La fanciulla riconosce il suo amato amato dalla voce e dall’ascolto della voce comprende che lui viene balzando, saltellando di gioia, portando la gioia della vita.
Una voce. Il mio diletto, eccolo viene balzando.
Così leggiamo ed ascoltiamo dal libro del Cantico dei cantici. La fanciulla riconosce il suo amato amato dalla voce e dall’ascolto della voce comprende che lui viene balzando, saltellando di gioia, portando la gioia della vita. Sì, solo chi è pieno, ricco di vita danza, viene, dona con generosità.
Anche noi, oggi, siamo esortati ed invitati dall’evangelista Giovanni ad ascoltare la voce del Pastore bello, anzi il Pastore bello ha la certezza che noi possiamo ascoltare la sua voce, riconoscerla tra le mille voci che ci giungono alle nostre orecchie poiché egli ci conosce perché a noi è stata data la grazia di conoscerlo, di seguirlo. Siamo parte del suo gregge dal giorno in cui siamo stati immersi nelle acque del fonte battesimale ed abbiamo iniziato a nutrirci del suo pane e ad abbeverarci del suo sangue. In quel Bagno, in quelle Eucaristie quanta intimità: la fanciulla del Cantico ha amato il suo diletto e il suo diletto ha conosciuto la sua fanciulla.
Quale gioia giunge al nostro cuore: nessuno può strapparci via da quel talamo, nessuna pecora sarà più perduta. Il Pastore bello ci ama, ama le sue pecore, ama la sua Chiesa.
Siamo noi la moltitudine immensa, che Giovanni vede e ci indica con quel Ecco. Siamo la moltitudine che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stiamo in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide. Siamo noi con le nostre vesti splendenti perché avvolte dalla luce del Cristo risorto. Siamo noi che abbiamo continuamente lavato la nostra veste macchiata dal peccato, perché invidiosi del fratello che insieme a noi ascolta e riconosce la voce del Pastore bello. Siamo noi che abbiamo lavato la nostra veste bianca macchiata dal dirupo in cui siamo caduti perché non abbiamo ascoltato la voce del Pastore bello, ci siamo allontanati dal gregge. Siamo la moltitudine che sperimenta la tribolazione, il suo continuo combattere per ascoltare, riconoscere la voce del Pastore, lavare le vesti.
Ma siamo davvero nelle mani del Padre, siamo davvero nel Figlio donato e a lui donati siamo i discepoli pieni di Spirito Santo e di gioia
egli ci ha fatti e noi siamo suoi,
suo popolo e gregge del suo pascolo.
Perché buono è il Signore,
il suo amore è per sempre,
la sua fedeltà di generazione in generazione.
Nel Figlio e per il dono dello Spirito, noi gregge sperduto, fatti capaci di ascolto viviamo, per dono gratuito, e facciamo esperienza dell’amore unico del Padre e del Figlio. Un amore nuovo quello del Padre e del Figlio perché lo Spirito lo ha reso nuovo inserendo noi in questo amore, noi che adesso facciamo parte di quell’unico amore perché gregge del Pastore bello.
Nessuna tristezza, nessun peccato, nessuna tribolazione potrà sottrarci da quell’unico Amore perché
Colui che siede sul trono stenderà la sua tenda sopra di noi.
Non avremo più fame né avremo più sete,
non ci colpirà il sole né arsura alcuna,
perché l’Agnello, che sta in mezzo al trono,
sarà il nostro pastore
e ci guiderà alle fonti delle acque della vita.
E Dio asciugherà ogni lacrima dai nostri occhi».