Venite benedetti dal Padre mio… [XXXIV T.O. – A]


“Venite, benedetti dal Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi”.
Concludiamo con la solennità di Gesù Cristo Re dell’universo l’anno liturgico, dono dello Spirito alla sua Chiesa con il quale abbiamo fatto memoria degli eventi salvifici. Giungiamo, oggi, alla meta e così, come quando si raggiunge un traguardo, siamo invitati non solo a rivedere il cammino fatto ma soprattutto a godere di Cristo, Re dell’universo che ci dona il Regno preparato per noi.
Sì, oggi, il Signore ci pone davanti tutta la nostra vita fatta di due tempi: il primo tempo, quello terreno, il tempo pro-pizio che stiamo vivendo e che rivisiteremo pensando all’anno liturgico che si conclude; il secondo tempo, quello del giudizio, quando Cristo giudice siederà sul trono e darà a ciascuno la giusta ricompensa.
Il primo tempo, quello terreno, oggi, lo rivisitiamo tutto volgendo il nostro pensiero al cammino fatto. Cantiamo il nostro grazie al Signore perché egli stesso, così come ci ha ricordato il profeta Ezechiele nella prima lettura, si è rive-lato come nostro Pastore, ha cercato noi, sue pecore, ed ha avuto cura di noi, ci ha radunati ed ha ricondotto all’ovile la pecora smarrita, ha fasciato quella ferita ed ha curato quella malata.
Lui, il Signore, si è fatto nostro compagno nel cammino.
Grazie Gesù: perché abbiamo avuto fame e tu ci hai dato da mangiare, abbiamo avuto sete e tu ci hai dato da bere, abbiamo sperimentato la solitudine e tu ci hai dato com-pagnia, ci siamo accorti di essere nudi e tu ci hai vestito, siamo stati ammalati e tu ci hai visitato, siamo stati in carcere e tu sei venuto a trovarci. Ma quando tutto questo è avvenuto? Alziamo il nostro sguardo al Crocifisso e com-prenderemo. Sì, è lui che ha sostenuto quel papà in cerca di lavoro, è lui che ha dato coraggio al giovane smarrito davanti alla vita, è lui che ha dato sollievo all’ammalato nella sofferenza, è lui che ha asciugato, e continua ad a-sciugare, le lacrime della mamma e del papà che hanno perduto il figlio, le lacrime del figlio che ha perduto il papà, è lui che ha sanato le ferite della donna violentata, è lui che ci ha liberati dalla schiavitù del peccato, è lui che ci ha parlato di amore, di perdono, di comprensione. È lui… Guardiamo il Crocifisso e ricordiamo a noi stessi, con sin-cerità, la sua presenza in noi, nella nostra vita, nei mo-menti di gioia e di tristezza. È il tratto della vita terrena.
E adesso puntiamo ancora lo sguardo nuovamente al Cro-cifisso e ascoltiamo la Parola che l’Apostolo Paolo rivolge ai Corinti: Fratelli, Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti. Poiché se a causa di un uomo venne la morte, a causa di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti; e come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo.
Sì, il nostro camminare nella vita è un andare verso la vita in Cristo, la vita eterna, passando per il giudizio, sicura-mente misericordioso, del Pastore-Re. Ecco, io giudicherò fra pecora e pecora, fra montoni e capri. È la conclusione della prima lettura, è la visione del Pastore che siede Re per giudicare, è l’apertura della pagina del Vangelo: Quan-do il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà per giudicherà ed allora separerà e porrà alcuni alla sua destra e altri alla sua sinistra. Lui, il Pasto-re che ci ha sempre riuniti in Assemblea santa, allora se-parerà, alcuni alla sua destra altri alla sua sinistra. O Spi-rito Santo donaci di non assistere mai ad una tale separa-zione, donaci di poter ascoltare le parole: Venite benedetti dal Padre mio perché… E noi, servi dell’unico Re che serve, incoraggiamoci tutti a vicenda in questo cammino tanto fa-ticoso: facciamoci vicendevolmente la carità di visitarci, di nutrirci, di dissetarci, di vestirci, di rispettarci. Usciamo da quella logica del mondo che ci costringe a stare chiusi in noi stessi, a pensare solo al nostro io, a nostro egoismo e alle nostre cose. Aiutiamoci in questo, sosteniamoci, fac-ciamoci coraggio… Poniamoci seriamente accanto ai nostri giovani, non abbandoniamo i nostri ammalati, diamo la vi-ta al bambino che chiede di nascere, accogliamo il forestie-ro. E, abbiamo il coraggio di inginocchiarci di fronte al Crocifisso e di chiedere a lui, nella preghiera, di essere nuovi.
E insieme come comunità eucaristica avviciniamo il pove-ro, il bisognoso, il sofferente, il forestiero, l’ammalato. È vero non conosciamo il tempo in cui saremo giudicati ma il Pastore ci ha detto su che cosa saremo giudicati. “Ogni vol-ta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fra-telli più piccoli, l’avete fatto a me”.
Nella celebrazione Eucaristica ci nutriremo del Corpo di Cristo e diventeremo noi stessi corpo di Cristo, carne vi-vente del Dio fatto uomo, ed allora imploriamo il Padre con l’aiuto dello Spirito e supplichiamolo di farci comprendere che trascurare l’amore concreto per i poveri, i forestieri, i prigionieri, coloro che sono nudi ed hanno fame, significa non vivere secondo la fede del regno ed escludersi dalla sua logica. Mancare all’amore è rinnegare Cristo Re dell’universo, perché i poveri sono i suoi fratelli e lo sono appunto perché poveri.
“Venite, benedetti dal Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi”.


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