisogno di perdono e della grande
misericordia di Dio. Molti racconti propri del Vangelo di Luca, lungo il
corso dell’anno, illustrano il tema della misericordia divina: la donna
peccatrice (11a

Domenica), il buon samaritano (15a

Domenica), la pecorella smarrita e il figliol prodigo (24a

Domenica), il buon ladrone (34a

Domenica). Non mancano i moniti rivolti a chi non dimostra misericordia: gli
anatemi e le beatitudini (6a

Domenica), il ricco stolto (18a

Domenica), il ricco e Lazzaro (26a

Domenica). Scritto per i Gentili, il Vangelo di Luca mette in luce come la
misericordia di Dio va oltre il popolo eletto per abbracciare coloro che
prima ne erano esclusi. Il tema ricorre spesso in queste Domeniche ed è un
monito per tutti noi che ci raccogliamo a celebrare l’Eucaristia: abbiamo
ricevuto la generosa misericordia di Cristo, dunque non ci possono essere
limiti alla nostra misericordia verso il prossimo.

146. Riguardo alle letture dell’Antico Testamento nel Tempo Ordinario,
così si esprimono i Praenotanda:

Queste letture sono scelte in riferimento alle
rispettive pericopi del Vangelo, per evitare troppe diversità tra le
letture delle singole Messe, e specialmente per dimostrare l’unità dei
due Testamenti. La relazione tra le letture di una medesima Messa viene
illustrata dalla scelta accurata dei titoli che sono preposti alle
singole letture.

Si è fatto il possibile perché le letture così scelte
fossero brevi e facili. Ma si è anche cercato che fossero assegnati alle
domeniche molti testi assai importanti dell’Antico Testamento. È vero
che questi testi dell’Antico Testamento sono inseriti nel Lezionario
senza un ordine logico, per poterli riferire al brano del Vangelo;
tuttavia il tesoro della parola di Dio verrà aperto in così larga
misura, che i partecipanti alla Messa domenicale potranno conoscere
quasi tutte le pagine più importanti dell’Antico Testamento (OLM 106).

Gli esempi forniti da questo
Direttorio
, relativamente al tempo di Avvento/Natale e Quaresima/Pasqua,

indicano percorsi che l’omileta può seguire per collegare le letture del
Nuovo e dell’Antico Testamento, mostrando come esse convergano sulla persona
e sulla missione di Gesù Cristo. Non si deve inoltre trascurare il Salmo
responsoriale, anch’esso scelto in armonia con il Vangelo e con la lettura
dell’Antico Testamento. L’omileta non può pretendere che il popolo riconosca
automaticamente questi nessi che dovranno, invece, essere indicati
nell’omelia. I
Praenotanda
attirano l’attenzione anche sui titoli scelti per le singole

letture, spiegando che sono stati scelti con cura sia per indicare il tema
principale della lettura, sia anche, quando necessario, per porre in rilievo
il nesso fra le varie letture di una data Messa (cf. OLM 123).

147. Infine, vi sono le letture nel Tempo Ordinario tratte dagli
Apostoli:

Per l’epistola viene proposta la lettura semicontinua
delle lettere di Paolo e di Giacomo (quelle di Pietro e di Giovanni si
leggono nel Tempo pasquale e nel Tempo natalizio).

La prima lettera ai Corinzi, data la sua lunghezza e
la diversità degli argomenti trattati, è stata distribuita in tutti e
tre gli anni, all’inizio del Tempo Ordinario. Così pure è sembrato
opportuno dividere la lettera agli Ebrei in due parti: una per l’anno B
e l’altra per l’anno C.

Si noti che sono state scelte soltanto letture
piuttosto brevi, e non troppo difficili per la comprensione dei fedeli
(OLM 107).

In aggiunta a quanto detto dai  Praenotanda, sono opportune ulteriori due osservazioni circa la disposizione dei testi tratti dagli Apostoli. Innanzitutto, nelle settimane conclusive dell’anno liturgico ascoltiamo la Prima e la Seconda Lettera ai Tessalonicesi, dove vengono trattati temi escatologici che ben si accordano con le altre letture e i testi liturgici di queste Domeniche. In secondo luogo, l’autorevole lettera di Paolo ai Romani costituisce una parte importantissima del Ciclo A dalla 9alla 25a  Domenica. Data la sua importanza, nonché lo spazio dedicatole dal Lezionario, l’omileta può riservarle una speciale attenzione in queste  Domeniche del Tempo Ordinario.

148. Va riconosciuto che le letture tratte dagli Apostoli creano una sorta di dilemma, in quanto non sono scelte per armonizzarsi con il Vangelo e con la lettura dell’Antico Testamento. Ci sono occasioni in cui risultano in modo esplicito in armonia con le altre letture, sebbene non sia questo il caso più frequente, e l’omileta non dovrebbe forzarle per cercare una “concordanza” con le altre letture. È legittimo, però, che talvolta egli predichi primariamente sulla seconda lettura, forse dedicando anche più Domeniche a una delle Lettere.

149. Il fatto che le Domeniche del Tempo Ordinario non abbiano una armonia intrinseca, può rappresentare una sfida per l’omileta, ma questa sfida gli offre l’opportunità di mettere in evidenza, ancora una volta, lo scopo fondamentale dell’omelia: « Il mistero pasquale di Cristo, che viene annunziato nelle letture e nell’omelia, viene attualizzato per mezzo del Sacrificio della Messa » (OLM 24). L’omileta non dovrebbe avvertire la necessità di soffermarsi su ogni lettura, o di costruire ponti artificiali tra di esse: il principio unificante è la rivelazione e la celebrazione del mistero pasquale di Cristo per l’assemblea liturgica. In una data domenica, la via d’ingresso nel mistero è data dalla pagina del Vangelo letta alla luce della dottrina propria dell’evangelista; ciò può anche essere rafforzato da una riflessione sul legame tra il passo del Vangelo, la lettura dell’Antico Testamento e il Salmo responsoriale. Oppure ancora, l’omileta potrebbe scegliere di basare la propria omelia principalmente sul testo dell’Apostolo. In ogni caso, lo scopo non è di fare un tour de force che unisca, esaustivamente, i vari fili delle letture, bensì di seguirne uno che guidi il popolo di Dio al cuore del mistero della vita, morte e risurrezione di Cristo, attuato nella celebrazione liturgica.

 

VI. ALTRE OCCASIONI

A. Messa feriale

150. La consuetudine di celebrare quotidianamente l’Eucaristia è una grande sorgente di santità per i cattolici di Rito Romano, e i sacerdoti dovrebbero incoraggiare il popolo a partecipare, per quanto possibile, alla Messa quotidiana. Papa Benedetto esorta affinché « non si trascuri anche durante la settimana nelle Messe cum populo, quando possibile, di offrire brevi riflessioni, appropriate alla situazione, per aiutare i fedeli ad accogliere e rendere feconda la Parola ascoltata » (VD 59). L’Eucaristia quotidiana è meno solenne della liturgia domenicale e dovrebbe essere celebrata in maniera tale che quanti hanno responsabilità familiari e di lavoro possano avere l’opportunità di partecipare alla Messa feriale. Da qui, la necessità che l’omelia, in tali occasioni, sia breve. D’altra parte, poiché molti partecipano regolarmente alla Messa feriale, si ha l’opportunità di tenere l’omelia su un dato libro della Scrittura in giorni successivi, cosa che la celebrazione domenicale non consente.

151. L’omelia alla Messa feriale è particolarmente incoraggiata nei Tempi di Avvento/Natale e Quaresima/Pasqua. Le letture, in questi casi, sono state scelte con cura e i principi sono forniti dai  Praenotanda dell’Ordo Lectionum Missae: per l’Avvento, n. 94, per Natale, n. 96, per la Quaresima, n. 98, per il Tempo di Pasqua, n. 101. La familiarità con essi può aiutare l’omileta nella preparazione dei brevi commenti quotidiani.

152. Gli stessi  Praenotanda dedicano alle letture del Tempo Ordinario un punto al quale l’omileta deve prestare attenzione quando prepara le liturgie feriali:

Nella disposizione delle letture per le ferie sono proposti dei testi per i singoli giorni di ogni settimana nel corso dell’intero anno: di solito si dovranno quindi usare queste letture nei giorni loro assegnati, a meno che non ricorra una solennità o una festa o una memoria con letture proprie.

Nell’uso del Lezionario feriale può capitare che, a causa di una celebrazione ricorrente nel corso della settimana, si debba omettere questa o quella lettura di un medesimo libro. In questo caso il sacerdote deve prevedere, tenuto presente la disposizione delle letture di tutta la settimana, o l’omissione di alcune parti di secondaria importanza, o un’opportuna fusione delle varie parti di una sola, specialmente se ne risultasse facilitata la comprensione dell’argomento nel suo insieme (OLM 82).

Di conseguenza, l’omileta è incoraggiato a visionare le letture dell’intera settimana e ad apportare adattamenti alla loro sequenza quando questa viene interrotta da una celebrazione particolare. L’omelia feriale, benché breve, va preparata in anticipo e con grande cura.
L’esperienza insegna che un’omelia breve spesso richiede una maggiore preparazione.

153. Quando il Lezionario prevede letture proprie per la celebrazione di un Santo, bisogna usarle. Le letture possono, inoltre, essere scelte dal Comune se ci sono ragioni di dare maggiore risalto alla celebrazione di un Santo. Nei Praenotanda dell’Ordo Lectionum Missae tuttavia si avverte:

Il sacerdote che celebra con la partecipazione del popolo deve anzitutto preoccuparsi del bene spirituale dei fedeli, evitando di imporre loro i propri gusti. Soprattutto cerchi di non omettere troppo spesso e senza motivo sufficiente le letture assegnate per i singoli giorni dal Lezionario feriale: la Chiesa, infatti, desidera che venga offerta ai fedeli una mensa più abbondante della parola di Dio (OLM 83).

 

B. Matrimonio

154. Riguardo all’omelia nella celebrazione nuziale, il Rito del Matrimonio  ricorda che: « Il sacerdote tiene l’omelia a partire dal testo sacro, illustrando il mistero del Matrimonio cristiano, la dignità dell’amore coniugale, la grazia del sacramento e i doveri degli sposi, tenendo tuttavia conto delle concrete situazioni degli sposi e dei presenti » (64). L’omelia a un matrimonio presenta due sfide uniche nel loro genere. La prima attiene al fatto che oggigiorno, persino per molti cristiani, il matrimonio non è visto come una vocazione; il « mistero del matrimonio cristiano » deve essere annunciato e insegnato. La seconda sfida riguarda i presenti alla celebrazione, tra i quali si trovano spesso anche non cristiani e non cattolici: l’omileta, pertanto, non può partire dal presupposto che l’uditorio abbia familiarità con gli elementi fondamentali della fede cristiana. Queste sfide sono, però, anche occasioni affinché l’omileta esponga una visione della vita e del matrimonio radicata nel discepolato cristiano e nel mistero pasquale della morte e risurrezione di Cristo. Chi tiene l’omelia dovrà prepararsi con grande cura, così da poter parlare del « mistero del Matrimonio cristiano » « tenendo tuttavia conto delle concrete situazioni degli sposi e dei presenti » nello stesso tempo.

C. Esequie

155. Il Rito delle esequie spiega succintamente il valore e il significato dell’omelia ad un funerale. Alla luce della Parola di Dio, pur avendo presente che l’omelia deve evitare « la forma e lo stile di un elogio funebre » (70), « i sacerdoti tengano conto non solo della persona del defunto e delle circostanze della sua morte, ma anche del dolore dei familiari, senza dimenticare il dovere di sostenerli, con delicata carità, nelle necessità della loro vita di cristiani » (Premesse  generali 18). L’amore di Dio manifestato in Cristo morto e risorto, ravviva la fede, la speranza e la carità. La vita eterna e la comunione dei Santi portano conforto a coloro che piangono. La circostanza del funerale offre l’occasione per considerare il mistero della vita e della morte, il senso del pellegrinaggio terreno, il misericordioso giudizio di Dio, la vita che non muore.

156. L’omileta mostri particolare interesse anche per coloro che in occasione dei funerali assistono alla celebrazione liturgica, siano essi acattolici o anche cattolici che quasi mai partecipano all’Eucaristia, o danno l’impressione di aver perso la fede (cf.  Premesse generali 18). L’ascolto delle sacre Scritture, le preghiere e i canti della liturgia esequiale nutrono ed esprimono la fede della Chiesa.

Appendice I

L’OMELIA

E IL CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA

 

157. Una particolare preoccupazione a cui si è data spesso voce negli anni successivi al Concilio Vaticano II, in particolar modo nei Sinodi dei Vescovi, è legata alla necessità di maggiore dottrina nella predicazione. Il  Catechismo della Chiesa Cattolica rappresenta, al riguardo, una risorsa davvero utile per l’omileta, ma è importante che sia usato in
modo conforme allo scopo dell’omelia.

158. Il Catechismo Romano fu pubblicato sotto la guida dei Padri del Concilio di Trento e, in alcune edizioni includeva anche una Praxis Catechismi, che divideva il contenuto del Catechismo Romano in base ai vangeli delle domeniche dell’anno. Non sorprende quindi il fatto che, con la pubblicazione di un nuovo Catechismo nella linea del Concilio Vaticano II, sia stata avanzata la proposta di fare qualcosa di simile con il  Catechismo della Chiesa Cattolica. Un’iniziativa del genere deve  affrontare vari ostacoli di carattere pratico, ma quello cruciale attiene alla fondamentale obiezione secondo cui la liturgia domenicale non è una “occasione” per tenere un sermone su un argomento non conforme al tempo liturgico e ai suoi temi. Comunque, ci possono essere specifiche ragioni pastorali che richiedano l’esposizione di un particolare aspetto dell’insegnamento dottrinale o morale. Tali decisioni esigono prudenza pastorale.

159. D’altra parte, i più importanti insegnamenti sono offerti dal senso più profondo delle Scritture, che si manifesta proprio quando la Parola di Dio viene proclamata nell’assemblea liturgica. Compito dell’omileta non è quello di adeguare le letture della Messa a uno schema tematico predefinito, bensì di invitare i suoi uditori a riflettere sulla fede della Chiesa come emerge naturalmente dalle Scritture nel contesto della celebrazione liturgica.

160. Tenendo presente questo, in Appendice è stata disposta una Tavola in cui sono indicati i numeri del Catechismo della Chiesa Cattolica che echeggiano le letture bibliche delle domeniche e delle solennità. I numeri sono stati scelti in quanto citano, o alludono, a letture specifiche, o perché trattano argomenti presenti nelle letture. L’omileta è incoraggiato a consultare il  Catechismo non in maniera semplice e affrettata, bensì meditando su come le sue quattro parti siano mutuamente collegate. Per esempio, nella V Domenica A del Tempo Ordinario, la prima lettura parla di attenzione ai poveri, la seconda lettura della follia della Croce, e la terza dei discepoli che sono sale della terra e luce del mondo. I rimandi al  Catechismo le associano con diversi temi basilari: Cristo crocifisso è sapienza di Dio, contemplato in relazione al problema del male e dell’apparente impotenza di Dio (272); i cristiani sono chiamati ad essere luce del mondo, nonostante la presenza del male, e la loro missione è di essere seme di unità, di speranza e di salvezza per l’intera umanità (782); nella condivisione del mistero pasquale di Cristo, significato dal cero pasquale, la cui luce viene donata ai nuovi battezzati, noi stessi diveniamo tale luce (1243); « il messaggio della salvezza, per manifestare davanti agli uomini la sua forza di verità e di irradiamento, deve essere autenticato dalla testimonianza di vita dei cristiani » (2044); testimonianza, questa, che trova particolare espressione nel nostro amore per i poveri (2443-2449). Utilizzando il Catechismo della Chiesa Cattolica in questo modo, l’omileta potrà aiutare il popolo a integrare la Parola di Dio, la fede della Chiesa, le esigenze morali del Vangelo, e la sua spiritualità personale e liturgica.

 

CICLO A

Prima Domenica di Avvento

CCC 668-677, 769: la tribolazione finale e la venuta di Cristo nella gloria
CCC 451, 671, 1130, 1403, 2817: « Vieni, Signore Gesù! »
CCC 2729-2733: l’umile vigilanza del cuore

Seconda Domenica di Avvento

CCC 522, 711-716, 722: i profeti e l’attesa del Messia
CCC 523, 717-720: la missione di Giovanni Battista
CCC 1427-29: la conversione dei battezzati

Terza Domenica di Avvento

CCC 30, 163, 301, 736, 1829, 1832, 2015, 2362: gioia CCC 227, 2613, 2665, 2772: pazienza
CCC 439, 547-550, 1751: la manifestazione di Gesù come il Messia

Quarta Domenica di Avvento

CCC 496-507, 495: la maternità verginale di Maria
CCC 437, 456, 484-486, 721-726: Maria, Madre di Dio per opera dello Spirito Santo
CCC 1846: Gesù viene rivelato come Salvatore a Giuseppe
CCC 445, 648, 695: Cristo il figlio di Dio nella sua Resurrezione
CCC 143-149, 494, 2087: « l’obbedienza della fede »

Solennità del Natale

CCC 456-460, 466: «Perchè il Verbo si è fatto carne?»
CCC 461-463, 470-478: l’Incarnazione
CCC 437, 525-526: il mistero del Natale
CCC 439, 496, 559, 2616: Gesù è il figlio di Davide
CCC 65, 102: Dio ha detto tutto nel suo Verbo
CCC 333: il Cristo incarnato è adorato dagli angeli
CCC 1159-1162, 2131, 2502: l’incarnazione e le immagini di Cristo

Santa Famiglia

CCC 531-534: la Santa Famiglia
CCC 1655-1658, 2204-2206: la famiglia cristiana, una Chiesa domestica
CCC 2214-2233: i doveri dei membri della famiglia
CCC 333, 530: la fuga in Egitto

Solennità di Maria Santissima Madre di Dio

CCC 464-469: Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo
CCC 495, 2677: Maria è la Madre di Dio
CCC 1, 52, 270, 294, 422, 654, 1709, 2009: la nostra adozione come figli di Dio
CCC 527, 577-582: Gesù osserva la Legge e la perfeziona
CCC 580, 1972: la Legge nuova ci libera dalle restrizioni della Legge antica
CCC 683, 689, 1695, 2766, 2777-2778: attraverso lo Spirito Santo possiamo chiamare Dio “Abba”
CCC 430-435, 2666-2668, 2812: il nome di Gesù

Seconda Domenica dopo Natale

CCC 151, 241, 291, 423, 445, 456-463, 504-505, 526, 1216, 2466, 2787: prologo dal Vangelo di Giovanni
CCC 272, 295, 299, 474, 721, 1831: Cristo, Sapienza di Dio
CCC 158, 283, 1303, 1831, 2500: Dio ci dona la Sapienza

Solennità dell’Epifania del Signore

CCC 528, 724: l’Epifania del Signore
CCC 280, 529, 748, 1165, 2466, 2715: Cristo, luce delle nazioni
CCC 60, 442, 674, 755, 767, 774-776, 781, 831: la Chiesa, il sacramento dell’unità del genere umano

Prima Domenica di Quaresima

CCC 394, 538-540, 2119: la tentazione di Gesù
CCC 2846-2849: « Non ci indurre in tentazione »
CCC 385-390, 396-400: la Caduta
CCC 359, 402-411, 615: Adamo, il peccato originale; Cristo il nuovo Adamo

Seconda Domenica di Quaresima

CCC 554-556, 568: la Trasfigurazione
CCC 59, 145-146, 2570-2571: l’obbedienza di Abramo
CCC 706: la promessa di Dio ad Abramo si compie in Cristo
CCC 2012-2014, 2028, 2813: la chiamata alla santità

Terza Domenica di Quaresima

CCC 1214-1216, 1226-1228: il battesimo, rinascita d’acqua e Spirito
CCC 727-729: Gesù rivela lo Spirito Santo
CCC 694, 733-736, 1215, 1999, 2652: lo Spirito Santo, l’acqua viva, un dono di Dio
CCC 604, 733, 1820, 1825, 1992, 2658: Dio prende l’iniziativa; la speranza dallo Spirito

Quarta Domenica di Quaresima

CCC 280, 529, 748, 1165, 2466, 2715: Cristo, luce delle nazioni
CCC 439, 496, 559, 2616: Gesù è il figlio di Davide
CCC 1216: il Battesimo è illuminazione
CCC 782, 1243, 2105: i cristiani sono chiamati a essere la luce del mondo

Quinta Domenica di Quaresima

CCC 992-996: la rivelazione progressiva della risurrezione
CCC 549, 640, 646: i segni messianici prefiguranti la risurrezione di Cristo
CCC 2603-2604: la preghiera di Gesù prima della risurrezione di Lazzaro
CCC 1002-1004: la nostra attuale esperienza di risurrezione
CCC 1402-1405, 1524: l’Eucarestia e la risurrezione
CCC 989-990: la risurrezione della carne

Domenica delle Palme e della Passione del Signore

CCC 557-560: l’ingresso di Gesù a Gerusalemme
CCC 602-618: la Passione di Cristo
CCC 2816: la signoria di Cristo ottenuta attraverso la sua morte e risurrezione
CCC 654, 1067-1068, 1085, 1362: il mistero pasquale e la liturgia

Giovedì Santo – Cena del Signore

CCC 1337-1344: l’istituzione dell’Eucarestia
CCC 1359-1361: l’Eucarestia come azione di grazie
CCC 610, 1362-1372, 1382, 1436: l’Eucarestia come sacrificio
CCC 1373-1381: la reale presenza di Cristo nell’Eucarestia
CCC 1384-1401, 2837: la Comunione
CCC 1402-1405: L’Eucarestia “pegno della gloria futura”
CCC 611, 1366: l’istituzione del sacerdozio nell’Ultima Cena

Venerdì Santo – La Passione del Signore

CCC 602-618, 1992: la Passione di Cristo
CCC 612, 2606, 2741: la preghiera di Gesù
CCC 467, 540, 1137: Cristo sommo sacerdote
CCC 2825: l’obbedienza di Cristo e la nostra

Domenica di Pasqua – Risurrezione del Signore

CCC 638-655, 989, 1001-1002: la risurrezione di Cristo e la nostra risurrezione
CCC 647, 1167-1170, 1243, 1287: la Pasqua, il Giorno del Signore
CCC 1212: i sacramenti dell’iniziazione cristiana
CCC 1214-1222, 1226-1228, 1234-1245, 1254: il Battesimo
CCC 1286-1289: la Cresima
CCC 1322-1323: l’Eucarestia

Seconda Domenica di Pasqua

CCC 448, 641-646: le apparizioni del Risorto
CCC 1084-1089: la presenza santificante del Cristo risorto nella liturgia
CCC 2177-2178, 1342: l’Eucarestia domenicale
CCC 654-655, 1988: la nostra nascita a una vita nuova nella risurrezione di Cristo
CCC 976-983, 1441-1442: «Credo nella remissione dei peccati»
CCC 949-953, 1329, 1342, 2624, 2790: la comunione dei beni spirituali

Terza Domenica di Pasqua

CCC 1346-1347: l’Eucarestia e l’esperienza dei discepoli di Emmaus
CCC 642-644, 857, 995-996: gli apostoli e i discepoli testimoni della risurrezione
CCC 102, 601, 426-429, 2763: Cristo, chiave per interpretare le Scritture
CCC 457, 604-605, 608, 615-616, 1476, 1992: Gesù, l’agnello offerto per i nostri peccati

Quarta Domenica di Pasqua

CCC 754, 764, 2665: Cristo, pastore delle pecore e porta dell’ovile
CCC 553, 857, 861, 881, 896, 1558, 1561, 1568, 1574: il Papa e i vescovi come pastori
CCC 874, 1120, 1465, 1536, 1548-1551, 1564, 2179, 2686: i preti come pastori
CCC 14, 189, 1064, 1226, 1236, 1253-1255, 1427-1429: conversione, fede e battesimo
CCC 618, 2447: Cristo, esempio nel sopportare con pazienza

Quinta Domenica di Pasqua

CCC 2746-2751: la preghiera di Gesù nell’Ultima Cena
CCC 661, 1025-1026, 2795: Cristo apre per noi la via del cielo
CCC 151, 1698, 2614, 2466: credere in Gesù
CCC 1569-1571: l’ordinazione dei diaconi
CCC 782, 803, 1141, 1174, 1269, 1322: « la stirpe eletta, il sacerdozio regale »

Sesta Domenica di Pasqua

CCC 2746-2751: la preghiera di Gesù nell’Ultima Cena
CCC 243, 388, 692, 729, 1433, 1848: lo Spirito Santo, consolatore/difensore
CCC 1083, 2670-2672: invocare lo Spirito Santo

Solennità dell’Ascensione del Signore

CCC 659-672, 697, 792, 965, 2795: l’Ascensione

Settima Domenica di Pasqua: preghiera e vita spirituale

CCC 2746-2751: la preghiera di Gesù nell’Ultima Cena
CCC 312, 434, 648, 664: il Padre glorifica Cristo
CCC 2614, 2741: Gesù prega per noi
CCC 726, 2617-2619, 2673-2679: in preghiera con Maria

Solennità di Pentecoste

CCC 696, 726, 731-732, 737-741, 830, 1076, 1287, 2623: Pentecoste
CCC 599, 597,674, 715: la testimonianza apostolica della Pentecoste
CCC 1152, 1226, 1302, 1556: il mistero della Pentecoste continua nella Chiesa
CCC 767, 775, 798, 796, 813, 1097, 1108-1109: la Chiesa, comunione nello Spirito

Solennità della Santissima Trinità

CCC 202, 232-260, 684, 732: il mistero della Trinità
CCC 249, 813, 950, 1077-1109, 2845: nella Chiesa e nella liturgia
CCC 2655, 2664-2672: la Trinità e la preghiera
CCC 2205: la famiglia, immagine della Trinità

Solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo

CCC 790, 1003, 1322-1419: la santa Eucarestia
CCC 805, 950, 2181-2182, 2637, 2845: l’Eucarestia e la comunione dei fedeli
CCC 1212, 1275, 1436, 2837: l’Eucarestia come pane spirituale

Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù

CCC 210-211, 604: la misericordia e pietà di Dio
CCC 430, 478, 545, 589, 1365, 1439, 1825, 1846: l’amore di Cristo verso il prossimo
CCC 2669: il Cuore di Cristo è degno di adorazione
CCC 766, 1225:la Chiesa nasce dal costato aperto di Cristo
CCC 1432, 2100: l’amore di Cristo commuove i nostri cuori

Seconda Domenica del Tempo Ordinario

CCC 604-609: Gesù l’agnello di Dio che toglie i peccati dal mondo
CCC 689-690: la missione del Figlio e dello Spirito Santo

Terza Domenica del Tempo Ordinario

CCC 551, 765: la scelta dei Dodici
CCC 541-543: il regno di Dio chiama e raduna Ebrei e Gentili
CCC 813-822: l’unità della Chiesa

Quarta Domenica del Tempo Ordinario

CCC 459, 520-521: Gesù, modello delle beatitudini per tutti noi
CCC 1716-1724: la vocazione alla beatitudine
CCC 64, 716: i poveri, gli umili e gli “ultimi”
portano la speranza del Messia

Quinta Domenica del Tempo Ordinario

CCC 782: il popolo di Dio, sale della terra e luce del mondo
CCC 2044-2046: vita morale e testimonianza missionaria
CCC 2443-2449: l’attenzione alle opere di misericordia, amore per i poveri
CCC 1243: i battezzati (neofiti) sono chiamati a essere la luce del mondo
CCC 272: Cristo crocifisso è sapienza di Dio

Sesta Domenica del Tempo Ordinario

CCC 577-582: Gesù e la Legge
CCC 1961-1964: la Legge antica
CCC 2064-2068: il Decalogo nella Tradizione della Chiesa

Settima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 1933, 2303: l’amore per il prossimo è incompatibile con l’odio del nemico
CCC 2262-2267: la proibizione di fare del male al prossimo con l’eccezione della legittima difesa
CCC 2842-2845: preghiera e perdono dei nemici
CCC 2012-2016: la perfezione del Padre celeste ci chiama alla santità
CCC 1265: diventiamo tempio dello Spirito Santo attraverso il Battesimo
CCC 2684: i santi sono il tempio dello Spirito Santo

Ottava Domenica del Tempo Ordinario

CCC 302-314: la Divina Provvidenza e il suo ruolo nella storia
CCC 2113-2115: l’idolatria sovverte i valori; credere nella Provvidenza anziché nella divinazione
CCC 2632: preghiera dei fedeli, petizione per l’avvento del Regno
CCC 2830: credere nella Provvidenza non significa oziare

Nona Domenica del Tempo Ordinario

CCC 2822-2827: « Sia fatta la tua volontà »
CCC 2611: la preghiera di fede è disporre il cuore a fare la volontà di Dio
CCC 1987-1995: la giustificazione

Decima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 545, 589: Gesù chiama e perdona i peccatori
CCC 2099-2100: il sacrificio è gradito a Dio
CCC 144-146, 2572: Abramo modello di fede

Undicesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 551, 761-766: la Chiesa preparata dal popolo dell’Antico Testamento
CCC 783-786: la Chiesa: un popolo sacerdotale, profetico e regale
CCC 849-865: la missione apostolica della Chiesa

Dodicesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 852: lo Spirito di Cristo sostiene la missione cristiana
CCC 905: evangelizzare con la testimonianza della vita
CCC 1808, 1816: la coraggiosa testimonianza della fede supera la paura e la morte
CCC 2471-2474: rendere testimonianza alla verità
CCC 359, 402-411, 615: Adamo, il peccato originale, Cristo il nuovo Adamo

Tredicesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 2232-2233: la prima vocazione del cristiano è seguire Gesù
CCC 537, 628, 790, 1213, 1226-1228, 1694: battesimo, sacrificare se stessi, vivere per Cristo
CCC 1987: la grazia ci giustifica mediante il battesimo e la fede

Quattordicesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 514-521: la conoscenza dei misteri di Cristo, la nostra comunione ai suoi misteri
CCC 238-242:il Padre è rivelato dal Figlio
CCC 989-990: la risurrezione della carne

Quindicesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 546: Cristo insegna attraverso le parabole
CCC 1703-1709: la capacità di conoscere e rispondere alla voce di Dio
CCC 2006-2011: Dio associa l’uomo all’opera della sua grazia
CCC 1046-1047: la creazione, parte del nuovo universo
CCC 2707: il valore della meditazione

Sedicesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 543-550: il Regno di Dio
CCC 309-314: la bontà di Dio e lo scandalo del male
CCC 825, 827: la zizzania e il seme del Vangelo in ognuno di noi e nella Chiesa
CCC 1425-1429: il bisogno di conversione continua
CCC 2630: la preghiera di domanda attraverso lo Spirito Santo

Diciassettesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 407: non si può ignorare il peccato originale per discernere la situazione umana
CCC 1777-1785: scegliere secondo coscienza in accordo con la volontà di Dio
CCC 1786-1789: discernere la volontà di Dio espressa nella Legge in situazioni difficili
CCC 1038-1041: la separazione del bene dal male nel giudizio finale
CCC 1037: Dio non predestina nessuno ad andare all’inferno

Diciottesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 2828-2837: «dacci oggi il nostro pane quotidiano»
CCC 1335: i miracoli della moltiplicazione dei pani prefigurano l’Eucarestia
CCC 1391-1401: i frutti della Comunione

Diciannovesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 164: la fede può essere messa alla prova
CCC 272-274: soltanto la fede può aderire alle vie misteriose della Provvidenza
CCC 671-672: nei tempi difficili, coltivare la fiducia poiché tutto è sottomesso a Cristo
CCC 56-64, 121-122, 218-219: storia di alleanze, l’amore di Dio per Israele
CCC 839-840: il rapporto della Chiesa con il popolo ebraico

Ventesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 543-544: il Regno di Dio annunziato dapprima a Israele, ora per tutti coloro che credono
CCC 674: la venuta di Cristo speranza d’Israele; la sua finale accettazione del Messia
CCC 2610: il potere dell’invocazione fatta con fede sincera
CCC 831, 849: la Chiesa è cattolica

Ventunesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 551-553: le chiavi del Regno
CCC 880-887: il fondamento dell’unità: il collegio episcopale e il suo capo, il successore di Pietro

Ventiduesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 618: Cristo chiama i suoi discepoli a prendere la croce e a seguirlo
CCC 555, 1460, 2100: la croce è la via per entrare nella gloria di Cristo
CCC 2015: il cammino della perfezione passa attraverso il cammino della croce
CCC 2427: portare la croce nella vita di tutti i giorni

Ventitresima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 2055: il Decalogo riassunto nel comandamento di amare
CCC 1443-1445: riconciliazione con la Chiesa
CCC 2842-2845: « come noi li rimettiamo ai nostri debitori »

Ventiquattresima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 218-221: Dio è amore
CCC 294: Dio manifesta la sua gloria attraverso la sua bontà
CCC 2838-2845: « rimetti a noi i nostri debiti »

Venticinquesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 210-211: Dio di misericordia e di pietà
CCC 588-589: Gesù identifica la sua compassione verso i peccatori con quella di Dio

Ventiseiesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 1807: l’uomo giusto si distingue per l’abituale rettitudine verso il prossimo
CCC 2842: soltanto lo Spirito Santo può fare nostri i sentimenti di Gesù
CCC 1928-1930, 2425-2426: l’obbligo della giustizia sociale
CCC 446-461: la signoria di Cristo
CCC 2822-2827: « sia fatta la tua volontà »

Ventisettesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 755: la Chiesa è la vigna di Dio
CCC 1830-1832: i doni e i frutti dello Spirito Santo
CCC 443: i profeti sono i servi, Cristo è il Figlio

Ventottesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 543-546: Gesù invita i peccatori, ma chiede la conversione
CCC 1402-1405, 2837: l’Eucarestia è l’assaggio del banchetto messianico

Ventinovesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 1897-1917: partecipazione nella sfera sociale
CCC 2238-2244: doveri dei cittadini

Trentesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 2052-2074: i Dieci Comandamenti interpretati attraverso l’amore
CCC 2061-2063: l’agire morale risposta all’iniziativa d’amore di Dio

Trentunesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 2044: l’agire morale e la testimonianza cristiana
CCC 876, 1550-1551: il sacerdozio è un servizio; la fragilità umana dei capi

Trentaduesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 671-672: siamo nell’attesa che tutto sia a Cristo sottomesso
CCC 988-991: i giusti vivranno per sempre con Cristo risorto
CCC 1036, 2612: vegliamo assiduamente per il ritorno del Signore

Trentatreesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 2006-2011: il nostro merito per le opere buone viene dalla grazia di Dio
CCC 1038-1041: il Giudizio finale manifesterà il nostro merito
CCC 1048-1050: essere operosi aspettando il ritorno del Signore
CCC 1936-1937: la diversità dei talenti
CCC 2331, 2334: la dignità della donna
CCC 1603-1605: il matrimonio nell’ordine della creazione

Solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’universo

CCC 440, 446-451, 668-672, 783, 786, 908, 2105, 2628: Cristo, Signore e Re
CCC 678-679, 1001, 1038-1041: Cristo, il giudice
CCC 2816-2821: « Venga il tuo regno »

 

CICLO B

Prima Domenica di Avvento

CCC 668-677, 769: la tribolazione finale e la venuta di Cristo nella gloria
CCC 451, 671, 1130, 1403, 2817: « Vieni, Signore Gesù! »
CCC 35: Dio dona agli uomini la grazia per poter accettare la rivelazione e accogliere il Messia
CCC 827, 1431, 2677, 2839: riconoscere che siamo tutti peccatori

Seconda Domenica di Avvento

CCC 522, 711-716, 722: i profeti e l’attesa del Messia
CCC 523, 717-720: la missione di Giovanni Battista
CCC 1042-1050: i cieli nuovi e la terra nuova

Terza Domenica di Avvento

CCC 30, 163, 301, 736, 1829, 1832, 2015, 2362: la gioia
CCC 713-714: le caratteristiche del Messia atteso
CCC 218-219: l’amore di Dio per Israele
CCC 772, 796: la Chiesa, sposa di Cristo

Quarta Domenica di Avvento

CCC 484-494: l’Annunciazione
CCC 439, 496, 559, 2616: Gesù è il figlio di Davide
CCC 143-149, 494, 2087: « l’obbedienza della fede »

Solennità del Natale

CCC 456-460, 466: « perché il Verbo si è fatto carne?»
CCC 461-463, 470-478: l’Incarnazione
CCC 437, 525-526: il mistero del Natale
CCC 439, 496, 559, 2616: Gesù è il figlio di Davide
CCC 65, 102: Dio ha detto tutto nel suo Verbo
CCC 333: il Cristo incarnato è adorato dagli angeli
CCC 1159-1162, 2131, 2502: l’Incarnazione e le immagini di Cristo

Santa Famiglia

CCC 531-534: la Santa Famiglia
CCC 1655-1658, 2204-2206: la famiglia cristiana, Chiesa domestica
CCC 2214-2233: i doveri dei membri della famiglia
CCC 529, 583, 695: la presentazione al Tempio
CCC 144-146, 165, 489, 2572, 2676: Abramo e Sara, modelli di fede

Solennità di Maria Santissima Madre di Dio

CCC 464-469: Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo
CCC 495, 2677: Maria è la Madre di Dio
CCC 1, 52, 270, 294, 422, 654, 1709, 2009: la nostra adozione come figli di Dio
CCC 527, 577-582: Gesù osserva la Legge e la perfeziona
CCC 580, 1972: la Legge nuova ci libera dalle restrizioni della Legge antica
CCC 683, 689, 1695, 2766, 2777-2778: attraverso lo Spirito Santo possiamo chiamare Dio “Abba”
CCC 430-435, 2666-2668, 2812: il nome di Gesù

Seconda Domenica dopo Natale

CCC 151, 241, 291, 423, 445, 456-463, 504-505, 526, 1216, 2466, 2787: prologo del Vangelo di Giovanni
CCC 272, 295, 299, 474, 721, 1831: Cristo, Sapienza di Dio
CCC 158, 283, 1303, 1831, 2500: Dio ci dona la sapienza

Solennità dell’Epifania del Signore

CCC 528, 724: l’Epifania del Signore
CCC 280, 529, 748, 1165, 2466, 2715: Cristo luce delle nazioni
CCC 60, 442, 674, 755, 767, 774-776, 781, 831: la Chiesa, sacramento dell’unità del genere umano

Prima Domenica di Quaresima

CCC 394, 538-540, 2119: le tentazioni di Gesù
CCC 2846-2849: « non ci indurre in tentazione »
CCC 56-58, 71: l’alleanza con Noè
CCC 845, 1094, 1219: l’arca di Noè prefigura la Chiesa e il battesimo
CCC 1116, 1129, 1222: alleanza e sacramenti (specialmente il battesimo)
CCC 1257, 1811: Dio salva per mezzo del battesimo

Seconda Domenica di Quaresima

CCC 554-556, 568: la Trasfigurazione
CCC 59, 145-146, 2570-2572: l’obbedienza di Abramo
CCC 153-159: le caratteristiche della fede
CCC 2059: Dio manifesta la sua gloria per rivelarci la sua volontà
CCC 603, 1373, 2634, 2852: Cristo è per tutti noi

Terza Domenica di Quaresima

CCC 459, 577-582: Gesù e la Legge
CCC 593, 583-586: il Tempio prefigura Cristo; lui è il Tempio
CCC 1967-1968: la Legge nuova completa quella antica
CCC 272, 550, 853: la potenza di Cristo rivelata nella Croce

Quarta Domenica di Quaresima

CCC 389, 457-458, 846, 1019, 1507: Cristo il Salvatore
CCC 679: Cristo è il Signore della vita eterna
CCC 55: Dio vuole dare agli uomini la vita eterna
CCC 710: l’esilio di Israele presagio della Passione

Quinta Domenica di Quaresima

CCC 606-607: la vita di Cristo è offerta al Padre
CCC 542, 607: il desiderio di Cristo di dare la sua vita per la nostra salvezza
CCC 690, 729: lo Spirito glorifica il Figlio, il Figlio glorifica il Padre
CCC 662, 2853: l’ascesa di Cristo nella gloria è la nostra vittoria
CCC 56-64, 220, 715, 762, 1965: storia delle alleanze

Domenica delle Palme e della Passione del Signore

CCC 557-560: l’ingresso di Gesù a Gerusalemme 
CCC 602-618: la Passione di Cristo
CCC 2816: la signoria di Cristo viene dalla sua morte e risurrezione
CCC 654, 1067-1068, 1085, 1362: il mistero pasquale e la liturgia

Giovedì Santo – Cena del Signore

CCC 1337-1344: l’istituzione dell’Eucarestia
CCC 1359-1361: Eucarestia come azione di grazie
CCC 610, 1362-1372, 1382, 1436: Eucarestia come sacrificio
CCC 1373-1381: la presenza reale di Cristo nell’Eucarestia
CCC 1384-1401, 2837: la Comunione
CCC 1402-1405: l’Eucarestia « pegno della gloria futura »
CCC 611, 1366: istituzione del sacerdozio nell’Ultima Cena

Venerdì Santo – La Passione del Signore

CCC 602-618, 1992: la Passione di Cristo
CCC 612, 2606, 2741: la preghiera di Gesù
CCC 467, 540, 1137: Cristo il sommo sacerdote
CCC 2825: l’obbedienza di Cristo e la nostra

Domenica di Pasqua – Risurrezione del Signore

CCC 638-655, 989, 1001-1002: la risurrezione di Cristo e la nostra risurrezione
CCC 647, 1167-1170, 1243, 1287: la Pasqua, il Giorno del Signore
CCC 1212: i sacramenti dell’iniziazione cristiana
CCC 1214-1222, 1226-1228, 1234-1245, 1254: il Battesimo
CCC 1286-1289: la Cresima
CCC 1322-1323: l’Eucarestia

Seconda Domenica di Pasqua

CCC 448, 641-646: le apparizioni del Cristo Risorto
CCC 1084-1089: la presenza santificante del Cristo risorto nella liturgia
CCC 2177-2178, 1342: l’Eucarestia domenicale
CCC 654-655, 1988: la nostra nascita a nuova vita nella risurrezione di Cristo
CCC 976-983, 1441-1442: « credo nella remissione dei peccati »
CCC 949-953, 1329, 1342, 2624, 2790: la comunione dei beni spirituali

Terza Domenica di Pasqua

CCC 1346-1347: l’Eucarestia e l’esperienza dei discepoli di Emmaus
CCC 642-644, 857, 995-996: gli apostoli e i discepoli testimoni della risurrezione
CCC 102, 601, 426-429, 2763: Cristo, chiave per interpretare le Scritture
CCC 519, 662, 1137: Cristo, nostro avvocato in cielo

Quarta Domenica di Pasqua

CCC 754, 764, 2665: Cristo, pastore delle pecore e porta dell’ovile
CCC 553, 857, 861, 881, 896, 1558, 1561, 1568, 1574: il Papa e i vescovi come pastori
CCC 874, 1120, 1465, 1536, 1548-1551, 1564, 2179, 2686: i preti come pastori
CCC 756: Cristo pietra angolare
CCC 1, 104, 239, 1692, 1709, 2009, 2736: siamo i figli adottivi di Dio

Quinta Domenica di Pasqua

CCC 2746-2751: la preghiera di Cristo nell’Ultima Cena
CCC 736-737, 755, 787, 1108, 1988, 2074: Cristo è la vite, noi i tralci
CCC 953, 1822-1829: la carità

Sesta Domenica di Pasqua

CCC 2746-2751: la preghiera di Cristo nell’Ultima Cena
CCC 214, 218-221, 231, 257, 733, 2331, 2577: Dio è amore
CCC 1789, 1822-1829, 2067, 2069: l’amore per Dio e per il prossimo adempie i comandamenti
CCC 2347, 2709: l’amicizia con Cristo

Solennità dell’Ascensione del Signore

CCC 659-672, 697, 792, 965, 2795: l’Ascensione

Settima Domenica di Pasqua

CCC 2746-2751: la preghiera di Cristo nell’Ultima Cena
CCC 2614, 2741: Gesù prega per noi
CCC 611, 2812, 2821: la preghiera di Gesù ci santifica, specialmente nell’Eucarestia

Solennità di Pentecoste

CCC 696, 726, 731-732, 737-741, 830, 1076, 1287, 2623: Pentecoste
CCC 599, 597,674, 715: la testimonianza apostolica della Pentecoste
CCC 1152, 1226, 1302, 1556: il mistero della Pentecoste continua nella Chiesa
CCC 767, 775, 798, 796, 813, 1097, 1108-1109: la Chiesa, comunione nello Spirito

Solennità della Santissima Trinità

CCC 202, 232-260, 684, 732: il mistero della Trinità
CCC 249, 813, 950, 1077-1109, 2845: nella Chiesa e nella sua liturgia
CCC 2655, 2664-2672: la Trinità e la preghiera
CCC 2205: la famiglia, immagine della Trinità

Solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo

CCC 790, 1003, 1322-1419: la santa Eucarestia
CCC 805, 950, 2181-2182, 2637, 2845: l’Eucarestia e la comunione dei fedeli
CCC 1212, 1275, 1436, 2837: l’Eucarestia come pane spirituale

Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù

CCC 210-211, 604: la misericordia di Dio
CCC 430, 478, 545, 589, 1365, 1439, 1825, 1846: l’amore di Cristo verso il prossimo
CCC 2669: il Cuore di Cristo è degno di adorazione
CCC 766, 1225: la Chiesa nasce dal costato aperto di Cristo
CCC 1432, 2100: l’amore di Cristo commuove i nostri cuori

Seconda Domenica del Tempo Ordinario

CCC 462, 516, 2568, 2824: la volontà del Padre si compie in Cristo
CCC 543-546: accogliere il Regno di Dio, accogliere la parola di Dio
CCC 873-874: Cristo sorgente della vocazione cristiana
CCC 364, 1004: la dignità del corpo
CCC 1656, 2226: aiutare i figli a scoprire la loro vocazione

Terza Domenica del Tempo Ordinario

CCC 51-64: il disegno della rivelazione di Dio
CCC 1427-1433: la conversione interiore e continua
CCC 1886-1889: conversione e società

Quarta Domenica del Tempo Ordinario

CCC 547-550: Gesù accompagna le sue parole con i miracoli
CCC 447, 438, 550: la potenza di Gesù sui demoni
CCC 64, 762, 2595: il ruolo di Profeta
CCC 922, 1618-1620: la verginità per il Regno di Dio

Quinta Domenica del Tempo Ordinario

CCC 547-550: le guarigioni, segni del tempo messianico
CCC 1502-1505: Cristo, il guaritore
CCC 875, 1122: la necessità della predicazione

Sesta Domenica del Tempo Ordinario

CCC 1474: vivere in Cristo congiunge tutti i credenti in lui
CCC 1939-1942: la solidarietà umana
CCC 2288-2291: il rispetto della salute

Settima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 1421, 1441-1442: Cristo guaritore dell’anima e del corpo
CCC 987, 1441, 1741: Cristo perdona i peccati
CCC 1425-1426: la riconciliazione dopo il battesimo
CCC 1065: Cristo il nostro “amen”

Ottava Domenica del Tempo Ordinario

CCC 772-773, 796: la Chiesa, mistero dell’unione con Dio
CCC 796: la Chiesa, sposa di Cristo

Nona Domenica del Tempo Ordinario

CCC 345-349, 582, 2168-2173: il Giorno del Signore
CCC 1005-1014, 1470, 1681-1683: vivere e morire in Cristo

Decima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 410-412: il « protovangelo »
CCC 374-379: l’uomo nel paradiso
CCC 385-409: la caduta
CCC 517, 550: Cristo esorcista

Undicesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 543-546: l’annuncio del Regno di Dio
CCC 2653-2654, 2660, 2716: l’ascolto della Parola fa crescere il Regno di Dio

Dodicesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 423, 464-469: Gesù vero Dio e vero uomo
CCC 1814-1816: la fede, dono di Dio e la risposta degli uomini
CCC 671-672: mantenere la fede nelle avversità

Tredicesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 548-549, 646, 994: Cristo risuscita i morti
CCC 1009-1014: la morte è trasformata da Cristo
CCC 1042-1050: la speranza dei cieli nuovi e della terra nuova

Quattordicesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 2581-2584: i profeti e la conversione del cuore
CCC 436: Cristo il profeta
CCC 162: la perseveranza nella fede
CCC 268, 273, 1508: la potenza è resa perfetta nella debolezza

Quindicesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 1506-1509: i discepoli condividono la missione guaritrice di Cristo
CCC 737-741: la Chiesa è chiamata a proclamare e testimoniare
CCC 849-856: origine e ampiezza della missione della Chiesa
CCC 1122, 1533: la vocazione alla missione
CCC 693, 698, 706, 1107, 1296: lo Spirito Santo, la promessa e il sigillo di Dio
CCC 492: Maria, scelta prima della creazione del mondo

Sedicesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 2302-2306: Cristo nostra pace
CCC 2437-2442: testimoniare e lavorare per la pace e la giustizia

Diciassettesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 1335: il miracolo dei pani e dei pesci prefigura l’Eucarestia
CCC 814-815, 949-959: condivisione dei doni nella comunità della Chiesa

Diciottesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 1333-1336: i segni eucaristici del pane e del vino
CCC 1691-1696: la vita in Cristo

Diciannovesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 1341-1344: « fate questo in memoria di me »
CCC 1384-1390: « prendete e mangiatene tutti »: la Comunione

Ventesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 1402-1405: Eucarestia: « pegno della gloria futura »
CCC 2828-2837: Eucarestia, il nostro pane quotidiano
CCC 1336: lo scandalo

Ventunesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 796: la Chiesa, sposa di Cristo
CCC 1061-1065: la fedeltà e l’amore assoluto di Dio
CCC 1612-1617, 2360-2365: il matrimonio nel Signore

Ventiduesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 577-582: Cristo e la Legge
CCC 1961-1974: la Legge antica e il Vangelo

Ventitreesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 1503-1505: Cristo medico
CCC 1151-1152: segni assunti da Cristo, segni sacramentali
CCC 270-271: la misericordia di Dio

Ventiquattresima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 713-716: i tratti del Messia sono rivelati nei canti del Servo
CCC 440, 571-572, 601: Gesù soffrì e morì per la nostra salvezza
CCC 618: la nostra partecipazione al sacrificio di Cristo
CCC 2044-2046: le opere buone manifestano la fede

Venticinquesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 539, 565, 600-605, 713: Cristo, il Servo obbediente di Dio
CCC 786: “servire” in Cristo è “regnare”
CCC 1547, 1551: il sacerdozio ministeriale è servizio
CCC 2538-2540: il peccato dell’invidia
CCC 2302-2306: la difesa della pace

Ventiseiesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 821, 1126, 1636: il dialogo ecumenico
CCC 2445-2446, 2536, 2544-2547: il pericolo della smodata brama di ricchezza
CCC 1852: la gelosia

Ventisettesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 1602-1617, 1643-1651, 2331-2336: la fedeltà coniugale
CCC 2331-2336: il divorzio
CCC 1832: la fedeltà, frutto dello Spirito
CCC 2044, 2147, 2156, 2223, 2787: la fedeltà dei battezzati

Ventottesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 101-104: il Cristo, parola unica della sacra Scrittura
CCC 131-133: la sacra Scrittura nella vita della Chiesa
CCC 2653-2654: le Scritture sorgenti della preghiera
CCC 1723, 2536, 2444-2447: l’amore per i poveri

Ventinovesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 599-609: la morte redentrice di Cristo nel disegno della salvezza
CCC 520: l’umiliazione di Cristo è per noi modello da imitare
CCC 467, 540, 1137: Cristo Sommo Sacerdote

Trentesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 547-550: Gesù manifesta i segni messianici
CCC 1814-1816: la fede è dono di Dio
CCC 2734-2737: la confidenza filiale nella preghiera

Trentunesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 2083: i comandamenti esortano alla risposta d’amore
CCC 2052, 2093-2094: il primo comandamento
CCC 1539-1547: il sacramento dell’Ordine nell’economia della salvezza

Trentaduesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 519-521: Cristo ha donato la sua vita per noi
CCC 2544-2547: la povertà di cuore
CCC 1434, 1438, 1753, 1969, 2447: l’elemosina
CCC 2581-2584: Elia e la conversione del cuore
CCC 1021-1022: il giudizio particolare

Trentatreesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 1038-1050: il giudizio finale, la speranza dei cieli nuovi e della terra nuova
CCC 613-614, 1365-1367: la morte di Cristo è il sacrificio unico e definitivo; l’Eucarestia

Solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’universo

CCC 440, 446-451, 668-672, 783, 786, 908, 2105, 2628: Cristo, Signore e Re
CCC 678-679, 1001, 1038-1041: Cristo giudice
CCC 2816-2821: « venga il tuo regno»

CICLO C

Prima Domenica di Avvento

CCC 668-677, 769: la tribolazione finale e la venuta di Cristo nella gloria
CCC 451, 671, 1130, 1403, 2817: « vieni, Signore Gesù! »
CCC 439, 496, 559, 2616: Gesù è il figlio di Davide
CCC 207, 210-214, 270, 1062-1063: Dio è fedele e misericordioso

Seconda Domenica di Avvento

CCC 522, 711-716, 722: i profeti e l’attesa del Messia
CCC 523, 717-720: la missione di Giovanni Battista
CCC 710: l’esilio di Israele presagisce la Passione
CCC 2532, 2636: la sollecitudine di Paolo

Terza Domenica di Avvento

CCC 30, 163, 301, 736, 1829, 1832, 2015, 2362: la gioia
CCC 523-524, 535: Giovanni prepara la via per il Messia
CCC 430-435: Gesù il Salvatore

Quarta Domenica di Avvento

CCC 148, 495, 717, 2676: la Visitazione
CCC 462, 606-607, 2568, 2824: il Figlio si è incarnato per compiere la volontà del Padre

Solennità del Natale

CCC 456-460, 466: «perché il Verbo si è fatto carne?»
CCC 461-463, 470-478: l’Incarnazione
CCC 437, 525-526: il mistero del Natale
CCC 439, 496, 559, 2616: Gesù è il figlio di Davide
CCC 65, 102: Dio ha detto tutto nel suo Verbo
CCC 333: il Cristo incarnato è adorato dagli angeli
CCC 1159-1162, 2131, 2502: l’Incarnazione e le immagini di Cristo

Santa Famiglia

CCC 531-534: la Santa Famiglia
CCC 1655-1658, 2204-2206: la famiglia Cristiana, Chiesa domestica
CCC 2214-2233: i doveri dei membri della famiglia
CCC 534, 583, 2599: il ritrovamento di Gesù nel Tempio
CCC 64, 489, 2578: Anna e Samuele
CCC 1, 104, 239, 1692, 1709, 2009, 2736: siamo tutti figli adottivi di Dio
CCC 163, 1023, 1161, 2519, 2772: vedremo Dio «faccia a faccia» «così come Egli è»

Solennità di Maria Santissima Madre di Dio

CCC 464-469: Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo
CCC 495, 2677: Maria è la Madre di Dio
CCC 1, 52, 270, 294, 422, 654, 1709, 2009: la nostra
adozione come figli di Dio
CCC 527, 577-582: Gesù osserva la Legge e la
perfeziona
CCC 580, 1972: la Legge nuova ci libera dalle restrizione della
Legge antica
CCC 683, 689, 1695, 2766, 2777-2778: attraverso lo
Spirito Santo possiamo chiamare Dio “Abba”
CCC 430-435, 2666-2668, 2812: il nome di Gesù

Seconda Domenica dopo Natale

CCC 151, 241, 291, 423, 445, 456-463, 504-505, 526,
1216, 2466, 2787: prologo del Vangelo di Giovanni
CCC 272, 295, 299, 474, 721, 1831: Cristo, Sapienza
di Dio
CCC 158, 283, 1303, 1831, 2500: Dio ci dona la
Sapienza

Solennità dell’Epifania del Signore

CCC 528, 724: l’Epifania del Signore
CCC 280, 529, 748, 1165, 2466, 2715: Cristo luce
delle nazioni
CCC 60, 442, 674, 755, 767, 774-776, 781, 831: la
Chiesa, sacramento dell’unità del genere umano

Prima Domenica di Quaresima

CCC 394, 538-540, 2119: le tentazioni di Gesù
CCC 2846-2849: « non ci indurre in tentazione »
CCC 1505: Cristo ci libera dal male
CCC 142-143, 309: la fede è sottomissione a Dio,
assenso a Dio, risposta al male
CCC 59-63: Dio forma il suo popolo sacerdotale
attraverso Abramo e l’Esodo

Seconda Domenica di Quaresima

CCC 554-556, 568: la Trasfigurazione
CCC 59, 145-146, 2570-2572: l’obbedienza di Abramo
CCC 1000: la fede ci apre la via per comprendere il
mistero della risurrezione
CCC 645, 999-1001: la risurrezione del corpo

Terza Domenica di Quaresima

CCC 210, 2575-2577: Dio chiama Mosè, ascolta le
preghiere del popolo
CCC 1963-1964: l’osservanza della Legge prepara alla
conversione
CCC 2851: il male e le sue opere ostacolano la via
della salvezza
CCC 128-130, 1094: la lettura tipologica del Vecchio
Testamento rivela il Nuovo Testamento
CCC 736, 1108-1109, 1129, 1521, 1724, 1852, 2074,
2516, 2345, 2731: portare frutto

Quarta Domenica di Quaresima

CCC 1439, 1465, 1481, 1700, 2839: il figlio prodigo
CCC 207, 212, 214: Dio è fedele alle sue promesse
CCC 1441, 1443: Dio perdona i peccati; i peccatori
sono reintegrati nella comunità
CCC 982: la porta del perdono è sempre aperta per
coloro che si pentono
CCC 1334: il pane quotidiano di Israele è il frutto
della terra promessa

Quinta Domenica di Quaresima

CCC 430, 545, 589, 1846-1847: Gesù manifesta la
misericordia del Padre
CCC 133, 428, 648, 989, 1006: la sublime ricchezza
della conoscenza di Cristo
CCC 2475-2479: il giudizio temerario

Domenica delle Palme e della Passione del Signore

CCC 557-560: l’ingresso di Gesù a Gerusalemme
CCC 602-618: la Passione di Cristo
CCC 2816: la signoria di Cristo viene dalla sua morte
e risurrezione
CCC 654, 1067-1068, 1085, 1362: il mistero pasquale e
la liturgia

Giovedì Santo – Cena del Signore

CCC 1337-1344: l’istituzione dell’Eucarestia
CCC 1359-1361: l’Eucarestia come azione di grazie
CCC 610, 1362-1372, 1382, 1436: l’Eucarestia come
sacrificio
CCC 1373-1381: la reale presenza di Cristo
nell’Eucarestia
CCC 1384-1401, 2837: la Comunione
CCC 1402-1405: l’Eucarestia « pegno della gloria
futura »
CCC 611, 1366: istituzione del sacerdozio nell’Ultima
Cena

Venerdì Santo – La Passione del Signore

CCC 602-618, 1992: la Passione di Cristo
CCC 612, 2606, 2741: la preghiera di Gesù
CCC 467, 540, 1137: Cristo Sommo Sacerdote
CCC 2825: l’obbedienza di Cristo e la nostra

Domenica di Pasqua– Risurrezione del Signore

CCC 638-655, 989, 1001-1002: la risurrezione di
Cristo e la nostra risurrezione
CCC 647, 1167-1170, 1243, 1287: la Pasqua, il Giorno
del Signore
CCC 1212: i sacramenti dell’iniziazione cristiana
CCC 1214-1222, 1226-1228, 1234-1245, 1254: il
Battesimo
CCC 1286-1289: la Cresima
CCC 1322-1323: l’Eucarestia

Seconda Domenica di Pasqua

CCC 448, 641-646: le apparizioni del Cristo Risorto
CCC 1084-1089: la presenza santificante del Cristo
risorto nella liturgia
CCC 2177-2178, 1342: l’Eucarestia domenicale
CCC 654-655, 1988: la nostra nascita a una nuova vita
nella risurrezione di Cristo
CCC 976-983, 1441-1442: « credo nella remissione dei
peccati »
CCC 949-953, 1329, 1342, 2624, 2790: la comunione dei
beni spirituali
CCC 612, 625, 635, 2854: Cristo, “il Vivente”
possiede le chiavi della morte

Terza Domenica di Pasqua

CCC 642-644, 857, 995-996: gli apostoli e i discepoli
testimoni della risurrezione
CCC 553, 641, 881, 1429: il Cristo risorto e Pietro
CCC 1090, 1137-1139, 1326: la liturgia celeste

Quarta Domenica di Pasqua

CCC 754, 764, 2665: Cristo, pastore delle pecore e
porta dell’ovile
CCC 553, 857, 861, 881, 896, 1558, 1561, 1568, 1574:
il Papa e i vescovi come pastori
CCC 874, 1120, 1465, 1536, 1548-1551, 1564, 2179,
2686: i preti come pastori
CCC 60, 442, 543, 674, 724, 755, 775, 781: la Chiesa
è fatta dagli Ebrei e dai Gentili
CCC 957, 1138, 1173, 2473-2474: la comunione con i
martiri

Quinta Domenica di Pasqua

CCC 2746-2751: la preghiera di Cristo all’Ultima Cena
CCC 459, 1823, 2074, 2196, 2822, 2842: « come io vi
ho amati »
CCC 756, 865, 1042-1050, 2016, 2817: i nuovi cieli e
la nuova terra

Sesta Domenica di Pasqua

CCC 2746-2751: la preghiera di Cristo all’Ultima Cena
CCC 243, 388, 692, 729, 1433, 1848: lo Spirito Santo,
Avvocato/Consolatore
CCC 1965-1974: la nuova Legge perfeziona la Legge
antica
CCC 865, 869, 1045, 1090, 1198, 2016: la Gerusalemme
celeste

Solennità dell’Ascensione del Signore

CCC 659-672, 697, 792, 965, 2795: l’Ascensione

Settima Domenica di Pasqua

CCC 521: attraverso Cristo viviamo in comunione con
il Padre
CCC 787-790, 795, 1044-1047: la Chiesa è comunione in
Cristo e con Cristo

Solennità di Pentecoste

CCC 696, 726, 731-732, 737-741, 830, 1076, 1287,
2623: Pentecoste
CCC 599, 597,674, 715: la testimonianza apostolica
della Pentecoste
CCC 1152, 1226, 1302, 1556: il mistero della
Pentecoste continua nella Chiesa
CCC 767, 775, 798, 796, 813, 1097, 1108-1109: la
Chiesa, comunione dello Spirito

Solennità della Santissima Trinità

CCC 202, 232-260, 684, 732: il mistero della Trinità
CCC 249, 813, 950, 1077-1109, 2845: nella Chiesa e
nella liturgia
CCC 2655, 2664-2672: la Trinità e la preghiera
CCC 2205: la famiglia come immagine della Trinità

Solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo

CCC 790, 1003, 1322-1419: la Santa Eucarestia
CCC 805, 950, 2181-2182, 2637, 2845: l’Eucarestia e
la comunione dei credenti
CCC 1212, 1275, 1436, 2837: l’Eucarestia, pane
spirituale

Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù

CCC 210-211, 604: la misericordia di Dio
CCC 430, 478, 545, 589, 1365, 1439, 1825, 1846:
l’amore di Cristo per il prossimo
CCC 2669: il Cuore di Cristo è degno di adorazione
CCC 766, 1225: la Chiesa nasce dal costato aperto di
Cristo
CCC 1432, 2100: l’amore di Cristo commuove i nostri
cuori

Seconda Domenica del Tempo Ordinario

CCC 528: a Cana, Cristo si manifesta come Messia,
Figlio di Dio, Salvatore
CCC 796: la Chiesa, sposa di Cristo
CCC 1612-1617: il matrimonio nel Signore
CCC 2618: l’intercessione di Maria a Cana
CCC 799-801, 951, 2003: i carismi al servizio della
Chiesa

Terza Domenica del Tempo Ordinario

CCC 714: l’attesa nel Vecchio Testamento del Messia e
dello Spirito
CCC 1965-1974: la Legge nuova e il Vangelo
CCC 106, 108, 515: Dio ispira gli autori delle
Scritture e i lettori
CCC 787-795: la Chiesa, corpo di Cristo

Quarta Domenica del Tempo Ordinario

CCC 436, 1241, 1546: Cristo il Profeta
CCC 904-907: la nostra partecipazione all’ufficio
profetico di Cristo
CCC 103-104: la fede, principio della vita eterna
CCC 1822-1829: la carità
CCC 772-773, 953: la comunione nella Chiesa
CCC 314, 1023, 2519: coloro in cielo vedranno Dio «
faccia a faccia »

Quinta Domenica del Tempo Ordinario

CCC 520, 618, 923, 1618, 1642, 2053: siamo tutti
chiamati a seguire Cristo
CCC 2144, 2732: il timore della presenza di Dio
contro la presunzione
CCC 631-644: gli Apostoli testimoni della
risurrezione

Sesta Domenica del Tempo Ordinario

CCC 1820: la speranza cristiana si sviluppa nell’annuncio delle
beatitudini
CCC 2544-2547: la povertà di cuore; il Signore si
addolora per i ricchi
CCC 655, 989-991, 1002-1003: la speranza nella
risurrezione

Settima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 210-211: Dio di misericordia
CCC 1825, 1935, 1968, 2303, 2647, 2842-2845: il
perdono dei nemici
CCC 359, 504: Cristo, il nuovo Adamo

Ottava Domenica del Tempo Ordinario

CCC 2563: il cuore è la dimora della verità
CCC 1755-1756: gli atti buoni e gli atti cattivi
CCC 1783-1794: la formazione della coscienza e la
decisione secondo coscienza
CCC 2690: la direzione spirituale
CCC 1009-1013: il senso della morte cristiana

Nona Domenica del Tempo Ordinario

CCC 543-546: tutti gli uomini sono chiamati a entrare
nel Regno di Dio
CCC 774-776: la Chiesa, sacramento universale di
salvezza
CCC 2580: la preghiera di dedicazione del Tempio di
Salomone
CCC 583-586: Gesù e il Tempio

Decima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 646, 994: nel risuscitare i morti Cristo annuncia
la sua risurrezione
CCC 1681: il senso cristiano della morte associato
alla risurrezione
CCC 2583: Elia e la vedova
CCC 2637: Cristo libera la creazione dal peccato e
dalla morte

Undicesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 1441-1442: Dio solo perdona il peccato
CCC 1987-1995: la giustificazione
CCC 2517-1519: la purificazione del cuore
CCC 1481, 1736, 2538: Davide e Natan

Dodicesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 599-605: la morte redentrice di Cristo nel
disegno divino della salvezza
CCC 1435: prendere la propria croce, ogni giorno, e
seguire Gesù
CCC 787-791: la Chiesa in comunione con Cristo
CCC 1227, 1243, 1425, 2348: « rivestirsi di Cristo »;
il battesimo, la castità

Tredicesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 587: la salita di Gesù a Gerusalemme per la sua
morte e risurrezione
CCC 2052-2055: « Maestro, che cosa devo fare …? »
CCC 1036, 1816: la necessità del discepolato

Quattordicesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 541-546: il Regno di Dio è vicino
CCC 787, 858-859: gli Apostoli sono associati alla
missione di Cristo
CCC 2122: « l’operaio ha diritto al suo nutrimento »
CCC 2816-2821: « venga il tuo Regno »
CCC 555, 1816, 2015: la via per seguire Cristo passa
attraverso la croce

Quindicesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 299, 381: l’uomo è creato a immagine di Dio; il
primogenito
CCC 1931-1933: il prossimo deve essere considerato come « un altro
se stesso »
CCC 2447: le opere di misericordia corporale
CCC 1465: nella celebrazione del sacramento della
Penitenza il prete è come il buon Samaritano
CCC 203, 291, 331, 703: il Verbo e la creazione,
visibile e invisibile

Sedicesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 2571: l’ospitalità di Abramo
CCC 2241: accogliere lo straniero
CCC 2709-2719: la contemplazione
CCC 618, 1508: compartecipare alla sofferenza del
Corpo di Cristo
CCC 568, 772: « la speranza della gloria » nella
Chiesa e nei sacramenti

Diciassettesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 2634-2636: la preghiera di intercessione
CCC 2566-2567: la chiamata universale alla preghiera
CCC 2761-2772: la preghiera del Signore, la sintesi
di tutto il Vangelo
CCC 2609-2610, 2613, 2777-2785: rivolgerci a Dio con
perseveranza e fiducia filiale
CCC 2654:
lectio divina
CCC 537, 628, 1002, 1227: sepolti e risorti nel
battesimo

Diciottesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 661, 1042-1050, 1821: la speranza per i nuovi
cieli e la nuova terra
CCC 2535-2540, 2547, 2728: il disordine delle
cupidigie

Diciannovesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 144-149: l’obbedienza della fede
CCC 1817-1821: la virtù della speranza
CCC 2729-2733: la preghiera, umile vigilanza del
cuore
CCC 144-146, 165, 2572, 2676: Abramo, modello di fede

Ventesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 575-576: Cristo, « segno di contraddizione »
CCC 1816: il discepolo deve testimoniare la fede con
franchezza e coraggio
CCC 2471-2474: rendere testimonianza alla verità
CCC 946-957, 1370, 2683-2684: la nostra comunione con
i santi
CCC 1161: le sacre immagini manifestano « il gran
numero dei testimoni »

Ventunesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 543-546: tutti gli uomini sono chiamati a entrare
nel Regno di Dio
CCC 774-776: la Chiesa, sacramento universale di
salvezza
CCC 2825-2827: eseguire la volontà del Padre per
entrare nel Regno dei cieli
CCC 853, 1036, 1344, 1889, 2656: la via angusta

Ventiduesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 525-526: l’Incarnazione, un mistero di umiltà
CCC 2535-2540: il disordine delle cupidigie
CCC 2546, 2559, 2631, 2713: la preghiera ci chiama
all’umiltà e povertà di spirito
CCC1090, 1137-1139: la nostra partecipazione alla
liturgia celeste
CCC 2188: la Domenica ci rende partecipi
dell’assemblea festosa nei cieli

Ventitreesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 273, 300, 314: la trascendenza di Dio
CCC 36-43: la conoscenza di Dio secondo la Chiesa
CCC 2544: preferire Cristo a tutto e a tutti
CCC 914-919, 931-932: seguire Cristo nella vita consacrata

Ventiquattresima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 210-211: Dio di misericordia
CCC 604-605, 1846-1848: Dio ha l’iniziativa della
Redenzione
CCC 1439, 1700, 2839: il figlio prodigo, esempio di
conversione
CCC 1465, 1481: il figlio prodigo e il sacramento
della Penitenza

Venticinquesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 2407-2414: il rispetto dei beni altrui
CCC 2443-2449: l’amore per i poveri
CCC 2635: pregare in favore di un altro, non per i
propri interessi
CCC 65-67, 480, 667: Cristo, nostro Mediatore
CCC 2113, 2424, 2848: nessuno può servire a due
padroni
CCC 1900, 2636: l’intercessione per le autorità

Ventiseiesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 1939-1942: la solidarietà umana
CCC 2437-2449: la solidarietà fra le nazioni, l’amore
per i poveri
CCC 2831: la fame nel mondo, solidarietà e preghiera
CCC 633, 1021, 2463, 2831: Lazzaro
CCC 1033-1037: l’Inferno

Ventisettesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 153-165, 2087-2089: la fede
CCC 84: il deposito della fede affidato alla Chiesa
CCC 91-93: il senso soprannaturale della fede

Ventottesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 1503-1505, 2616: Cristo medico
CCC 543-550, 1151: i segni del Regno di Dio
CCC 224, 2637-2638: l’azione di grazie
CCC 1010: il senso della morte cristiana

Ventinovesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 2574-2577: Mosè e la preghiera di intercessione
CCC 2629-2633: la preghiera di domanda
CCC 2653-2654: la parola di Dio, sorgente di
preghiera
CCC 2816-2821: « venga il tuo regno »
CCC 875: la necessità della predicazione

Trentesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 588, 2559, 2613, 2631: l’umiltà è il fondamento
della preghiera
CCC 2616: Gesù esaudisce la preghiera di fede
CCC 2628: l’adorazione, la disposizione dell’uomo che
si riconosce creatura davanti al Signore
CCC 2631: la preghiera di perdono è il primo moto
della preghiera di domanda

Trentunesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 293-294, 299, 341, 353: l’universo è stato creato
per la gloria di Dio
CCC 1459, 2412, 2487: la riparazione

Trentaduesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 992-996: la rivelazione progressiva della risurrezione
CCC 997-1004: la nostra risurrezione in Cristo
CCC 1023-1029: il cielo
CCC 1030-1032: la purificazione finale o purgatorio

Trentatreesima Domenica del Tempo Ordinario

CCC 162-165: la perseveranza nella fede; la fede, inizio della vita eterna
CCC 675-677: l’ultima prova della Chiesa
CCC 307, 531, 2427-2429: il lavoro umano redentivo
CCC 673, 1001, 2730: l’ultimo giorno

Solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’universo

CCC 440, 446-451, 668-672, 783, 786, 908, 2105, 2628:
Cristo, Signore e Re
CCC 678-679, 1001, 1038-1041: Cristo giudice
CCC 2816-2821: « venga il tuo regno »

ALTRI GIORNI FESTIVI

19 Marzo: Solennità di San Giuseppe

CCC 437, 497, 532-534, 1014, 1846, 2177: San Giuseppe
CCC 2214-2220: i doveri dei figli e dei loro genitori

29 Giugno: Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo

CCC 153, 424, 440, 442, 552, 765, 880-881: San Pietro
CCC 442, 601, 639, 642, 1508, 2632-2633, 2636, 2638:
San Paolo

15 Agosto: Solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria

CCC 411, 966-971, 974-975, 2853: Maria, la nuova Eva,
è assunta in cielo
CCC 773, 829, 967, 972: Maria, icona escatologica
della Chiesa
CCC 2673-2679: in preghiera con Maria

1 Novembre: Solennità di Tutti i Santi

CCC 61, 946-962, 1090, 1137-1139, 1370: la Chiesa,
comunione di santi
CCC 956, 2683: l’intercessione dei santi
CCC 828, 867, 1173, 2030, 2683-2684: i santi, esempi
di santità

8 Dicembre: Solennità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria

CCC 411, 489-493, 722, 2001, 2853: l’Immacolata
Concezione

Appendice II

FONTI ECCLESIALI POST-CONCILIARI RILEVANTI SULLA
PREDICAZIONE

Concilio Vaticano II

Costituzione sulla Sacra liturgia  Sacrosanctum Concilium: 7, 24, 35, 52, 56
Costituzione dogmatica sulla Chiesa  Lumen gentium: 25
Costituzione dogmatica sulla divina rivelazione Dei Verbum: 7-13, 21, 25
Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes: 58
Decreto sull’attività missionaria della Chiesa Ad gentes: 6
Decreto sul ministero e la vita dei presbiteri  Presbyterorum ordinis: 4,18

Magistero papale

Paolo VI

Enciclica Mysterium fidei: 36
Esortazione apostolica Evangelii nuntiandi: 43, 75-76, 78-79

Giovanni Paolo II

Esortazione apostolica Catechesi tradendae: 48
Esortazione apostolica Pastores dabo vobis: 26
Esortazione apostolica Pastores gregis: 15
Lettera apostolica Dies Domini: 39-41
Lettera apostolica Novo millennio ineunte: 39-40

Benedetto XVI

Esortazione apostolica Sacramentum caritatis: 45-46
Esortazione apostolica Verbum Domini52-71

Francesco

Esortazione apostolica Evangelii gaudium: 135-159

Libri liturgici

Ordinamento generale del Messale Romano: 29, 57, 65-66
Lezionario, Introduzione
: 4-31, 38-48, 58-110
Rito delle Esequie, Premesse generali
: 18
Rito del Matrimonio
: 64

Codice di Diritto Canonico

Canoni 762, 767-769

Documenti delle Congregazioni della Curia Romana

Sacra Congregazione dei Riti, Istruzione Inter oecumenici (26 novembre 1964): 53-55
Sacra Congregazione dei Riti, Istruzione Eucharisticum mysterium (25 maggio 1967): 10
Congregazione per il Culto Divino, Istruzione Liturgicae instaurationes (5 settembre 1970): 2 Congregazione per il Clero,
Direttorio catechetico generale
(11 aprile 1971): 13 
Congregazione per il Clero,
Direttorio per il ministero e la vita dei presbiteri
(31 
gennaio 1994): 45-46 Congregazione per i Vescovi,
Apostolorum successores
(22 febbraio 2004): 119-122

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