Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla.


Dinanzi a noi, al centro e dinanzi alla nostra assemblea eucaristica, pascolo ubertoso, dinanzi al nostro cuore, oggi, si erge alto il Figlio dell’Uomo, il giudice escatologico, che siede sul trono del giudizio di fronte a cui si presentano tutte le genti, tutti i popoli.

Concludiamo, così, con questa icona, il nostro anno liturgico e la Chiesa ci invita a riflettere e a porre la nostra attenzione sul giorno ultimo, il giorno del giudizio universale. 

Giorno grande perché viene il Figlio dell’Uomo nella sua gloria e siederà sul trono del giudizio, sua gloria, insieme a tutti gli angeli. 

Giorno grande perché tutte le genti, cercate dal Pastore fin dall’origine, saranno radunati. Tutti i popoli di ogni lingua e nazione, di ogni cultura e religione, ricchi e poveri, tutti radunati, come nel giorno di Pentecoste a Gerusalemme, per essere passati in rassegna dal Pastore stesso.

E desidero che la nostra attenzione guardi a Colui che è seduto e al suo trono senza passare così in fretta al Re della parabola. 

Colui che siede è il Figlio dell’uomo e sta seduto sul suo trono: è lui, colui che dall’alto della Croce, serve e mentre ama si dona e tende la mano al piccolo fissando con gli occhi il cielo, il Padre e nello Spirito sussurra: Padre perdona loro.

Domenica di Cristo Re, domenica del Figlio dell’uomo, seduto sul trono della sua gloria.

Tutti radunati perché è giunto il tempo del giudizio: egli separerà il grano dalla zizzania, i pesci buoni dai pesci cattivi, come le vergini sagge sono state separate dalle vergine stolte che lo Sposo non conosce. 

Oggi, il Figlio dell’Uomo separerà gli uni dagli altri e, separerà in ciascun uomo, ciò che è buono da ciò che è cattivo, se è vero,  come annota sant’Ambrogio, che “il medesimo uomo è in parte salvato e in parte condannato”.

Quanto stupore e meraviglia esprimono le parole di coloro che, separati, saranno alla destra del Re: 

Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?

Quanto stupore e meraviglia esprimono le parole di coloro che, separati, saranno alla sinistra del Re: 

Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?

Ed ecco che quello stupore e quella meraviglia dei primi e dei secondi, oggi, sta dinanzi ai nostri occhi e che ci chiama a timore perché comprendiamo che il Re si identifica con i piccoli e i piccoli, i poveri per il Re  sono nostri fratelli. 

Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me, dirà alle pecore ed ancora tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me.

Ad uno solo, nessuna eccezione, in ogni piccolo è presente il Re della Parabola, ogni piccolo è nostro fratello per il Re della Parabola.

Oggi siamo chiamati a ripensare, in vista del giudizio universale, che sarà personalissimo, il nostro rapporto con i piccoli, con gli affamati e gli assettati, con gli stranieri e i nudi, con gli ammalati e i carcerati. 

Siamo chiamati a rivedere il nostro giudizio nei confronti del piccolo perché il Figlio dell’Uomo giudicherà il tipo di sguardo che abbiamo sul povero e sul bisognoso. 

Il Figlio dell’uomo giudica il nostro modo di giudicare l’altro per cui il carcerato è uno che ha ricevuto ciò che si merita, lo straniero è uno che disturba la nostra tranquillità, l’extracomunitario è uno che ruba il nostro lavoro, il malato è uno che ruba il nostro tempo, il povero è uno che potrebbe lavorare di più. 

Oggi Gesù, il Figlio dell’uomo, ci invita a guardare oltre la povertà, oltre il volto dello straniero, oltre la sofferenza dell’ammalato, del carcerato, del nudo e a vedere in essi il volto del Re, il volto del Figlio dell’uomo che siederà alto sulla croce a giudicare.

In questo tempo siamo soliti chiedere al Signore con forza e, per intercessione di tanti nostri santi, di liberarci dalla pandemia, dal coronavirus. Moltiplichiamo le nostre preghiere, allunghiamo le nostre messe… ma, a che serve essere liberati dal virus se poi perdiamo la vita eterna, se poi faremo parte di coloro che saranno alla sinistra del Figlio dell’uomo?

Oggi siamo chiamati a rivedere la nostra preghiera e a chiedere al Signore di abbattere e di vincere nell’umanità tutta e, in noi che amiamo dirci cristiani, tutto ciò che non ci permette di vedere e di servire il piccolo, tutto ciò che non ci permette di accogliere lo straniero, tutto ciò che non ci permette di rieducare il carcerato, tutto ciò che non ci permette di visitare i nostri ammalati. Abbattere il muro dell’indifferenza, dell’egoismo per riconoscere nei piccoli il Re, il nostro fratello, coloro che faranno grande la misericordia del Figlio dell’uomo, di Colui che siede sul trono, insieme ai piccoli per giudicare. 


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