Porgi l’altra guancia. VII domenica T.O. – Anno A (23 febbraio 2020)


Concludiamo oggi la lettura del capitolo V del discorso della montagna con una esortazione da parte di Gesù ai suoi discepoli: siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste.  Conclusione di un periodo dell’anno liturgico ed introito al tempo della quaresima: siate perfetti come è perfetto il padre vostro celeste. Esortazione che la liturgia pone alle nostre orecchie già con la prima lettura presa dal libro del Levitico dal capitolo 19, la sezione della santità: Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo. Così ascolta Mosè dalla voce di Dio.

Siate santi, siate perfetti. Cosa significa essere santi? Cosa significa essere perfetti? Potremmo pensare ad una santità che è assenza di peccato; potremmo pensare ad un essere perfetti come comportamento corretto, osservanza di ogni legge. Se intesa solo così… quanta frustrazione! Come posso pensare ad una perfezione? Come posso pensare ad una santità piena? Ci aiuta l’evangelista Luca a comprendere bene questa espressione. Al cap. 6,36 dopo aver proclamato le beatitudini, non dall’alto del monte ma da una pianura Gesù dice: Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso. Santità, perfezione stanno per misericordia. Un cuore che si fa piccolo perché possa accogliere i piccoli, un cuore grande perché possa comprendere tutti. E penso che Papa Francesco ha raccolto l’operato del Papa Buono che visita le carceri, di Paolo VI che abbraccia, dopo un millennio, il Patriarca di Costantinopoli, di Giovanni Paolo I che conversa con un bambino durante la sua udienza, di Giovanni Paolo II che perdona, di Benedetto XVI che lascia ogni veste. Quanta misericordia e adesso papa Francesco la annuncia, chiede a tutti di passare da una predicazione del terrore e dell’inferno e di ogni castigo, ad una predicazione della bontà di Dio. Non solo la annuncia ma la vive. Veramente puerile ridurre la Misericordia alla Misericordina.

E nel Vangelo di oggi Gesù prendere in esame altri due casi: il caso della legge del taglione e l’amore per i nemici.

Occhio per occhio, dente per dente. Una legge restrittiva più che permissiva. Infatti limitava la vendetta fissando un’esatta equivalenza per ogni offesa. Ma già prima di Gesù la sua applicazione era regolata da un risarcimento proporzionale al danno. E Gesù continua: ma io vi dico di non opporvi al maligno, dove per nemico dobbiamo pensare al nemico personale e non a Satana contro cui bisogna opporsi con tutte le forze.

Gesù fa quattro esempi concreti: lo schiaffo, il processo, l’angheria, il prestito.

Lo Schiaffo. Colpire sulla guancia destra è possibile solo se lo schiaffo è dato al rovescio. Non mi sporco nemmeno le mani. Non considero nemmeno la tua dignità di persona. E Gesù con il porgere l’altra guancia ci invita a riconoscere l’altro con tutta la sua dignità. Facciamo solo riferimento al porgere l’altra guancia ma penso che bisogna un po’ soffermarsi sullo schiaffo sulla guancia destra. Quanti schiaffi diamo sulla guancia destra all’uomo: è uno schiaffo ogni volta che non riconosciamo la dignità dell’altro. Porgere l’altra guancia: Gesù dinanzi a Pilato e dinanzi al soldato. Non è buonismo ma mettere l’altro nella condizione di ragionare ponendo al centro le proprie azioni. Gesù dinanzi a Pilato.

(Esodo 22, 24) A chi desidera togliere la tunica lascia anche la sottoveste. La legge di Mosè vietava di tenere il mantello del povero la sera perché non aveva come ripararsi dal freddo. E poi ecco ancora Gesù: sulla croce nudo. Si spoglia di ogni veste. Lascia ogni cosa, la pace al di sopra di tutto.

A chi ti chiede di fare un miglio fanne due. Chiaro riferimento alle persecuzioni, il miglio unità di misura romano. Subire angherie, essere costretto dal messo del re a fare qualcosa non dovuta. Nella passione la bellezza del Cirineo, costretto fa tutta la strada della Croce.

Ed infine a chi ti chiede, si comprende che è il nemico, non voltare le spalle. Nel dare si riceve, nel dare trovo la vita.

E quindi giungiamo al sesto caso: amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. Da precisare che nella legge di Mosè non troviamo l’odio per i nemici (Lev. 19,18). Forse è aggiunta interpretativa di uno scriba o possiamo intenderla come amerai il tuo prossimo e sei dispensato dall’amare il nemico.

Di certo in Gesù vi è amore e preghiera.  Amate e pregate.

Ed ecco il comandamento dell’amore che Giovanni 15, 12 chiarisce meglio: Amate come io ho amato voi

Ed io desidero aggiungere: Pregate come io ho pregato.

La nostra misura è Gesù, con Lui confrontiamo la nostra vita (riconciliazione). L’amore della Croce, la preghiera dell’orto del Getsemani.

Intanto la preghiera del Getsemani della solitudine e dell’abbandono. Abbandonato dagli amici, abbandonato dal Padre. Solo il silenzio, quello degli amici, quello assordante di Dio. Come passiamo troppo in fretta a quel “Si compia la tua volontà…”, dimenticando la prostrazione a terra, il sudore e le gocce di sangue.

Ed ancora sulla Croce l’abbandono degli amici, l’abbandono del Padre. Il salmo 21, come dovremmo leggerlo tutto il salmo per comprendere fino in fondo…

Sulla Croce Gesù ha amato. Davvero ha amato perché ha sofferto le doglie del parto. Dalla Croce acqua e sangue, dalla croce una nuova umanità. Sulla Croce davvero Gesù ha amato perché mentre moriva scusava il nemico. Sulla Croce Gesù ha pregato per i suoi nemici perché non solo li ha scusati ma con gli occhi prima rivolti a loro e poi al Padre li ha introdotti nel suo Regno di amore.


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