Il più grande sia servitore di tutti. [XXV T.O. – B (23/09/2018)]


Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà. A questo secondo annuncio della passione da parte di Gesù i discepoli non comprendono ed hanno timore di interrogare il maestro. Come infatti comprendere con la sola intelligenza umana un Dio che si fa vicino all’uomo, che desidera la sua compagnia in quel giardino della creazione e, pur di averla riapre quella porta che la morte aveva chiuso per sempre con la stessa morte sconfitta dalla risurrezione nella potenza dello Spirito. Come comprendere e come interrogare il maestro? I discepoli devono attendere l’alba di quel mattino per vedere il sepolcro aperto, la morte sconfitta, l’uomo passeggiare nel giardino: attendere per comprendere ed essere testimoni non solo della morte ma anche della risurrezione del maestro.
La chiesa, ogni comunità ed ogni cristiano oggi comprende per la sua fede quanto è avvenuto sul monte della passione: se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti. In quel monte, sul monte della passione, Dio, il creatore di tutto si fa ultimo, si fa piccolo, si fa servitore di tutti.
E Gesù chiama a se i dodici, coloro che pensano di seguirlo ma i loro discorsi sono altri. Si interrogano tra loro chi fosse più grande. La logica degli uomini, la sapienza degli uomini è stoltezza per Dio e la sapienza di Dio è stoltezza per gli uomini. Il più grande sia servitore di tutti.
Chi desidera camminare dietro il maestro deve convertirsi da una logica mondana che considera spesso gli altri possibilità per raggiungere ed aggiungere potere a potere ad una logica del servizio dove l’altro è colui che siede a tavola dinanzi al quale abbassarsi per lavare i piedi.
Gesù, oggi interpella la Chiesa, interpella ogni comunità cristiana ed ogni suo seguace e come ai suoi discepoli chiede: Di che cosa stavate discutendo per la strada? Non accada anche oggi alla Chiesa quanto è avvenuto ai discepoli di Gesù e cioè di continuare a discutere chi fosse più grande, di continuare a pensare con mentalità mondana e, ancor peggio, di non essere a servizio dell’uomo ma di farsi servire dall’uomo.
Il più grande sia il servitore di tutti. E lo stile del servizio è l’accoglienza, l’abbraccio al bambino. Il bambino, colui che la società al tempo di Gesù non considerava, privo di ogni diritto. Servire è accogliere abbracciando l’ultimo, il povero, coloro che ancora oggi non sono considerati da una società dalla logica mondana e, spesso anche da cristiani che continuano a stare seduti a tavola, solo perché stranieri e non in possesso di un documento, solo perché fuggono la fame, solo perché fuggono la miseria e la povertà, solo perché fuggono dalla guerra e dalla morte. Servire è accogliere ed abbracciare.
Gesù preso un bambino lo pose in mezzo a loro. Il bambino occupa il posto del maestro, il posto del risorto. Servire il bambino, accogliere il bambino, abbracciare il bambino è certezza che di servire il maestro, di accogliere il maestro, di abbracciare il maestro.
Il Signore Gesù doni oggi alla sua Chiesa, ad ogni comunità cristiana e ad ogni suo seguace l’inquietudine del cuore che sarà sanata solo dal bambino, dal povero che avremo il coraggio di porre al centro, si servire e di abracciare.


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