Con la messa in Coena domini iniziamo la celebrazione della Pasqua, mistero della passione, morte e risurrezione di Gesù. E giungiamo a questa Eucaristia dopo il tempo della Quaresima e, forse, ci accorgiamo che le nostre penitenze, i nostri fioretti, le nostre rinunce magari ad un caffè o ad una sigaretta, la nostra stessa preghiera arricchita da qualche formula in più o da qualche pia pratica, quale la via Crucis, la nostra stessa confessione, non sono serviti a farci giungere a questa celebrazione con un cuore nuovo.
Ma Gesù sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo li amò sino alla fine. Siamo noi coloro che Gesù ama fino alla fine e ci ama non perché siamo stati capaci di migliorarci nel periodo della quaresima ma perché il suo amore per noi sia completo.
Tutti noi abbiamo sperimentato e sperimentiamo, come Giuda, la forza del diavolo che ha suggerito e suggerisce al nostro cuore sempre di tradire Gesù.
Iniziamo la celebrazione del mistero Pasquale con tanta miseria, con tanta sofferenza perché scopriamo che in noi è ancora presente il peccato, non siamo capaci di amare e di donarci agli altri.
Siamo tentati ad abbandonare la cena ma ecco Gesù che ancora una volta depone le vesti, prende un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Versa dell’acqua nel catino e comincia a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto.
Anche i discepoli sono giunti a quella cena, dopo aver camminato con Gesù, impreparati. Ma Gesù si china dinanzi a loro e lava i piedi così come uno schiavo romano può lavare i piedi ad un ebreo. Gesù, il maestro, lava i piedi e non attende che i suoi Apostoli comprendano il gesto, non attende che i suoi apostoli siano capaci di fare cose grandi. Pietro non comprende e non accetta che Gesù, il suo maestro lavi i suoi piedi. Giuda è pronto, dopo aver ascoltato Satana, a tradire Gesù.
E in questa celebrazione Gesù ha un desiderio ardente: lavare i nostri piedi, infangati e sporchi perché camminano sulla polvere. Quanta umiltà è richiesta a ciascuno di noi, come a Pietro, nel lasciare che il maestro, il nostro Dio, lavi i nostri piedi. Avremmo voluto arrivare a questa celebrazione pronti e magari già santi e così meritevoli della lavanda dei piedi. Ma Gesù si china dinanzi a noi mentre ancora siamo peccatori, mentre ancora siamo traditori. Non imitiamo Pietro ma lasciamo che Gesù lavi i nostri piedi perché solo il suo amore gratuito, fino alla fine, cambierà la nostra vita, ci renderà capaci di dire il nostro no a Satana.
Quando ebbe finito di lavare i piedi riprese le sue vesti sedette di nuovo e disse loro: capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il maestro e il signore e dite bene perché io sono. Se dunque io il maestro ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio infatti perché anche voi facciate come ho fatto a voi. Gesù lava i piedi perché nella comunità cristiana ognuno possa lavare i piedi del fratello. Solo lavando i piedi del fratello laveremo i piedi del maestro.
In questa celebrazione della messa in cena domini un gesto ricorda quello che ha fatto Gesù: il vescovo o il sacerdote o il diacono lava i piedi a 12 uomini. Fino a qualche anno fa i piedi venivano lavati ha 12 bambini o a 12 persone, tutti uomini) dabbene della comunità. Poi abbiamo compreso che in quei 12 dovevano essere rappresentati i poveri che la chiesa è chiamata a servire. Oggi forse siamo chiamati ad un ulteriore passo rendendo più vero quel gesto facendo quello che Gesù ci ha comandato: se dunque io, il Signore e il maestro ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri.. È tempo che in quel gesto possa ogni membro della comunità lavare i piedi degli altri.
Un gesto, un segno che deve tradursi in stile di vita.
Un segno, un gesto quello di Gesù che è diventato vero il giorno dopo sulla Croce.
Un segno, un gesto quello di ogni membro della comunità che lava i piedi all’altro che diventerà vero nel vivere quotidiano.